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Lo gnomo con il cappuccio giallo

Nel profondo del bosco secolare viveva un piccolo gnomo che portava sempre un cappuccio giallo. Aveva una casetta di legno pitturata di giallo, recinta da una siepe anche lei pitturata di giallo. Nel giardinetto crescevano alberi da frutta e fiori grandi come la stessa casa.
Ogni mattina presto, lo gnomo si alzava, si lavava nel ruscello che scorreva vicino, sul prato faceva colazione e si incamminava su un sentiero stretto, saliva verso una rupe coperta di muschio e di licheni. Sulla facciata di questa rupe si apriva una grotta. Lo gnomo assieme con gli altri entrò nella grotta. L’aria si faceva fredda e stagnante, il corridoio portava verso il cuore della montagna. Una volta giunti gli gnomi si trovarono in una sala dalla quale si ramificavano come raggi di sole, corridoi in ogni direzione. Ognuno prendeva la propria via armato con piccone e una grande cesta.
Il buio lasciava posto ad una luce ammagliante, colorata che sgorgava dalle pareti. Infatti, le pareti erano coperte di pietre preziose di tutti tipi e colori, diamanti e rubini rosso sangue, zaffiri gialli come sole, luminosi smeraldi e giade verdi, turchesi azzurri come il cielo. Gli gnomi riempivano i loro cesti e poi tornavano indietro, taciturni, silenziosi e imbronciati. E avevano motivo di esserlo. Appena uscivano dalla grotta, alla luce del sole li loro prezioso carico si trasformava in fiori, i fiori appassivano in fretta e non gli rimaneva nulla. Potete dire, perché allora lavoravano invano pur sapendo cosa accadeva alla fine?
La risposta è che è nella loro natura hanno una brama incontrollabile per le pietre preziose, di tentare, di provare ogni volta che almeno qualcosa rimanesse indistrutto.
Un giorno lo gnomo si inoltrò come al solito e cominciò a picchiare forte il muro del corridoio. Ad un tratto vide qualcosa di inimmaginabile, una grande pietra a forma di rosa, si potevano osservare chiaramente i petali come fatti da uno scultore. Era chiaro che non poteva essersi formata in modo naturale. Ma com’è possibile, nessuno sapeva dell’esistenza di questa grotta a parte il popolo degli gnomi; e tutte le pietre fino adesso erano grezze, nessun essere vivente le aveva viste nè toccate. Strano-pensava lo gnomo, devo avvisare gli altri.
Proprio in quel momento sentì un fruscìo di vento e udì una vocina sottile, sottile come il cigolio di un uccello. Si girò, guardò intorno e vide davanti a sè una piccola fatina con lunghi capelli verdi e occhi brillanti come pietre preziose.

  • Chi sei tu? – domandò lo gnomo, più meravigliato che spaventato.
  • Sono una delle prigioniere del gigante a cui appartiene questa montagna e voi lo avete svegliato, tu stavi per rubare il suo cuore, la sua rosa che lui ama più della vita.
  • Scusami, non lo sapevo- proferì con un filo di voce.
  • Questa rosa custodiva i suoi tesori, trasformava in polvere di fiori ogni cosa portata fuori dalla grotta e poi le pietre tornavano indietro come se nulla fosse successo.

In quel momento, mentre lei parlava, la grotta incarnava il tetto e cresceva a dismisura, poi si capovolse e lo gnomo si trovò in una specie di cilindro che ruotava sempre più velocemente, i colori si confondevano in strisce luminose e sembrava che tutto stesse per scoppiare. All’improvviso, così come aveva cominciato, tutto si fermò. In un primo momento il piccolo ometto pensava di aver sognato, non riusciva a capire dove si trovava, non c’era la grotta, gli amici, la fatina… c’era solo un enorme prato verde esteso fino all’orizzonte. Si alzò con gambe tremanti e si girò, guardandosi intorno. Niente e nessuno. Era triste, aveva voglia di piangere, non sapeva cosa fare e dove andare. Pensò un attimo e siccome non aveva scelta si incamminò.
Il tempo era tiepido, mite, soffiava un lieve venticello e l’erba era morbida come le onde del mare. Ma non c’era nient’altro, non si sentiva il canto degli uccelli, nessun animale, albero, fiore, solo una sterminata distesa d’erba.
Non sapeva quanto tempo aveva camminato, sembrava che il sole non si muovesse e lui non aveva l’orologio. Ad un certo punto crollò dalla stanchezza e si addormentò profondamente.
Allora fece un strano sogno.

e disperata. Senza parole, telepaticamente gli consigliò di trovare l’ingresso della grotta nascosta tra l’erba. Si svegliò di soprassalto e si guardò intorno. Che strano, non era cambiato proprio nulla, lo stesso sole, la stessa erba estesa fino all’orizzonte. Come si fa ha trovare un tunnel, grotta o qualsiasi cosa che li assomigliasse? Impossibile. Allora si sforzò di pensare: se non esiste niente, lo devo creare prima con la fantasia. Immaginò l’ingresso di una grotta nascosta tra la più fitte e intricate d’erba. Si inginocchiò, cominciò a cercare con le mani, strisciando sulle ginocchia. Passavano ore, intanto aveva perso la percezione del tempo. In un certo momento inciampò in un sasso nascosto tra le erbacce. Lo spostò con fatica e… proprio quando quasi aveva perso la speranza vide l’ingresso. Era stretto, angusto, doveva mettersi con la pancia in giù, come un serpente, aveva anche paura, ma poi si ricordò che in quello strano posto non c’erano animali e continuò. Più si inoltrava, più lo spazio diventava ampio, si alzò in piedi e proseguì. Non sapeva dove lo avesse portato quel cammino ma aveva un presentimento che gli ispirava coraggio di andare avanti. Dopo non si sa quanto si trovò in un’enorme sala, tutta illuminata da una luce ammagliante, accecante. Non riusciva a vedere niente. Solo quando i suoi occhi si fossero abituati, vide davanti a sè un gigante di pietra con la spada e lo scudo. Sembrava vivo e infatti, lo era! La sua voce tuonava e dai suoi occhi uscivano scintille, era arrabbiatissimo.

  • Come hai usato rubare la mia rosa??? E chi ti ha aiutato ad uscire dalla mia verde prigione?
    Lo gnomo non poteva aprire bocca, sembrava incollata dalla paura. E cominciò a disegnare con il pensiero farfalle, tanto piccole e colorate farfalle che si addensavano e si trasformavano in nuvole, le nuvole in nebbia, una nebbia variopinta che come enorme gomma cancellò il gigante, con un frastuono la spada e lo scudo caddero a terra. La grotta si riempì di fate, le loro ali tremavano e ogni battito creava polvere colorata dalla quale nascevano pietre preziose, rubini, smeraldi, giade, turchesi.
    Da allora gli gnomi potevano portare fuori tutto quello che riuscivano a ricavare dalla grotta e il loro paesello si trasformò in una fiaba, le case brillavano al sole come gioielli.
    Darina Naumova

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