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L’induismo (2^parte)

IL CREDO
L’idea di fondo della religione induista è che esiste un ordine del mondo eterno ed immutabile al quale tutto è ordinato (dharma). Anche la vita dell’uomo è sottomessa alla legge eterna che regola ogni cosa. E il suo scopo è di liberarsi dalla situazione terrena per congiungersi con Brahman, l’assoluto. Da questa intuizione nasce la dottrina della trasmigrazione delle anime, chiamata anche della metempsicosi o della reincarnazione. Tale dottrina nasce dalla ricerca di liberazione da una situazione di male e peccato e dall’impossibilità di ottenere questa liberazione nel corso di un’unica vita. Dopo la morte, quindi, le anime dei defunti devono compiere un cammino di purificazione, reincarnandosi più volte in una nuova realtà umana o non umana. Il ciclo delle reincarnazioni si interrompe in seguito ad una esistenza vissuta nel sacrificio e nella rinuncia. L’anima così liberata può unirsi definitivamente al Brahaman.
“E’ lui che dona la luce agli spazi, e la solidità alla terra, il cielo è stato steso da lui, anche il cielo più alto, e i limiti alle sconfinate regioni eteree li ha stabiliti lui, colui che solo è Dio, al di sopra di tutti gli dèi;chi è questo Dio? Noi lo vogliamo onorare con i nostri sacrifici. Egli è l’irraggiungibile. Non lo può esprimere la parola, ‘intelletto non lo può comprendere, né la vista lo può vedere, solo dicendo: “Egli è” si può avvicinare. Non lo si vede ed Egli vede. Non lo si sente, ma Lui sente. Non lo si pensa, ed Egli pensa Egli conosce, ma noi non lo conosciamo”. (Rig-Veda) Dovunque vedo le tue impronte, l’universo è colmo di te. Forma, qualità, nome, tutto porta la tua somiglianza. O colore di nuvola, togliendo te nulla rimane. La terra dove cammino, è il tuo piedistallo.
Ogni giorno, ogni istante è benedetto, il tuo amore colma il mio cuore, ogni momento. Da ogni parte, mio Dio, tu mi pervadi: speranze, occupazioni, niente più di terreno. Dove andrò? Che cosa farò?
Sulle mie labbra, sul mio cuore il tuo nome, per sempre. Il mio unico discorso, parlare di te, i tuoi nomi, le tue gesta, la tua gloria. Il riso, i frutti, il betel che mangio, sono offerte rituali per te. Il mio cammino, una processione intorno a te, il mio sonno, un gesto di adorazione davanti a te. Tutto ciò che vedo, tutto ciò che sento, il tuo volto, la tua voce. Stagni, fiumi, fontane, tutto è sacro; ogni acqua, il Gange. Palazzi, castelli, case, catapecchie, capanne, tutto è un tempio.
Ogni parola mi dice il tuo nome. Noi siamo servi del Signore, dice Tuka, la felicità dell’amore ci colma, per sempre. (Tukaram)
(“Salmi del pellegrino” in R. Girault-J. Vernette, Credere in dialogo, EDB, Bologna, 1980, p.
continua-3

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