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IL VIAGGIO DI FRANCESCA (6^Parte) Romanzo di Anna Gay

IL PERIODO PIÙ BELLO

Un giorno che Paola era appena arrivata a casa, suonò il citofono. – “Chi è?”
“La Polizia, signora. Non abbia paura, dobbiamo consegnare la minore Francesca Fiorilli Carnovali alla madre!”. Il cuore di Paola si mise a battere all’impazzata. Finalmente! Dopo tante udienze, attese, avvocati e giudici! Aprì la porta con impazienza e si trovò davanti una agente della polizia femminile.
“Sono l’agente Nunziante, e devo consegnarle la bambina e tutte le carte.”
Paola prese in braccio Francesca mentre l’agente le spiegava ogni cosa: “Qui c’è scritto che il giudice ha ritenuto opportuno che la minore viva con lei e questa è la fotocopia della richiesta dell’atto con cui suo marito dà il proprio cognome alla bambina.”
Paola era al colmo della felicità, e si diede subito da fare. – “A che ora ha mangiato la bambina?”
“Verso le nove del mattino” rispose l’agente.
“Può stare con lei per un momento? La mia amica Debora ha detto che aveva una carrozzina di suo figlio da darmi” Infine tutto fu sistemato e Francesca poté mangiare, essere cambiata e fare un bel riposino. Quando arrivò Andrea, Paola gli fece mille feste e lui restò con Francesca mentre lei andava a comprare un po’ di indumenti e cose varie che occorrevano per la bambina.
Mentre era in un negozio, l’altoparlante si mise a diffondere le note della canzone “Sara” di Antonello Venditti. A Paola sembrò di rivivere quei terribili momenti, quando, subito dopo aver saputo di essere incinta, faceva la spesa in un supermercato dove aveva sentito proprio quella canzone e si era detta: ”Sara non si deve vergognare, e io invece sì, perché sono una donnaccia che va con gli uomini sposati…” e le venivano le lacrime agli occhi. “Adesso anch’io non mi devo vergognare!” pensò scegliendo le tutine per la bimba. Il giorno dopo lei ed Andrea si recarono alla “Casa del neonato” a comprare il lettino e altre cose che occorrevano.
“Sai “disse Andrea mentre guardavano un fasciatoio “Forse anch’io dovrei imparare a cambiare i pannolini, così quando sei dalla psicologa non ci saranno problemi”. – “La psicologa ha detto che sarebbe contenta che io vada da lei con la bambina.
Tanto non è una bambina grande che scappa da tutte le parti e tocca tutto…” – “Sì, però può sempre capitare che tu debba andare in qualche posto dove è meglio senza la bambina” rispose lui “Va bene che forse possono tenerla Silvia e Antonietta”
“Non credo che se ne intendano molto di bebè” ribatté lei ”Tu essendo un uomo, pensi che qualsiasi donna se ne intende, ma non è vero! Anch’io ho dovuto imparare, perché non ero capace” Ma Andrea fu tenace e riuscì nel suo intento. Al corso di puericultura c’era anche qualche papà, oltre alle mamme, alcune incinte ed altre già con bambini, perciò si trovò bene. Il corso era tenuto da due esperti, un uomo e una donna. Le prime lezioni vertevano sulla gravidanza e sul parto, ma ben presto si arrivò anche a parlare di pannolini. – “Non è difficile” disse l’esperto “Si fa così” e in quattro e quattr’otto la bambola che serviva da modello fu cambiata. “Ce lo faccia vedere su un bambino vero!” protestò qualcuno. Paola e Andrea misero a disposizione Francesca, e altre mamme fecero altrettanto. “Ricordatevi” dissero gli esperti “che non è una gara di velocità. Il bambino va cambiato pian pianino, e senza capovolgerlo! Le prime volte magari vi verrà da mettere il pannolino al contrario, ma poi imparerete.”
E impararono infatti a cambiare Francesca, a nutrirla, ed ogni altra cosa utile. Paola, al colmo della felicità, iniziò a tenere un diario dei progressi della bambina. “Oggi” scrisse “quando Andrea ha suonato alla porta…”
Andrea era abituato a vederla sempre con la bambina in braccio, e quel giorno lei era da sola.
“Dov’è Francesca?” chiese.
Paola sorrise con fare misterioso. “Francesca ha una sorpresa per te!” Si scostò, ed ecco apparire Francesca che, ancora malferma sulle gambine, si mise in cammino per andare dal suo papà! Andrea l’accolse fra le braccia : ”Brava! Bravissima!“ esclamò, e a Paola: “E’ stata davvero una sorpresa bellissima!”
“Devo tutto” scrisse Paola nel diario “agli esperti di quel corso, che mi hanno insegnato proprio bene.”
Riepilogò le cose che prima non sapeva e che ora aveva imparato, comprese quelle che non le erano servite, perché si riferivano a bambini più piccoli. Aveva imparato che se il latte rimaneva indigesto, in farmacia ce n’erano altri, ma non bisognava assolutamente usare latte di riso o di soia; aveva imparato che i bambini molto piccoli soffrono di coliche del neonato, e bisogna tenerli in posizione eretta e massaggiare il pancino, finché si scaricano; aveva imparato a far passare il singhiozzo alla bambina; aveva imparato che il bambino non cresce subito di molti etti (bisogna avere pazienza ed aspettare); aveva imparato che i piatti termici a volte rendono la pappa troppo calda per il bambino (questo non glie l’avevano detto al corso ma l’aveva imparato da sé). “Insomma posso dire, modestia a parte, di essere, almeno fino ad ora, una brava mamma” scrisse soddisfatta. Era maggio, e quasi tutti avevano prenotato le vacanze. Antonietta e Enrico andavano in Sicilia, ospiti dei parenti di lei. Silvia era tutta gasata perché Lorenzo voleva portarla a Praga. Anche gli amici di Andrea cominciarono a chiedergli dove aveva intenzione di andare.
“Ci vuole un ambiente adatto a Francesca” disse lui un giorno che erano da Silvia.
“Ai bambini fa bene il mare” sottolineò Paola.
“Provate a vedere su internet” suggerì Silvia.
Mentre le donne chiacchieravano di pappe e pannolini, Andrea trovò un’offerta speciale a Senigallia. “Dice qui “spiegò alla moglie ”che è un albergo vicino al mare, in una zona tranquilla, e la cucina è molto curata. Se ti va bene, potremmo andarci a fine giugno, quando la ditta dove lavoro chiude per manutenzione.”
“Ottima idea” rispose Paola “così non farà troppo caldo, ci sarà meno gente, e risparmieremo pure!” Circa un mese dopo, erano al mare. Francesca se ne stava al sole col suo cappellino (ben legato in modo che non se lo togliesse) e col pannolino al posto del costume. Giocava a fare torte col fango, e con gran disperazione dei genitori, cercava anche di mangiarle. Ogni tanto il pannolino lasciava posto al costume e tutti e tre se ne andavano in acqua, spruzzandosi a vicenda e ridendo.
“Se vuoi diventare come un pesciolino” diceva Andrea “devi prima imparare a battere le gambe. Io ti tengo per le mani. Avanti, su, prova!”
Dopo pochi giorni Francesca aveva imparato ad andare da sola, con grande meraviglia di sua madre. “Pensa che io da piccola non ci riuscivo” disse ad Andrea “Forse perché una volta mi hanno tirata giù per le gambe…”
Al mare c’erano naturalmente altri bambini, e Francesca giocava spesso con loro.
“E’ proprio diversa da me” pensava sua madre “A me gli altri bambini ispiravano invidia e gelosia” Fu poco dopo il ritorno dal mare, che Francesca fece il suo primo discorsetto. Sapeva già, naturalmente, dire “mamma”, “papà” e altre due o tre parolette, ma quel giorno, in casa degli Aniello disse, indicando il televisore:
“Ne, bimbi teiebidone”
“Tu hai capito?” chiese Fiorenza a Paola.
“Credo che voglia guardare i bimbi alla televisione” rispose lei “In questi giorni guarda lo zecchino d’oro” Accesero subito il televisore, e diedero a Francesca il suo bambolotto.
“Bimbo” fece lei tutta contenta “Adda, bimbo!”
“Gli dice di guardare!” anche Paola era contenta “Brava la mia piccolina che parla!”
Intanto Francesca era diventata quello che si definisce ”una bella pagnottina” con allusione alle guanciotte. Le amiche chiedevano a Paola: “Cosa le dai da mangiare?” “Quello che mangia!” rispondeva lei “A merenda, per esempio, frullato con frutta e biscotti che si sciolgono nel latte.” Ma poi venne il tempo dell’asilo.
“Le hai comprato il grembiulino?” chiedevano tutti a Paola, ma lei tergiversava.
“Sono contento che vada all’asilo” diceva Andrea “Così starà in mezzo ad altri bambini e imparerà a socializzare. E noi saremo più liberi” aggiunse ridendo : ”Tranne di notte quando s’infila nel lettone”. Ma Paola non era tranquilla. Francesca era sempre stata serena, ma forse perché poteva sempre contare sulla presenza della mamma. Finalmente, sollecitata da tutti, si decise ad andare a iscriverla.
“Scusi” disse a una maestra, dopo aver parlato con l’impiegata allo sportello “Potremmo vedere la scuola?” “Veramente l’open day l’abbiamo già fatto” rispose la signorina “però, per una volta…ma non lo dica a nessuno” aggiunse ridendo “Venga”
Per prima cosa la maestra mostrò loro lo spazio giochi. Francesca quando vide le altalene e lo scivolo, voleva salirci sopra subito. “Ti piace?” chiese la mamma. ”Altrochè!”
Mentre la maestra parlava e Francesca giocava, Paola si lasciò trascinare dai ricordi. Quando era bambina, un giorno aveva sporcato lo scivolo e una maestra aveva capito che era stata lei.
“Cos’hai fatto, Paola? Te la sei fatta addosso?” “Sempre” aveva risposto lei vergognandosi “Se mi tiro giù le mutande viene l’uomo cattivo e mi fa tanto male, allora non vado mai al gabinetto”
La maestra aveva parlato con la mamma.
“Forse Paola vuole attirare la sua attenzione perché non si sente abbastanza seguita. A volte i bambini s’inventano queste storie perché sembra a loro di non essere al centro dell’attenzione dei genitori”
Mentre Paola pensava alla sua infanzia, la maestra le aveva condotte in un altro ambiente.
“Qui i bambini disegnano e dipingono” disse, e anche questo scatenò un’ondata di ricordi.
Si ricordò di quando aveva disegnato un monte, colorato di grigio, nero e marrone, e con una croce sulla sommità.
“Qui c’è una croce” aveva spiegato alla maestra “perché è il monte dove è morto Gesù”. Anche questa volta la maestra aveva chiamato la mamma, che aveva detto : “Ma va là! Cosa vuoi saperne tu di Gesù! E poi guarda che brutto colore! Le montagne sono belle quando sono verdi, o hanno sopra la neve”
Intanto Francesca aveva adocchiato dei disegni appesi al muro, e faceva tutti i suoi commenti, dicendo quali le piacevano di più.
La maestra le pilotò verso il refettorio.
“Cosa fate se un bambino sputa, oppure vomita?” le chiese Paola.
“Qui un bambino non è mai obbligato a mangiare qualcosa. Mangia solo quel che vuol mangiare. Se vomita c’è del personale che pulisce, se il bambino sta male lo curiamo e chiamiamo la mamma che venga a prenderlo” rispose la maestra. “Quand’ero piccola” disse lei “mi hanno fatto mangiare il mio vomito”
“Scusi, ma mi permetto di dubitarne” disse la maestra “forse lei non ricorda bene”.
“E qui” disse quando passarono in una stanza con tanti lettini “i bambini fanno il riposino. “Non si usa più in molte scuole per l’infanzia, ma la nostra dirigente ha preferito così”
“E che succede se bagnano il letto?” chiese Paola, che ricordava di essere stata punita per questo. “Niente. Noi cerchiamo di aiutare i bambini ad acquisire la capacità di controllare la vescica e gli sfinteri, ma intanto che stanno imparando a volte capita quel che dice lei, ma noi non li puniamo per questo”

7 – continua

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