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Il disastro di Molare (2^Parte)

Per comprendere chiaramente l’entità dell’evento occorre specificare alcune cifre: nel Bacino dell’Orba cadono 364 mm di pioggia in meno di 8 ore. A (Loc.) Lavagnina la precipitazione è di 554 mm (182 in 2 ore), superando tutti gli analoghi eventi…nell’Europa… da oltre due secoli”. Ecco alcuni dati disponibili per stazioni pluviometriche limitrofe: Loc. Pianpaludo (Comune di Tiglieto, Alta Valle Orba) : 453 mm Masone (Alta Valle Stura, contigua alla Valle Orba) : 377 mm; Belforte (Valle Stura poco a monte di Ovada) : 390 mm; Loc. Lavagnina (Valle Piota) : 554 mm L’evento portò nell’arco di meno di 24 ore una precipitazione pari a quasi il 30 % di quelle medie annue. Per dare un’idea della portata dell’evento basti immaginare che piovvero più di 15 metri cubi al secondo di acqua ogni kmq. La pioggia caduta divenne deflusso all’interno del bacino del Torrente Orba di estensione pari a circa 140 kmq all’altezza di Bric Zerbino. La portata di deflusso del 1935 all’altezza della diga (cioè ben 5 km a monte di Molare) risultò compresa tra 1.800 – 2.000 mc/sec con punte di 2200 – 2300 mc/sec ! Statisticamente un evento di tale “portata” ha tempi di ritorno di circa 1000 anni! Disastro di Molare Durante le prime ore della mattina del 13 agosto 1935 gli scarichi della Diga Principale rimasero chiusi, ma ben presto il guardiano (Abele De Guz) si accorse che il livello stava innalzandosi vertiginosamente. Vennero attivati i sifoni che subito scaricarono a massimo regime assieme allo scaricatore di superficie. Ciò determinò i primi problemi giù a valle, ad Ovada, dove il deflusso del torrente aumentò rapidamente senza però allarmare eccessivamente gli abitanti del Borgo. La popolazione infatti conosceva da lungo tempo i capricci dell’Orba ed in particolare era ancora vivo il ricordo dell’alluvione del 1915. Ma già alle 9.30 il rischio di un’esondazione iniziò a turbare i pensieri del Sig. Mario Grillo responsabile della centralina elettrica “dei Frati” di Ovada. Alle 10.30 il personale della Centrale Elettrica ed il guardiano della Diga Principale attivarono la valvola a campana che funzionò per pochi minuti bloccandosi a causa del troppo fango e detriti che andavano via via accumulandosi sul fondo del lago. Lo scaricatore di fondo non venne utilizzato. Verso le 12.30 l’acqua iniziò a stramazzare pericolosamente sopra le due dighe posizionate alla stessa quota topografica. Ciò determinò l’interruzione del collegamento telefonico tra la Centrale di Molare (e Ovada) con Bric Zerbino. Il personale della Centrale Elettrica avvertì Ovada “….. che l’acqua che stava per scendere era molta …….”. Alle 11.00 l’Orba stava esondando su più punti: il mulino di Molare e Loc. Ghiaie erano minacciati dalle acque così come i fabbricati più bassi del Borgo di Ovada molti dei quali stavano per essere evacquati. Alle 13.00 le due dighe erano sovrastate da una lama di stramazzo di circa 2.5 m. Il guardiano della diga incrociava le dita. Frattanto ad Ovada il Sig. Mario Grillo, che “già stava a bagno” ricevette l’ultima telefonata dalla Centrale di Molare che lo esortava “ ……. ad avvisare le Autorità locali ed anche il Genio Civile di Alessandria che il pericolo era imminente.” Si riporta un passo della deposizione del guardiano della Diga Sig. Abele De Guz durante il processo alle O.E.G.: “ …Da questo momento gli avvenimenti precipitano…; alle 10 …il livello del lago aveva già raggiunto quota 318,08…. Alle 10.50 il lago raggiungeva la quota di massima ritenuta normale metri 322… Dalle 10.45 alle 12.30 l’uragano si calmava un poco… alle 12.30 – il livello del lago – raggiungeva la quota della sommità della diga di Sella Zerbino (metri 324,50) e cominciava a stramazzare al di sopra di essa. La pioggia subito dopo le 12.30 riprendeva a cadere con violenza spaventosa… l livello del lago si sopraelevava ancora e raggiungeva alle ore 13.15 la quota di 326,67…” Alle 13.15 la Diga Secondaria e tutta la Sella Zerbino collassarono sotto la spinta di una massa d’acqua e fango stimata tra i 20-25.000.000 mc. Il Disastro di Molare non fu il primo nè l’ultimo della travagliata lotta del progresso contro i “capricci” della Natura. Dal Vajont al Gleno, sino a Malpasset e ancor più lontano, un viaggio nel tempo per scoprire come la storia si ripete drammaticamente. Fonte: wikipedia.it

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