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DIMCHO DEBELJANOV (1887-1916)

Fra i rappresentanti della poesia simbolista bulgara è Dimcho Debeljanov (1887-1916), poeta di intonazione malinconica e di sensibilità tutta particolare, al quale sono bastati i ventinove anni assegnatigli dall’avaro destino per raggiungere le vette della perfezione e dar vita a un’opera poetica esigua per mole ma grande per il suo valore.
Nato da una ricca famiglia di sarti a Koprivshtitsa, Bulgaria, Debelyanov ha vissuto difficoltà finanziarie alla morte di suo padre nel 1896, che ha reso necessario il trasferimento della sua famiglia a Plovdiv, e poi a Sofia nel 1904. La nostalgia di Debelyanov per Koprivshtitsa ha influenzato il suo lavoro, parlando spesso dei suoi otto anni a Plovdiv con rammarico e chiamandola “la città dolorosa”.
Debelyanov ha studiato giurisprudenza, storia e letteratura presso le facoltà di giurisprudenza e storia e filosofia dell’Università di Sofia e ha tradotto opere sia in francese che in inglese. Nel 1906, Debelyanov iniziò a inviare poesie alle riviste letterarie bulgare su sollecitazione dell’amico e collega poeta Pencho Slaveikov, che furono accettati e ben accolti. Le sue poesie a quel tempo erano satiriche, con qualità e soggetti simbolisti , come i sogni, l’idealismo e la stilizzazione delle leggende medievali. Debelyanov ha svolto diversi lavori occasionali durante i sei anni successivi, trovando impiego come impiegato junior per la stazione meteorologica centrale, traduttore e giornalista freelance, prima di essere mobilitato nel 1912 nell’esercito balcanico durante le guerre balcaniche , dove fu congedato nel 1914. Sebbene si considerasse un pacifista, Debelyanov si sarebbe poi offerto volontario per arruolarsi nell’esercito nel 1916. La poesia di Debelyanov si è evoluta durante il combattimento, passando dal simbolismo idealista a un realismo semplificato e più focalizzato sugli oggetti. Fu ucciso vicino a Gorno Karadjovo (oggi Monokklisia, Grecia) durante una battaglia con una divisione irlandese nel 1916, all’età di 29 anni. Il suo corpo fu sepolto a Valovishta, oggi Sidirokastro, in Grecia fino al 1931, quando i suoi resti furono trasferiti nella sua città natale, Koprivshtitsa. La lapide di Debelyanov è stata progettata dallo scultore Ivan Lazarov . Il suo lavoro è stato raccolto da amici, poi pubblicato postumo in un’antologia in due volumi nel 1920, intitolata Stihotvoreniya (Poesie) con una raccolta di lettere e scritti personali. Nonostante la sua breve carriera, le poesie pubblicate di Debelyanov rimangono popolari nella Bulgaria del dopoguerra.

Nell’ultima sua poesia, abbandonati sogni e chimere, guarda realisticamente in faccia al suo passato e al suo destino:


IL CANTO DELL’ORFANO
Se morrò in guerra
nessuno mi rimpiangerà:
ho perduto la madre,
e sposa non ò trovato,
né amici io ho.
Ma non è triste il mio cuore
disse l’orfano nelle angosce
è forse per conforto
nel trionfo troverà la morte.
La mia strada infelice la conosco
le ricchezze mie sono dentro
sono ricco di tormenti
e di gioie non divise.
Dal mondo me ne andrò,
sì come venuto son,
senza scalpore,
come canto
che tacito desta
inutil ricordo.

FAR RITORNO
Oh, far ritorno alla paterna casa
quando la sera tacita si spegne
e la tranquilla notte il grembo offre
a lenire infelici e sofferenti,
e, gettata come fardello la nera fatica
che i giorni tristi hanno a te assegnato,
destare al tuo entrar
con incerto passo nel cortile
la gioia tacita per l’ospite aspettato!
E incontrar sulla soglia la vecchia madre
e poggiata la fronte sull’esile spalla,
annullarsi nel dolce suo sorriso
e a lungo ripetere: mamma, mamma…
Entrare poi sommesso nella stanza a te nota,
ultimo tuo porto e rifugio,
e, volto il guardo stanco alla vecchia icona,
sommessi accenti bisbigliar nel silenzio:
qui son venuto ad attendere il sereno tramonto,
ché la mia stella ha il suo cammin percorso…
Oh, furtivo pianto dello stanco pellegrino,
che invan la madre e la terra sua ricorda!
Amo guardar, tra gli oscuri rami
degli alberi dolcemente sotto me inclinati,
come silenti si stendon l’ombre della notte
pei cieli nella arsura immersi…
E trepido, intento al nascosto brulicar
delle prime tacite stelle,
l’oracolo attender del supremo arcano che
l’anima mia ha nell’oscurità ricinto.
E a lungo, della notte nel grembo,
lacrime sparger sulle bellezze
del cammin lasciate,
lacrime sulle mie preci inascoltate
e sui sogni anzitempo estinti.

Un grazie a Darina Naumova per averci fatto conoscere questo
straordinario poeta bulgaro.

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