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Zitto e cammina

In tram, due signori stanno parlando della crisi economica: “Ma quando finirà? Non si vede proprio via di uscita” dice uno, e l’altro gli risponde: “Mia nonna -montanara- avrebbe detto zitto e cammina”. Saggezza delle nonne.
La domanda “quando finirà” è in molti casi inutile e fuorviante. Ha senso farsela se sei dal dentista e lui ti sta trapanando un dente; ma se sei nel bel mezzo di una crisi economica, o esistenziale, la risposta rischia di essere vaga e scoraggiante. “Vedrai, passerà… Prima o poi passerà…” Sì, ma quando sarà “poi”?
Meglio non pensarci. Meglio camminare e, se la salita non ti taglia le gambe, meglio godersi la camminata guardandosi intorno.
Perché passo dopo passo si arriva sempre da qualche parte. E, soprattutto, passo dopo passo sei comunque da qualche parte. Ci sei. Vivi. Forse non era il luogo sperato, immaginato, atteso. Ma fai quello che puoi, davvero. E continua a camminare, un passo via l’altro, senza chiederti quando finirà. Ricordo una camminata in montagna (ma non ricordo se l’ho già citata qui). Avevo passato la prima ora a chiedermi chi me l’avesse fatto fare; a borbottare tra me e me, recalcitrante; a lamentarmi dello zaino pesante, della salita, della fatica. I camosci saltavano quasi sotto il mio naso, ma io stavo sempre guardando da un’altra parte. Poi a un certo punto mi sono zittita. Non l’ho deciso, è successo. Concentrata sul respiro e sul passo regolare per sopravvivere a quella salita, a un certo punto mi sono accorta che vedevo i camosci, che avevo “rotto il fiato” e quindi ero meno affaticata, che oltre al sole battente c’era anche un’arietta piacevole, e che ero contenta.
Alla fine, “zitto e cammina”, rimane pur sempre un’ottima strategia.
Franca

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