Rimani sempre aggiornato! - Scarica l'App di New Entry!

LA STORIA DI CALVISANO (BS)

Calvisano è un paese che racchiude, nel suo profilo, molta storia antica e recente. Non è ben chiara l’origine del toponimo, di certo il nome non è raro; vi sono infatti diversi comuni (ad es. la veronese Calvisana) che derivano dalla stessa radice latina. Probabilmente il nome risale ad un certo “Calvisius” vissuto in epoca romana e che compare su un epigrafe rinvenuta a Maderno.


LE ORIGINI
Fin dai tempi più remoti il territorio calvisanese fu percorso e occupato da genti appartenenti alle più diverse stirpi e la loro presenza è documentata dai numerosi reperti di età neolitica (quivi rinvenuti e conservati nel Museo Romano e nel Museo di Santa Giulia di Brescia). Altre testimonianze risalgono all’età del bronzo e soprattutto al periodo romano, del quale l’elemento di spicco è la centuriazione della campagna. Non va dimenticato, inoltre, che Calvisano contende alla mantovana Pietole di aver dato i natali al poeta Virgilio.


IL MEDIOEVO
Nel Medioevo, sul costituito borgo, si esercitò il dominio dei conti Longhi, feudatari di origine germanica, che avevano creato una vasta contea nell’area della Bassa bresciana orientale e nell’Alto mantovano occidentale.
In seguito alla pace di Costanza del 1183, che riconobbe al Comune di Brescia autonomia di governo a danno di quelle forze, l’abate di Leno e i conti Rurali, alleati all’imperatore, Calvisano entrò a far parte del contado e della diocesi di Brescia; anche se forte rimase l’influenza dei monaci benedettini di San Michele e poi dei frati domenicani di Santa Maria della Rosa.


L’ETA’ DEI COMUNI
Nel 1411 Calvisano fu coinvolto nella cosiddetta “Congiura dei Boccacci”, ordita dai Boccacci e da Facino Cane (che tentarono di sollevare diversi comuni del bresciano) contro il signore Pandolfo Malatesta.
Nel corso del XIV secolo i Visconti di Milano, approfittando delle lotte intestine tra le diverse fazioni bresciane, estesero il loro dominio su Brescia. Nel nuovo assetto territoriale Calvisano venne elevato a capo della Quadra, comprendente i Comuni di Ghedi, Castenedolo, Bagnolo, Montirone, Porzano, Malpaga e sede di Consoli che esercitavano la giustizia.


Nel XV secolo il Ducato di Milano entrò in guerra con la Repubblica di Venezia e nel 1427 Calvisano fu conquistata dalle truppe del Carmagnola (assoldato dai veneziani).
Con il sopravvento della Repubblica di San Marco, Calvisano divenne un importante centro amministrativo ed ottenne la qualifica di “Vicariato Maggiore”. Di questo periodo è da ricordare l’artista Apollonio da Calvisano: (Frate eremitano di sant’Agostino, miniatore e illustratore per eccellenza, ricco di vena naturalistica lombarda, ma anche aperto ad esperienze eclettiche.

Secondo alcuni egli miniava nel 1474 i corali del convento di S. Barnaba, perduti; nel 1488 i corali della cattedrale di Cremona; nel 1495 un’immagine della Beata Cristina da Calvisano, perduta; un innario in s.Maria del Popolo a Roma, e in seguito altri corali per la stessa chiesa, ora nella Casa generalizia degli Agostiniani a Roma. E’ considerato illustratore di vena naturalistica, arricchita da apporti mantegneschi o da colorito veneto. Ma vi é chi, come il Puerari, lo ritiene un semplice calligrafo e chi, come il Panazza, lo dice miniatore di vaglia e scrittore.


PERIODO NAPOLEONICO
Fino alla fine del XVIII secolo il territorio di Calvisano fu sotto il dominio veneziano, che cadde con l’avanzata dell’esercito francese guidato da Napoleone. Fra i generali di Napoleone va ricordato anche Teodoro Lechi, nato proprio a Calvisano. Dopo la breve parentesi napoleonica Calvisano venne inglobato nell’Impero austriaco e vi rimase fino alla costituzione del Regno d’Italia.


CALVISANO OGGI
L’economia di Calvisano è stata per lungo tempo essenzialmente agricola. Nel corso dell’ultimo secolo, invece, soprattutto in seguito al cosiddetto “boom economico” Calvisano sviluppò numerose industrie di supporto all’agricoltura. Questo mutamento nei modi di produzione ha portato, di conseguenza, un mutamento del territorio e della vita sociale degli abitanti del paese. L’attività industriale ha contribuito a rendere Calvisano un moderno Comune, migliorando notevolmente il tenore di vita degli abitanti.


Perché Calvisà el paes dè ‘i oc
“Man mano che le brulle campagne bresciane dette più comunemente “brughiere” si allontanavano alle spalle del viaggiatore frettoloso, un Paesaggio più ameno e interessante si apriva sul suo percorso: campi scuri, appena arati o rigogliosi di granoturco, filari di gelsi ed imponenti pioppi lungo i corsi d’acqua, insediamenti sparsi stanziati più o meno regolarmente tra i prati che regalavano il verde senza parsimonia e, immancabile, qualche nota di antico là dove l’occhio riusciva a mettere fuoco una severa costruzione feudale o una più distensiva villa seicentesca. Infine le torri, di varie dimensioni, che annunziavano il paese, a meno che, messaggere della segnaletica non fossero dei simpatici e impettiti “pennuti” che, in tempi senz’altro più tranquilli, circolavano liberamente appropriandosi anche della strada riservata ai veicoli e ostruendo ovviamente il traffico.


Paès dei oc
“Paés dei oc” commentava spazientito l’autista frettoloso, aspettando che il branco gli lasciasse il passaggio. “Calvisà , paés dei oc” ammicca oggi con nostalgia chi ha avuto l’occasione di fare quegli incontri o chi, abitualmente, gustava i quattro passi lungo Via Noa (via Lechi) dove le acque del Saugo rigurgitavano di oche che, quasi sempre facevano scalo sul sagrato per mettersi in vetrina.”
(Adriana Pari)


Le torri di Calvisano
Prima dell’anno Mille sul territorio di Calvisano esistevano tre insediamenti importanti: uno intorno alla chiesa di S. Zenone, legata alla pieve di Visano, un secondo intorno alla chiesa di S. Felice vescovo di Brescia, anch’esso dipendente dalla pieve di Visano, e un terzo borgo intorno alla chiesa di S. Michele, di origine longobarda. Dopo la fine del regno dei Franchi, per difendersi dalle continue invasioni degli Ungari, la popolazione costruì un primo nucleo abitativo, Castelvecchio (X secolo), che nel corso dei secoli andò sempre più aumentando.


Negli ultimi decenni del ‘300, furono fatte nuove lottizzazioni, racchiuse da mura in cotto, bagnate dalle acque del Saugo, con due poderose porte, sormontate ciascuna da una torretta d’avvistamento bassa e tarchiata. Sulla porta meridionale fu innalzata nel Settecento l’attuale torre civica, che domina l’ingresso del centro storico, che con le sue vecchie case, i portici, le viuzze e le piazzette, presenta un aspetto molto particolare e suggestivo.


Nel 1719, l’architetto Antonio Turbini fu incaricato dal Comune di trovare una sistemazione per la nuova campana civica. Il 19 maggio procedette ad un sopralluogo della torre parrocchiale attigua alla chiesa di S. Silvestro. Avendola trovata inadatta e decadente, propose nella sua perizia scritta il trasferimento della campana sulla torre della porta meridionale, dopo un opportuno innalzamento di almeno quattro piloni. Una parte del progetto venne realizzata probabilmente entro il 1737 quando venne riparato l’orologio pubblico che doveva già esservi alloggiato.

La torre civica, probabilmente disegnata da Giuseppe Paolo Soratini e certamente completata da Domenico Prandini nella lanterna e nel cappuccio apicale (1785), è stata innalzata quantomeno nel 1753-54, al tempo della demolizione della vecchia parrocchiale. L’idea di impiegare per l’alloggiamento delle campane una torre della cerchia muraria non era originale, trovandosi realizzata anche in altri paesi.

Singolare invece è l’innalzamento sul portone di un vero e proprio campanile di ottimo disegno, suddiviso in tre registri – di cui il primo destinato ad ospitare una meridiana, il secondo destinato all’orologio, il terzo alla cella campanaria – e concluso da un’edicola ottagonale sormontata da una cuspide bombata.


Di grande interesse sono i tre affreschi presenti sopra la porta, sul prospetto meridionale della torretta primitiva che costituisce il basamento della torre campanaria: nel riquadro centrale è rappresentato il leone alato di S. Marco Evangelista, che allude alla dominazione veneta (1426-1797), affiancato dall’immagine dei patroni del paese, San Silvestro papa a sinistra, e la Beata Cristina Semenzi di Calvisano a destra. La torre civica e la campana maggiore sono di proprietà del Comune, che le concede in libero uso alla Chiesa parrocchiale da tempo immemorabile.

Fonte: prolococalvisano.it

Condividi