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Eccidio di Coo (Grecia)

L’eccidio di Coo, o eccidio di Kos, fu un crimine di guerra perpetrato dall’esercito tedesco ai danni del Regio Esercito italiano. Terminata la battaglia di Coo, svoltasi nell’omonima isola greca nell’ambito della campagna del Dodecaneso, circa un centinaio di ufficiali italiani, tra cui il comandante Felice Leggio, vennero fucilati in rappresaglia alla resistenza offerta durante gli scontri. A seguito dell’armistizio di Cassibile dell’8 settembre 1943 che sanciva la cessazione delle ostilità tra l’Italia e gli anglo-americani, poco meno di 2.000 soldati inglesi sbarcarono sull’isola per aiutare i circa 4.000 soldati italiani a difendere il territorio da una possibile invasione tedesca.
Il 3 ottobre la 22ª divisione aviotrasportata tedesca, guidata dal generale Friedrich-Wilhelm Müller, mise in pratica l’operazione Eisbär (orso polare) sbarcando in tre punti diversi dell’isola, sia dal mare che dall’aria. Durante la battaglia tra i due fronti mancò coordinamento tra italiani e inglesi, la RAF non riuscì a fornire copertura aerea e la rara presenza dell’artiglieria antiaerea permise alla Luftwaffe di agire incontrastata. Dopo una serie di combattimenti che tra il 3 e il 4 avevano scompaginato le forze italiane e quelle britanniche, il giorno 4 ottobre le truppe italiane dichiararono la resa, la 22ª batteria capitanata da Camillo Nasca sventolando la bandiera tedesca. In totale in questa battaglia furono catturati vivi 1.388 inglesi e 3.145 italiani, ed il giorno successivo, il 5 ottobre, 103 ufficiali del 10º Reggimento fanteria “Regina”, sotto il comando del colonnello Felice Leggio, furono sottoposti ad un veloce processo sommario e successivamente fucilati dai militari della Wehrmacht. Dei 148 ufficiali italiani 7 passarono con i tedeschi, 28 riuscirono a fuggire in Turchia, 10 ricoverati in ospedale furono poi trasferiti in Germania, 103 furono fucilati. I corpi di 66 ufficiali, dei quali 42 riconosciuti, vennero ritrovati in 8 fosse comuni. Gli altri 37 corpi, da allora, non sono mai stati cercati.
Secondo un’altra fonte invece gli ufficiali fucilati sarebbero stati 96.
Recupero dei corpi e conseguenze
Solo anni dopo, nel febbraio 1945, il tenente Aiello riuscì a rintracciare i corpi sepolti in alcune fosse comuni: 66 corpi furono ritrovati in otto fosse a Ciflicà, nei pressi di Linopoti, ma solo 62 furono identificati. Le salme recuperate furono traslate dapprima nel cimitero cattolico della città e, quindi, nel Sacrario Militare Caduti d’Oltre Mare a Bari nel 1954. Gli altri corpi non sono mai stati recuperati, sebbene sia nota la zona ove essi ancora giacciono.
Fu solamente allora che il generale Müller fu accusato di crimini di guerra dal tribunale greco, che decise per la sua vita nel maggio del 1947. Nel 1958 l’allora presidente della repubblica Giovanni Gronchi ufficializzò la croce al merito di guerra.
Una lapide monumentale nel cimitero cattolico, fu eretta a ricordo dell’episodio nel 1992 per volontà e con il contributo dell’associazione dei reduci dell’Egeo e del comune di Coo. La lapide riporta in ordine alfabetico i nomi dei 103 ufficiali italiani fucilati. Nelle adiacenze del campo delle fosse, in prossimità della strada, alcuni volontari erano intenzionati ad edificare un piccolo sacello costituito da otto massi, quante erano le fosse ritrovate, una croce con 103 tondini di ferro grezzo ed un rullo su cui erano incisi i nomi degli ufficiali. Nonostante le autorizzazioni amministrative, il proprietario del terreno non ha voluto cedere 4 m² del suo campo incolto, anche dietro un adeguato corrispettivo.

L’avvenimento è stato citato dal giornalista Franco Giustolisi nel suo libro L’armadio della vergogna. Più diffusamente la storia è stata descritta nei libri Kos, una tragedia dimenticata di Pietro Giovanni Liuzzi, “Kos-Egeo, Ottobre 1943: L’eccidio degli ufficiali italiani” di Konstantinos Kogiopoulos e nel volume “Kos 1943-1948. La strage, la storia” di Isabella Insolvibile.

Fonte:Wikipedia
Archivio_K._Kogiopoulos

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