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Guendalina ed il Drago di Fuoco (2^ parte di 3)

– Ehi di casa c’è nessuno? gridava Menelì bussando con quanta forza aveva in corpo quand’ecco aprirsi la porta dell’osteria, finalmente:
– Che maniere, ma chi siete? Non accettiamo vagabondi né tanto meno straccioni è meglio che lo sappiate, rispose una servetta corpulenta con una cuffietta e un grembiulone ricamato che aveva notato i miseri vestiti rattoppati e sdruciti del nostro amico.
– Chi siete voi perbacco che avete l’ardire di rivolgervi a un gentiluomo della mia specie che si trova  è vero in male arnese (e ancor per poco) ma pur un signore rimane. Educazione signorina…
– Signorina a me, ahahah. Avete un bel coraggio signore dei miei stivali.
– Mina con chi stai parlando? Entra dentro sfaticata che c’è ancora da preparare per il conte e la sua compagnia. Veloce se non vuoi essere licenziata.
– Arrivo! gridò la ragazza cercando di richiudere la porta che Menelì teneva aperta con lo stivale mentre incuriosito guardava dentro nella speranza di scorgere chi aveva parlato.
– E tu non ti azzardare a entrare che ti mando i cani, continuò la serva rivolto a lui sottovoce.
– Mina vai in cucina, ci penso io al signore.
Cosa vuole signore? L’osteria è chiusa mi spiace, torni stasera.
– Lei deve essere la signora Grimilde sicuramente. Sono un amico di Arsuffo signora, Menelì per servirla.
E con un profondo inchino degno del miglior attore della Commedie Francaise si presentò a una robusta ed energica locandiera di una trentina d’anni ma si vedeva che era di buon cuore: i capelli sotto la cuffietta ne mostravano qualcuno bianco, il sorriso era dolce e gli occhi azzurri le illuminavano il viso.
– Ahhh, ecco, entri, entri signor Menelì. Quante volte Arsuffo mi ha parlato di lei e della vostra amicizia e di come vi eravate persi di vista.
E chiedeva di voi ai forestieri che arrivavano alla locanda ma niente. Ah se vi pensava con affetto sempre con la speranza di rivedervi, un giorno. Quel brigantaccio di Menelì diceva sempre, chissà in quale brutto guaio si è ficcato. E ora eccovi qua signore, ma orsù entrate non fatevi pregare e lasciate la vostra roba qui all’entrata. Penserà Mina a portarla nella vostra stanza: è già pronta.
E così dicendo prendendolo per un braccio lo tirava dentro chiudendo bene il portoncino di legno con il chiavistello.
– Di questi tempi bisogna fare attenzione ai briganti!
Menelì era stupito da una così grande accoglienza a cui veramente non era abituato e si lasciava trascinare senza fare resistenza.
– Che la vita le riservi un’immensa felicità signora Grimilde. Grazie infinite! E suo marito dov’è?
– Nell’orto, stasera farò un minestrone da leccarsi i baffi, mi creda. E per lei ci sarà doppia razione di stufato e dolce. L’ho preparato per il conte che ci farà l’onore della sua presenza con la sua compagnia di attori e attrici girovaghi, è una brava persona e domani sarà al castello sa, per il ballo annuale di corte. Ma vada, vada a salutare mio marito che la sta aspettando. L’accompagnerà lui in camera sua più tardi . La saluto ora, ho ancora tante cose da sbrigare per gli invitati di stasera.
– Aveva ragione Arsuffo, lei è una persona veramente speciale signora Grimilde, una vera signora senza ombra di dubbio. Le sono veramente grato.
– La smetta con i ringraziamenti e vada che è atteso nel nostro orto da mio marito. A dopo! diceva lei ridendo mentre spariva nella grande cucina da dove arrivava un profumo di carne e di patate misto a vaniglia e cannella. Pancia mia fatti capanna pensava intanto Menelì uscendo da una porticina laterale incontro all’amico.
– Menelì, Menelì, gridò Guendalina legando il cavallo a un albero. C’è la tua amica, ahahah!
Menelìììì! Sono io, Guendy!
Ma dov’è? pensava dando un occhiata intorno alla casupola e guardando dentro da un finestrino sporco e polveroso: ma lui non c’era e mancava il mulo. (Strano, di solito è sempre a casa a quest’ora anche se è giorno di mercato).
–  Cerchi qualcuno bella figliola? Menelì non è qui, se è lui che stai cercando!
– Ehhh, disse voltandosi di scatto Guendy in direzione della voce dolce che sussurrava più che parlare. E vide allora una donna bellissima con i capelli lunghi e bianchi che le cadevano morbidi fino ai piedi acconciati con rose bianche e nastri rosa e blu. Il vestito lungo verde era coperto da un mantello marrone e accanto a sé aveva uno stupendo unicorno tutto bianco che brucava l’erba. Sorridendo si avvicinò alla ragazza, che la fissava immobile con gli occhi sgranati, tendendole la mano in segno di amicizia:
– Non avere paura, sono la fata di questo bosco e voglio essere tua amica. Menelì si è trasferito alla locanda dal suo amico Arsuffo. Lo troverai lì alloggiato ma credimi le sue erbe saranno inefficaci per il problema che hai. Si tratta di alta magia se il sarto è sparito con tutto il palazzo, i servi e gli animali ma io, se vorrai, potrò aiutarti.
Fidati cara, di me. Il mio nome è Madeleine.
– Madeleine, Valenciennes, rapito! sussurrava intanto la ragazza, tremando per la paura ma allo stesso attratta da quella apparizione bella, luminosa e magica.
– Valenciennes è stato rapito ma non dai briganti. E’ tenuto prigioniero in un posto segreto molto, molto lontano da qui ma tu potrai sciogliere l’incantesimo e liberare il tuo amico: io ti aiuterò.
– Alta magia, posto segreto… ma da chi è stato rapito il mio sarto? E il mio vestito che fine ha fatto?
– Saprai tutto a tempo debito. Intanto va a casa, fa buon viaggio e non parlare a nessuno di me o del mio unicorno. Mi raccomando, non svelare a nessuno il nostro segreto sussurrò sparendo la fata sorridendo con mesta dolcezza.
– Andiamo amico. Brrrr, che paura! Corri, corri.
Da uno squarcio nel cielo autunnale il sole mandava i suoi ultimi raggi, una sottile pioggerellina cadeva bagnando il terreno intorno mentre soffiava un vento caldo di scirocco.
Daniela Zacco
continua -3

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