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LA STRAGE DI PIAZZA FONTANA (2^PARTE)

La vicenda del taxi
e del presunto riconoscimento
Il 16 dicembre viene arrestato anche un altro anarchico, Pietro Valpreda, indicato dal tassista Cornelio Rolandi come l’uomo che era sceso quel pomeriggio dal suo taxi in piazza Fontana, recante con sé una grossa valigia. Rolandi ottenne anche la taglia di cinquanta milioni di lire disposta per chi avesse fornito informazioni utili. Valpreda fu interrogato dal sostituto procuratore Vittorio Occorsio che gli contestò l’omicidio di quattordici persone e il ferimento di altre ottanta.
Il giorno dopo il Corriere della sera titolò che il “mostro” era stato catturato, e il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat indirizzò un assai discusso messaggio di congratulazioni al questore di Milano Guida avvalorando implicitamente la pista da lui seguita.
Le dichiarazioni del tassista determinano, però, uno scenario della vicenda assai poco plausibile. Il tassista dichiara che Valpreda avrebbe preso il taxi in piazza Cesare Beccaria, la quale dista 130 metri a piedi da piazza Fontana. Viene addotta per questa ragione la motivazione che Valpreda fosse claudicante. Il taxi, però non si fermerà a piazza Fontana, ma proseguirà sino alla fine di via Santa Tecla. In questo modo Valpreda dovrà percorrere 110 metri a piedi, al posto dei 130 metri originari. Il taxi gli avrà fatto risparmiare 20 metri, ponendolo però di fronte al rischio di farsi riconoscere. Inoltre Valpreda avrebbe chiesto al tassista di attenderlo e in questo modo, avrebbe dovuto ripercorrere all’inverso i 110 metri (anche se questa volta non avrebbe portato più con sé la pesante valigia).
Indagini successive vedranno prendere corpo l’ipotesi di un sosia, che prenderà il taxi al posto di Valpreda. Viene quindi avanzata dalla pubblicistica un’ipotesi, secondo la quale il sosia sarebbe stato tale Antonino Sottosanti, un ex legionario catanese, infiltrato nei circoli anarchici nei quali era conosciuto – per via dei suoi trascorsi – come “Nino il fascista”.
Le dichiarazioni della stampa
e dei partiti
Il quotidiano del Partito Socialista Italiano Avanti! decide di condannare Valpreda immediatamente e scriverà in quei giorni di lui:
« Non aveva alcuna ideologia, non leggeva, ce l’aveva con tutto e con tutti, odiava i partiti politici come tali ed era strettamente legato ad un movimento, quello denominato 22 Marzo di ispirazione nazista e fascista (..) qualunquista, violento, detestava le istituzioni democratiche »
Lo stesso PCI era convinto che l’attentato fosse stato opera degli anarchici. Bettino Craxi ricorderà nel 1993 che il principale teste d’accusa contro Valpreda, il tassista Rolandi, era iscritto al partito Comunista e questo avvalorò la sua deposizione tra molti esponenti del Pci. Sul punto, in realtà, c’è scarsa chiarezza. In data 19 dicembre 1969, Sergio Camillo Segre ad una riunione del Pci, presente Berlinguer riferisce che Guido Calvi – allora avvocato d’ufficio di Valpreda ed iscritto allo Psiup, oggi senatore PD – aveva svolto una sua indagine tra gli anarchici; Segre riporta quanto dettogli da Calvi:
« L’impressione è che Valpreda può averlo fatto benissimo. Gli amici hanno detto: dal nostro gruppo sono stati fatti attentati precedenti. Ci sono contatti internazionali. Valpreda ha fatto viaggi in Francia, Inghilterra, Germania occidentale. Altri hanno fatto viaggi in Grecia. Alle spalle cosa c’è? L’esplosivo costa 800 mila lire e c’è uno che fornisce i quattrini. I nomi vengono fatti circolare. »
Eppure agli atti processuali risulta che Guido Calvi – chiamato a svolgere funzioni di avvocato d’ufficio di Valpreda a Roma nel confronto tra Valpreda ed il tassista Rolandi richiese se Rolandi avesse mai visto prima un’immagine dell’imputato, ed ebbe la risposta che una sua fotografia gli era stata mostrata alla questura di Milano nel corso della sua deposizione del giorno prima. La prassi prevede che nei casi di pluralità di persone possibili, attori del fatto indagato, eventuali testimoni, sfoglino le foto segnaletiche a disposizione delle forze dell’ordine; il codice di procedura penale attuale, (anno 2007), però, prevede che quando il sospetto assuma la veste di indagato – e Valpreda già lo era – egli abbia il diritto di presenziare alla maturazione delle prove a suo carico, mediante il contraddittorio (cioè un confronto con l’accusatore), mentre procedere ad influenzare il testimone con una disamina “mirata” vìola il principio del contraddittorio. Nel caso specifico l’eccezione difensiva era tuttavia infondata, poiché foto di Valpreda erano comparse sin dai primissimi giorni su tutti i quotidiani, e dunque appariva ininfluente che Rolandi le avesse viste anche nel corso dell’interrogatorio. La circostanza dell’accoglimento della tesi dell’avvocato Calvi fu dunque interpretata come manifestazione di un atteggiamento innocentista verso Valpreda, che andava peraltro diffondendosi nella pubblica opinione grazie al battage della stampa nazionale.

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