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Il massacro di Cefalonia

Dopo l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940 a fianco della Germania, Mussolini decise di condurre una “guerra parallela” per non restare indietro di fronte alle vittorie conseguite dalla Wehrmacht. In particolare decise di invadere la Grecia, per cercare di affermare i Balcani come sfera di influenza italiana. La spedizione in Grecia tuttavia non ebbe l’esito previsto, e le operazioni presto si arenarono. L’esercito greco, più determinato e avvantaggiato dal terreno e dalla conoscenza dei luoghi, riuscì anche a respingere profondamente le truppe italiane in territorio albanese.
Nella primavera del 1941 grazie all’intervento tedesco che fece collassare le difese elleniche, gli uomini del generale Papagos furono costretti alla resa. La Grecia fu così sottoposta a occupazione, spartizione e controllo bipartito italotedesco.
Agli italiani, in particolare, venne assegnato il controllo delle Isole Ionie ma guarnigioni tedesche erano dislocate in punti strategici a rinforzo dello schieramento italiano.
Il precipitare della situazione
Fino ai primi mesi del 1943 la convivenza tra soldati italiani e tedeschi nell’isola non aveva presentato problemi e vennero anche svolte esercitazioni comuni di difesa; le cose cambiarono radicalmente dall’8 settembre di quello stesso anno, quando venne reso noto che il governo Badoglio aveva firmato un armistizio con i britannici e gli statunitensi, denunciando di fatto l’alleanza tra Italia e Germania. Le prime reazioni da parte della Divisione Acqui furono di grande stupore ma anche di gioia, nell’illusione che la guerra stesse per finire. Dopo i festeggiamenti, comunque, alle 20:15 vennero mandate fuori le pattuglie di vigilanza. Un atto ostile venne compiuto dai tedeschi quando uno dei semoventi ad Argostoli puntò il suo cannone contro il dragamine Patrizia, all’ancora, che per risposta puntò a sua volta le mitragliere di bordo. Alle 21:30 dell’8 settembre il generale Vecchiarelli (come comandante dell’11ª armata) inviò un messaggio a Gandin che testualmente riportava:
« Seguito conclusione armistizio, truppe italiane 11ª armata seguiranno seguente linea condotta. Se tedeschi non faranno atti di violenza armata, italiani non, dico non, faranno causa comune con ribelli né con truppe anglo-americane che sbarcassero. Reagiranno con forza a ogni violenza armata. Ognuno rimanga al suo posto con i compiti attuali. Sia mantenuta con ogni mezzo disciplina esemplare. Firmato generale Vecchiarelli »
I tedeschi avevano comunque iniziato l’attuazione dell’Operazione Achse, consistente nel disarmo forzoso ed internamento delle truppe italiane. Poco dopo le 22:30, viene ricevuto l’ordine per le navi presenti ed in grado di muoversi di raggiungere immediatamente Brindisi, ancora in mano agli italiani. L’eccidio di Cefalonia fu compiuto da reparti dell’esercito tedesco a danno dei soldati italiani presenti su quelle isole alla data dell’8 settembre 1943, giorno in cui fu annunciato l’armistizio di Cassibile che sanciva la cessazione delle ostilità tra l’Italia e gli anglo-americani. In massima parte i soldati presenti facevano parte della divisione Acqui, ma erano presenti anche finanzieri, Carabinieri ed elementi della Regia Marina. Analoghi avvenimenti si verificarono a Corfù che ospitava un presidio della stessa divisione Acqui. La guarnigione italiana di stanza nell’isola greca si oppose al tentativo tedesco di disarmo, combattendo sul campo per vari giorni con pesanti perdite, fino alla resa incondizionata, alla quale fecero seguito massacri e rappresaglie nonostante la cessazione di ogni resistenza. I superstiti furono quasi tutti deportati verso il continente su navi che finirono su mine subacquee o furono silurate, con gravissime perdite umane.

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