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MASSACRO DEL CIRCEO – 2^ Parte

Processo
Le indagini furono affidate ai Carabinieri, comandati dal Maresciallo Gesualdo Simonetti, che anche grazie alle deposizioni della Colasanti ricostruirono la dinamica del massacro.

Donatella Colasanti, costituitasi poi parte civile contro i suoi carnefici, venne rappresentata dall’avvocato Tina Lagostena Bassi.

Diverse associazioni femministe si costituirono parte civile e presenziarono al processo. Il 29 luglio 1976 arrivò la sentenza in primo grado, che irrogò l’ergastolo (senza alcuna attenuante) a Gianni Guido, Angelo Izzo e in contumacia ad Andrea Ghira.


Come venne poi appurato, Ghira riuscì a fuggire in Spagna e adottò il falso nome di Massimo Testa de Andres, si arruolò nel Tercio (legione straniera spagnola), da cui venne poi espulso per abuso di stupefacenti nel 1994.

Stabilitosi a vivere a Melilla, qui morì di overdose nel 1994 e venne sepolto nel locale cimitero.

La vera identità della sepoltura a nome Massimo Testa de Andres venne intuita solo nel 2005, quando nel dicembre di quell’anno il cadavere fu quindi riesumato e identificato mediante esame del DNA come appartenente ad Andrea Ghira.


Alcuni familiari delle vittime e la stessa Colasanti tuttavia non riconobbero le conclusioni della perizia, sostenendo che le ossa esaminate appartenessero a quelle di un parente di Ghira.

Tale ipotesi trova tuttavia come unico (non certo) riscontro una foto scattata dai carabinieri a Roma nel 1995, che ritrae un uomo fisicamente affine a Ghira camminare in una zona periferica della città.

Nel corso degli anni, presunti suoi avvistamenti sono stati segnalati in Brasile, Kenya, Sudafrica e nel popolare quartiere romano di Tor Pignattara. Nella loro cella nel carcere di Latina, Izzo e Guido avevano appeso un grosso striscione formato stadio, ove campeggiava la scritta “Corso Trieste 1972 – La Vecchia Guardia”.

Nel gennaio 1977 presero in ostaggio una guardia carceraria e tentarono di evadere dal carcere, senza successo. La sentenza viene modificata in appello il 28 ottobre 1980 per Gianni Guido e la condanna gli viene ridotta a trenta anni, dopo la dichiarazione di pentimento e l’accettazione da parte della famiglia della ragazza uccisa di un risarcimento.

Gianni Guido riuscì in seguito ad evadere dal carcere di San Gimignano nel gennaio del 1981 e fuggì a Buenos Aires, dove però venne riconosciuto ed arrestato, poco più di due anni dopo.

In attesa dell’estradizione, nell’aprile del 1985 riuscì ancora a fuggire, ma nel giugno del 1994, fu di nuovo catturato a Panama, dove si era rifatto una vita come commerciante di autovetture, ed estradato in Italia.

Eventi successivi
• Nel novembre del 2004, nonostante la condanna pendente, i giudici del tribunale di sorveglianza di Palermo decisero di concedere a Izzo la semilibertà. Il criminale cominciò a beneficiarne a partire dal 27 dicembre. Una volta in libertà, il 28 aprile 2005, rapì e uccise con un complice due donne, Maria Carmela Linciano (49 anni) e Valentina Maiorano (14 anni), rispettivamente moglie e figlia di Giovanni Maiorano, un pentito della Sacra Corona Unita che Izzo conobbe in carcere a Campobasso.

Le vittime vennero legate e soffocate (è stato accertato, dopo vari esami autoptici, che la ragazza non subì violenza sessuale) e infine sepolte nel cortile di una villetta a Mirabello Sannitico (CB), nella disponibilità della famiglia di Guido Palladino, segretario della associazione “Città futura”.

Questo nuovo fatto di sangue scatenò in Italia roventi polemiche.


Il 12 gennaio 2007 Izzo è stato condannato all’ergastolo per duplice omicidio premeditato, condanna confermata anche in appello.


• Donatella Colasanti è morta all’età di 47 anni, il 30 dicembre 2005 a Roma per un tumore al seno, ancora duramente sconvolta per la violenza subita trenta anni prima. Avrebbe voluto assistere al nuovo processo contro Izzo. Le sue ultime parole furono “Battiamoci per la verità”.


• L’11 aprile 2008, dopo 14 anni di carcere, Gianni Guido è stato affidato ai servizi sociali: il 25 agosto 2009, fruendo di uno sconto di pena grazie all’indulto, la sua detenzione si è conclusa. Letizia Lopez, sorella di Rosaria, reagì negativamente a tale circostanza, lamentando in particolare i lunghi periodi di latitanza all’estero di Guido, l’assenza di segni di pentimento da parte sua e non giudicando sufficientemente rigoroso il suo regime di detenzione.

Nella foto: Rosaria Lopez (uccisa), Giovanni Guido (arrestato), Angelo Izzo (arrestato).In basso da Sn: Maurizio Maggio, Gianluca Sonnino e Giampiero Parboni Arquati. Questi ultimi tre sono stati fermati e gli investigatori stanno esaminando la loro posizione. ANSA


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Fonte:Wikipedia

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