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COGAN killing them softly

Al cinema da giovedì 18 Ottobre 2012 Dopo avere diretto il film “L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford” (western molto lento e molto infarcito di dialoghi), presentato qualche anno fa alla Mostra del Cinema di Venezia), il regista neozelandese Andrei Dominik ci riprova una seconda volta ricalcando le medesime impronte. Oggi lo fa (in collaborazione con il protagonista Brad Pitt, qui anche in veste di produttore), riportando sul grande schermo un libro del 1974 (Cogan’s Trade), pubblicato da Einaudi Stile Libero e riproponendo un romanzo strepitoso, entrato nella storia della letteratura poliziesca e del crime per il suo stile unico. Franky e il suo compagno di avventure, due pesci piccoli nel giro della malavita e poco esperti nel mondo della delinquenza, pensando di mettere a segno il colpo della loro vita, decidono, su consiglio di un terzo complice, di fare visita ad una casa dove si giocano partite illegali di poker puntando soldi sugli esiti delle stesse. Loro sono convinti di farla franca razziando una bella quantità di denaro e immaginando di riversare la responsabilità del fatto su Markie: uno che, qualche tempo prima, aveva architettato lo stesso piano portandosi a casa un’ingente somma di denaro. Le cose, naturalmente, non vanno come previsto poiché i due non hanno fatto i conti con la mafia che gestisce anche questi traffici illeciti. Mafia che chiama all’appello Jackie Cogan (Brad Pitt): un gansgster in giaccone di camoscio spelacchiato e Chevrolet, cui toccherà mettere in chiaro, tra scrocconi, criminali e avanzi di galera, chi sia a far le regole della malavita a Boston. Questo per saldare i conti e restaurare i vari rapporti di potere. Film popolato da persone infelici, sempre in cerca di soldi, che detestano il loro lavoro, vessate da capi indecisi e incompetenti che si anestetizzano con droga, sesso ed alcol e che non guardano mai le loro vittime negli occhi, “Cogan” è la tipica pellicola in cui viene totalmente accettato che i personaggi agiscano spinti solo dalla brama del denaro. Nessun buon proposito o tema moralistico (i valori della famiglia, insegui il sogno della tua vita e via dicendo), ma esclusivamente commedia sulle relazioni e i punti di vista del mondo criminale, con le usanze e le regole che si pensa lo caratterizzino. A dirigere l’impresa troviamo, come detto, Andrew Dominik (per lo più regista di spot pubblicitari e di video musicali) che pone l’intera vicenda sullo sfondo di una crisi economica, quella americana. Un collasso che coincide con quello dell’economia criminale, basata sul gioco d’azzardo e dovuta ad una mancata regolamentazione della stessa. In altre parole, una versione in scala dell’attuale situazione americana, dove il mondo, in rovina, è cambiato a tal punto che la gente intorno perde tutto ciò che possiede. Non a caso, per l’intera durata del film, frequenti scorrono le immagini e le news proposte da radio o televisioni, con i vari proclami alla vigilia delle elezioni presidenziali del 2008, quando Bush sta per cedere la Casa Bianca al nuovo Presidente Obama. Presentato in anteprima a Cannes 65 e volendo prescindere dal sottostante messaggio politico, con questo gangster movie (piuttosto convenzionale), il cineasta è rimasto alquanto fedele al romanzo da cui trae ispirazione (molti dialoghi) e sembra volersi rifare a personaggi, situazioni e linguaggi di altri maestri del cinema come Tarantino, Scorsese o i Fratelli Coen. Un noir un po’ lento (e che sicuramente non precipita nella convenzionalità da blockbuster), qualche abbozzo di humor, azione contenuta, trama un po’ troppo tirata per le lunghe, violenza spietata ma non onnipresente. Rimangono, comunque, a suo favore, la pregevole fotografia e l’interpretazione di nomi talentuosi del grande schermo (oltre a Brad Pitt, anche James Gandolfini, Ray Liotta, Scoot McNairy e Ben Mendelsohn). Piergiorgio Ravasio

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