Rimani sempre aggiornato! - Scarica l'App di New Entry!

IL VIAGGIO DI FRANCESCA (3^Parte) Romanzo di Anna Gay

ANTEFATTO
LA NASCITA DI FRANCESCA

Mentre aspettava il traghetto, le vennero incontro di corsa due donne, una sui 40 anni e l’altra sui 60, che aveva una certa rassomiglianza con Antonio. “NO,SIGNORA!” esclamarono insieme “LEI NON DEVE ANDARE A REGGIO CALABRIA, E QUELLA BAMBINA DEVE ANDARE SUBITO IN UN ORFANOTROFIO!” “NO! La mia bimba rimane con me!” urlò Paola, ma quelle era due contro una. Le strapparono di mano la carrozzina, lei prese la bambina e le stapparono di mano anche quella, e le misero in mano dei fogli, che lei stracciò senza neppure leggerli “NO! Non firmo!”
“Peggio per te! Non dovevi fare una figlia con un uomo sposato!” Paola si controllò finché non si furono allontanate, poi scoppiò in lacrime.
“Mi resta una sola cosa da fare” si disse freddamente dopo aver pianto.
Si avvicinò a un ragazzo che stava lì sul molo.
“Scusa, mi tieni la borsa?” quello la prese senza sospettare nulla. Andò sul limitare della banchina, e si buttò “Tra poco” pensava ”sarà tutto finito…una vita senza senso…aveva un senso se c’era la pecceridda, ma ora non l’ha più..”
Poi perse i sensi. Non sentì nulla di questo dialogo, in messinese stretto, di due pescatori.
“Salvatore! Salvatore!”
“Che succede?”
“Vieni, presto! Una donna si è gettata in mare!”
“Arrivo! Speriamo che sia ancora viva!”
“Sì, speriamo!”
La prima cosa che le venne in mente quando l’ebbero ripescata e rianimata, ancora frastornata, fu: “Me la sono pure fatta sotto, mannaggia che schifo!” Poi ricordò perché l’aveva fatto e prese a lamentarsi sottovoce, come se non volesse disturbare nessuno: “la pecceridda mia! Senza di lei non voglio più vivere!” e piangeva.
Un passante di buon cuore le disse: “Venga, signora, l’accompagno al pronto soccorso.
Lì sapranno come aiutarla. Non abbia paura” aggiunse vedendola irrigidirsi “Non sono un malintenzionato” Il ragazzo che le aveva tenuto la borsa si avvicinò: “La sua borsa, signora” lei la prese macchinalmente, e salì in macchina.
Arrivarono al Pronto Soccorso, Paola tutta bagnata e l’uomo che era già pentito di aver preso quella gatta da pelare. Nella stanza c’erano i feriti gravi di un incidente, un’anziana con la febbre alta e una bambina che si era fratturata una mano dentro a una porta. Finalmente venne il suo turno e l’uomo spiegò per sommi capi cos’era successo. “Non so perché l’abbia fatto! Potete vedere se fisicamente sta bene?” Poi, a voce bassa: “Mi pare un po’ matta, continua piangere e parla di una bambina, ma con lei non c’era nessuna bambina…”
I medici la visitarono e le chiesero: “Si ricorda cos’è successo, signora? Che cosa ha fatto?”
“Non voglio più vivere” rispose lei “Senza la mia bambina la vita non ha senso!”
“Aspetti che la accompagno da un dottore che potrà aiutarla. Venga.”
Paola seguì l’infermiera, che la fece entrare nel reparto di neuropsichiatria.
Entrò in un ufficio dove c’era un altro medico.
“C’è un tentato suicidio, dottore” Lui non fece commenti e le chiese anche lui cosa ricordava dell’accaduto. “Voglio morire” disse “La mia vita aveva un senso solo perché c’era la bambina, e ora me l’hanno portata via…Francesca! La mia Francesca!” e si rimise a piangere”
“Però vedo che la borsa è asciutta! Lei non voleva veramente suicidarsi!” Paola chinò il capo.
“In quel momento” disse “non sapevo neanche cosa stavo facendo” Lo psichiatra riuscì, con opportune domande, a farsi raccontare tutto con ordine, poi la sgridò: “Lei ha sbagliato a cercare di risolvere i problemi economici e familiari diventando l’amante di un uomo sposato. Lei ha una personalità dipendente dagli altri e sceglie chi le sembra che possa farsi carico dei suoi problemi. Lui le ha detto la cosa giusta quando l’ha esortata a firmare per fare adottare la bambina. Rifiutandosi di farlo, lei ottiene proprio quello che non voleva per sua figlia: l’orfanotrofio.”
Paola chinò di nuovo il capo, sospirando. Per un attimo tacque, ripensando a tutto l’accaduto e cercando di vederlo da un altro punto di vista. Poi chiese: “Che cosa mi consiglia di fare, dottore? A parte il fatto di firmare.”
Quella cosa non voleva entrarle in testa.
“Cerchi di cambiare ambiente.
Non riveda più il padre della bambina, si trovi un lavoro, si tenga occupata e non pensi più a Francesca. Se riesce a ricucire il rapporto con i suoi, potrebbe essere una buona idea”
Paola scosse il capo con un’espressione seccata. “Non le va? E cosa le andrebbe di fare?”
“La sarta. Al paese dicevano che ero brava con la macchina per cucire.”
“Sì, ma ce ne vuole per imparare a fare sul serio la sarta! Non basta essere un po’ bravi!
E’ come se un’inserviente dell’ospedale volesse fare l’infermiera perché ha dimestichezza con l’ambiente.”
“Allora tornerò a fare la domestica” disse lei.
“L’importante è che non lo faccia in nero. Non si faccia sfruttare!” Si alzò. “Bene, per ora il colloquio è terminato. Se dovessero sorgere di nuovo dei problemi, io sono qua.”Paola uscì e si trovò in mezzo al traffico di Messina. Chiese informazioni per tornare al porto, rivide il luogo dove aveva tentato il suicidio e pensò: “Al nord ci vado lo stesso. Alla bambina ci penserò”
4 – continua

Anna Gay

Condividi