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L’AVVENTURA AL FIUME

Una mattina, presto lo gnomo con cappuccio giallo si svegliò con l’intenzione di fare qualcosa di divertente e diverso. Era domenica, il cielo brillava sereno e fresco, appena pulito dalla pioggia notturna e sul fogliame nel giardino, delle gocce di rugiada si specchiavano nel sole, creando arcobaleni scintillanti. Il bosco intorno echeggiava dei canti allegri degli uccelli.
Lo gnomo era di buon umore e decise di fare una passeggiata mattutina verso il fiume. Il sentiero serpeggiava tra alberi, cespugli e fiori, scendeva verso la riva, sprofondata nell’abbraccio ombroso di salici piangenti. C’era una scalinata di grossi sassi, seminascosti tra erbe e felci. Il piccolo ometto scese con cautela, appoggiandosi sui tronchi degli alberi per non scivolare e cadere.
Finalmente la meta era stata raggiunta.
“Che bello!”- pensava ed assaporava con gli occhi il lento scorrere del fiume. Un silenzio totale, si sentiva solo il ronzio degli moscerini.
Lo gnomo si sdraiò sull’erba e quasi quasi si assopì quando ad un tratto gli giunse alle orecchie un insolito rumore. Si alzò subito e fissò il fiume. Vicino all’altra riva scorse qualcosa che assomigliava ad un tronco e che, era sicurissimo, non aveva mai visto prima.
“Cosa possa essere?”- pensò continuando a fissare la riva.
Intanto riuscì a distinguere i rumori, era il gracidare di una rana. Proveniva da quella specie di “tronco”. Si tuffò nell’acqua incuriosito, era un bravo nuotatore. Appena si avvicinò gli si gelò il sangue nelle vene: non era un tronco ma si trattava di una rana grande come un grosso cane che la guardava con i suoi occhi rotondi. Raccolse tutto il suo coraggio e si avvicinò salutandola cortesemente:
– Buon giorno. Nessuna risposta.
“Sarà sorda…” -pensò.
Quando fu ancora più vicino vide che non era una vera rana, era un grosso scoglio a forma di rana e la sua bocca rappresentava una specie di porta. Da questa porta uscivano i rumori che avevano attirato la sua attenzione. A questo punto le sue possibilità erano due: girarsi e tornare indietro o entrare e vedere cosa stava accadendo. Non era semplice prendere la decisione giusta. “Se adesso torno per il resto della mia vita proverò il rimorso di non essere andato fino in fondo a questa insolita storia.” – così diceva a sè stesso tentando di convincersi ad andare avanti. E ci riuscì. Aggrappandosi sullo scoglio salì fino alla porta. All’interno c’era una scala, almeno cosi sembrava a prima vista… invece era fatta da corpi di rane, scivolosa e fredda, scendeva gradino per gradino tra il gracido assordante delle rane senza poter tappare le orecchie perchè doveva tenersi fermo con le due braccia per non cadere. Più scendeva, più aumentava il baccano e la cosa peggiore era che il gradino sopra la sua testa spariva.
“Non potrò tornare indietro, allora mi conviene continuare, non ho altra scelta” -pensava.
Ma che strano, non finiva questa scala stregata ed erano passate ore.
Ad un certo punto, non aveva capito neanche lui come, ma si accorse che anziché scendere, saliva e questo lo rallegrò. Più diminuiva il gracido delle rane più si sentiva il rumore delle onde del fiume. Alla fine era alla superficie. Si guardò intorno, il sole era esattamente nella stessa posizione da quando era entrato nel fiume, le ombre dei salici abbracciavano la riva e disegnavano strani arabeschi sull’acqua. Ma dove era andato a finire lo scoglio? Si vedeva solo il fiume e lui steso sull’acqua come su un lenzuolo morbido e fresco. Inaspettatamente dall’acqua cominciarono ad uscire enormi bollicine piene, si alzavano danzando nell’aria, si univano e poi scendevano sul suo viso accarezzandolo con piccole manine diafane. Lo infastidivano, si girava a destra ed a sinistra per evitarle ma niente da fare. Più tentava di cacciarle, più loro aumentavano diventando una coltre fitta, che offuscò il sole. Alla fine l’intero fiume si alzò e un’onda enorme minacciava di farlo affondare. Gridò disperatamente: – “Aiuto, aiutooo”!
E così si svegliò. Pioveva e le gocce pesanti avevano inzuppato il suo mantello, dal cappuccio giallo scendevano sul suo viso, offuscandogli la vista. “Che strano”-pensò. “Allora tutto questo è stato solo un sogno eppure sembrava così reale.” Si alzò e cominciò a salire sugli scalini scivolosi. Solo che, prima di perdere di vista il fiume ed inoltrarsi nel bosco, con la coda dell’occhio scorse un oggetto strano, assomigliante ad un tronco sulla riva e gli sembrò di sentire un insolito rumore, assomigliante al gracido di una rana. Però era stanco e non aveva né voglia né coraggio di tornare indietro.
Darina Naumova

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