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Il componente che ci aiuta a ricordare

Ben ritrovati cari lettori! L’autunno è arrivato e la nostra rubrica “L’informatica secondo HkStyle” desidera farvi rivivere i momenti più belli della vostra estate.

Speriamo sia stata una stagione indimenticabile, dunque come memorizzare i momenti più belli delle vostre vacanze? 

Il componente che approfondiremo oggi è il disco fisso: magnetico (hard disk drive, HDD)  e a stato solido basato su semiconduttore (solid state disk, SSD).
Il primo hard disk drive è stato ideato nel 1956 ed era costituito da cinquanta dischi magnetici dal diametro di 60 cm ciascuno.

Quest’ultimo era in grado di immagazzinare 5 mb dati, la sua grandezza equivaleva a quella di un frigorifero doppio e il suo peso era di oltre una tonnellata.

Si è poi sviluppato nel tempo, riducendo grandezza e consumo e aumentando capacità, durata e velocità.
Attualmente esistono due tipologie di HDD: quello da 3.5 pollici, utilizzato nei pc fissi o nei server, con una capacità minima di 500 gb e massima di 10 tb (10.000 gb, non ancora sul mercato).
La seconda tipologia di HDD è quella da 2.5’’, utilizzata principalmente nei notebook.

L’ultima evoluzione delle memorie di massa sono gli SSD: più piccoli, con consumi minimi e velocità molto più elevata. Si tratta di una memoria per computer fissi e portatili che ha grandezza unica, ossia quella dei portatili (2.5 pollici).
Tecnologicamente è costruita come una memoria flash (memoria contenente chipset in silicio).

L’SSD al suo interno, oltre alla memoria flash, racchiude un microprocessore che si occupa di coordinare le operazioni interne alla SSD, un firmware (sistema operativo della memoria), una memoria cache che si occupa dell’immagazzinaggio temporaneo delle informazioni e di un supercondensatore che, in caso di mancata e improvvisa tensione, si occupa di terminare il lavoro. I chipset di questa memoria sono paragonabili a un singolo chipset che compone una classica “memorietta” del cellulare (SD e microSD).

Il disco fisso comunica con la scheda madre tramite varie tipologie di connessioni che nel tempo hanno subito una grande evoluzione. Inizialmente si trattava di connettori IDE (ideati da Western Digital nel 1986) e raggiungeva una velocità dati massima di 133 mb/s.
Si è poi arrivati ai SATA: più piccoli e meno ingombranti, ideati nel 2003 con velocità massima di 6 gb/s.  Tutti i dischi fissi funzionano con tre alimentazioni: 3.3 V, 5 V e 12 V.  Nei primi dischi fissi con connessione IDE il connettore prendeva il nome di Molex, mentre oggi nei dischi fissi con connessione SATA si chiama Slimline.
Le specifiche SATA e le alimentazioni Slimline prevedono la possibilità del HotPlug, ovvero la rimozione a caldo, con macchina funzionante e alimentazione inserita; prima invece con i dischi fissi a connessione IDE e il connettore Molex non era assolutamente possibile.

Gli specialisti HkStyle consigliano a voi lettori l’utilizzo dei dischi fissi SSD esclusivamente per il sistema operativo e tutti i programmi di produzione, per la sua velocità e reattività. 
L’ HDD classico è invece da utilizzare come archivio dei dati (documenti, foto, pdf ecc.).
Ecco quindi dove salvare le foto della vostra estate!

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