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“Zefiri sereni”

E mi ritrovo ancora là,
su quella panchina vuota
dove un tempo avevo consumato il tempo
a cercar le stelle d
’una notte di nebbia
Ancora là ad aspettare quel vento dell’est a scompigliarmi i capelli come un miracolo divino
Occhi vuoti sull’orizzonte dove cala il sole
mani nelle mani a lucidare quegli ori incastrati alla carne da sempre e accanto una valigia piena di ricordi da colmare gli occhi
Strade deserte e foglie svolazzanti accartocciate agli angoli del marciapiede
scricchiolano tra loro rompendo il silenzio.
Mai nessuno ode quel grido di dolore
camuffato dentro un foulard di seta colorata
a coprir la bocca
e nessuno saprà mai cos’è l’attesa
se non ha mai avuto qualcuno da aspettare
E’ come una morsa che ti stringe il cuore fino a cancellarne il battito e allora annaspi e ti dibatti
come ti trovassi quasi in fondo al mare
e t’agiti senza forma alcuna aggrappandoti ad ogni spigolo di speranza per risalir la china
Non c’è posto migliore che la notte
per raccogliere i pensieri, essi perpetuando da una parte all’altra dei muri delle case
disegnano ombre dai contorni scuciti e dalle forme indefinite, complice uno spicchio di luna
Arriverà il giorno e chissà se zefiri sereni
s’infrangeranno sul viso …io ancora là su quella panchina dai colori ormai smunti
solo allora riconoscerò il rumore dei tuoi passi
farsi spazio nel mio cuore
Rosa Leone

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