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LA ROCCA D’ANFO

La Rocca d’Anfo è un complesso militare fortificato eretto nel secolo XV dalla Repubblica di Venezia nel Comune di Anfo, sul lago d’Idro, in Val Sabbia, provincia di Brescia, e posta a guardia del vicino confine di Stato con il Principato vescovile di Trento. Edificata sul pendio del monte Censo su una superficie di 50 ettari, la Rocca fu rimaneggiata più volte dagli ingegneri di Napoleone Buonaparte e da quelli italiani, ma perse il suo valore strategico nel 1918, quando il Trentino passò definitivamente al Regno d’Italia.

Dopo il 1860 l’esercito austriaco in contrapposizione alla Rocca, iniziò la costruzione del Forte d’Ampola a Storo e dello Sbarramento di Lardaro. Adibita dall’esercito italiano a caserma per l’addestramento dei militari di leva, la Rocca fu anche luogo di detenzione e polveriera; fu dismessa nel 1975, ma restò vincolata al Ministero della difesa fino al 1992. Attualmente, di proprietà dell’Agenzia del Demanio dello Stato, è in fase di recupero strutturale.
Nel maggio del 2005 una convenzione stipulata fra l’Agenzia del Demanio, l’Amministrazione comunale di Anfo e la Comunità montana di Valle Sabbia permette al municipio di Anfo di gestire e ristrutturare i 500.000 metri quadrati di patrimonio storico collocati sulle pendici e all’interno del Monte Censo. È in parte visitabile con guide organizzate e prenotazione.

L’origine
La costruzione della fortezza di Rocca d’Anfo fu voluta nel 1450 dalla Repubblica di Venezia, che governò il territorio bresciano della Val Sabbia dal 1426 al 1797. Il compito di progettare e sovraintendere ai lavori di costruzione fu affidato al conte Gian Francesco Martinengo, “valoroso condottiero e valente ingegnere militare” di Barco di Orzinuovi. In questo modo si cestinarono definitivamente i progetti originari dei Visconti di Milano, precedenti dominatori di queste terre, che prevedevano la fortificazione del confine con il Trentino lungo il fiume Caffaro a nord del rio Riperone, o l’eventuale ripristino e ampliamento del luogo fortificato posto sul dosso di Sant’Antonio di Caster situato nel Comune di Bagolino nei pressi di Monte Suello. I lavori durarono fino al 1490 e secondo alcuni ricercatori il nuovo complesso difensivo fu edificato su una precedente fortezza di origine longobarda.

Nel periodo veneziano, tutte le esigenze della Rocca, così come per tutte le altre fortificazioni, erano supervisionate dai Collegio dei Savi, poi dal 1542 la Serenissima diede l’incarico a due senatori con il titolo di Provveditori alle fortezze, portati a tre nel 1579. Delle originarie edificazioni viscontee sono ancor visibili solamente la doppia cinta muraria superiore, in quanto, con l’avvento dell’era napoleonica, le mutate tecniche belliche imposero una completa revisione di tutta la struttura fortificata.

La ristrutturazione francese
Il generale François De Chasseloup-Laubat (1754-1833), ispettore delle fortificazioni, a seguito della pace di Lunéville sottoscritta dalla Francia e Austria il 9 febbraio 1801, ordinò al fine di completare la difesa e l’occupazione dell’Italia la fortificazione di Peschiera, Taranto, Alessandria, Mantova e la Rocca d’Anfo. L’ordine d’operazione era giunto direttamente da Napoleone Buonaparte preoccupato di garantire il controllo alle sue truppe della strada che univa Trento alla città di Brescia.
Il Primo Console di Francia si era subito reso conto dell’importanza strategica della vecchia fortezza per la “difesa dello Stato”, ma la Rocca mostrava i segni decadenti di tante guerre sostenute. Quindi Napoleone diede ordine al suo generale François De Chasseloup-Laubat di provvedere all’ammodernamento delle disastrate strutture “senza ritardi e senza riguardo per la stagione”.

Il progetto fu affidato ad ingegneri del genio militare di grande esperienza: prima al barone colonnello, comandante del Corpo Ingegneri, François Nicolas Benoit Haxo (1774-1838) e successivamente al colonnello François Joseph Didier Liedot. Gli ingegneri militari napoleonici abbandonarono saggiamente le strutture venete dando il via ad un grandioso progetto di ampliamento che aveva come fulcro il costone roccioso leggermente posto più a nord.

Questi affrontarono l’opera approntando preliminarmente una cartografia particolareggiata del luogo, adattando mirabilmente le strutture alla natura scoscesa e selvaggia del territorio, secondo le nuove teorie della famosa “Ecole Polytechnique” dell’esercito francese di Parigi. Il Liedot distribuì le varie batterie su piccole terrazze ricavate dallo scavo della roccia e proteggendole per mezzo di una grande Lunetta (la Rocca Alta) nella parte superiore dotata di casematte di artiglieria e fucileria. La strada Trento-Brescia che passava alla base della Rocca, secondo il progetto mai realizzato, doveva essere interrotta da profondi fossati e resa transitabile da ponti levatoi. I progetti elaborati dai due tecnici francesi rappresentano una tappa fondamentale nella storia della cartografia.

I lavori ebbero inizio nel 1802 e in soli 10 anni, nel 1812, furono portati a termine. La spesa sostenuta dei militari francesi di 2,5 milioni di franchi testimoniano lo sforzo di fare della Rocca d’Anfo una delle più grandiose e possenti fortezze d’Europa. La caduta dell’impero napoleonico impedì il completamento dell’opera nella sua parte medioinferiore. Le integrazioni delle strutture, fino all’assetto definitivo attuale, vennero effettuate prima dagli Austriaci e poi portate a termine dal Regno d’Italia, dal 1860 al 1914 circa.

La struttura
La Rocca è costituita da una trincea fortificata in direzione del paese di Anfo, difesa da una caserma detta Rocca Vecchia, a sua volta sovrastata dalla batteria veneta; entrambe dominate da un corpo di guardia, posto a 200 metri sul livello del lago e collegato alla batteria da un muro con feritoie e gradini. Verso il “nemico” Trentino si sviluppava una serie di batterie e casermette, sovrapposte a scalinata.
A nord esisteva uno scosceso burrone. Queste batterie di difesa erano chiamate:
· batteria Tirolo, a 100 metri sul lago;
· batteria Rolando, a 150 metri sul lago;
· batteria Belvedere Superiore a 250 metri sul lago.
· ridotto costituito da una Lunetta, detta Rocca Alta, che collegava i due fronti precedenti, a 200 metri sul lago e conteneva una caserma e una batteria casamattate;
· a 50 metri, sotto la Lunetta, c’era la batteria Bonaparte, poi ribattezzata Anfo, a difesa della strada fra Rocca Vecchia e la batteria Tirolo.
· sul tutto ad una altezza di 300 metri, sovrastava una torre rotonda a due piani.
Trincee, piazzole, rampe, strade coperte, polveriere, stalle per i muli, alloggi per la truppa e cisterne dell’acqua completavano la logistica della fortezza. Il complesso di queste costruzioni militari è distribuito in una fascia di terreno di forma triangolare, di cui un lato corrisponde all’incirca ad un chilometro di riva del Lago d’Idro. Il resto si sviluppa sul versante orientale del monte Censo, fino quasi alla sua cima, con un dislivello che varia dai 371 metri sul livello del mare dalla riva del Lago ai 1050 metri dal vertice.

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