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WITTY

Witty era il soprannome, una versione di Willy e poi di Billy ma il vero nome all’anagrafe era naturalmente William: il cognome di questo temerario soldato non è dato sapersi e del resto sarebbe del tutto ininfluente ai fini di questa storia.


Basti per tutti sapere che l’appellativo Witty, in inglese, significa curioso, arguto e in effetti lui lo era davvero oltre che coraggioso. Wit si era arruolato per fuggire dal suo paese nel Maryland e voleva arrivare al fronte. Di quale guerra non è importante segnalare, essendo le guerre tutte uguali per chi se ne sta lontano in poltrona e invece un inferno per chi se ne sta nel mezzo.


E witty era uno di questi. Audace, piccolo e agile a lui era sempre affidato il compito più arduo; andare in avanscoperta per sondare il terreno a favore della sesta compagnia alla quale apparteneva; con o senza fuoco di copertura lui avanzava sul terreno per primo ed era già stato ferito più volte. Adorato dai suoi compagni non voleva rinunciare ad alcuna missione che lo aveva reso famoso nella sua compagnia e nelle trasmissioni radio militari che lo osannavano…


Ma la vera ragione che spingeva Wit verso il pericolo e la morte non era certo un’effimera notorietà. La vera ragione era che più si avvicinava e andava incontro al pericolo più si sentiva vivo; questo si racchiudeva nel suo cuore.


E paradossalmente, il fatto di sentirsi vivo solo sul punto di essere ucciso, contrariamente al coraggio estremo che rifletteva nei suoi compagni, nascondeva invece un contorto e mascherato egoismo, l’egoismo di chi è tanto e a tal punto legato e geloso della propria vita che può permettersi anche di gettarla via. Ma come per tutti, prima o poi, giunge il momento di togliere la maschera e trovarsi di fronte a se stessi….. e per Wit, ovvero William il giorno lo attendeva.

Una missione con un elevato grado di rischio: la compagnia era acquattata dietro gli alberi, a cento metri da loro un edificio bombardato da prendere. Apparentemente abbandonato dal nemico ma col terrore che alcuni cecchini fossero appostati al suo interno…. quelle finestre e sottostanti feritoie facevano paura. Tra loro e i cento metri che li separavano da quelle finestre solo un muretto a metà strada: Wit si offrì di precederli, di verificare se vi fossero nemici all’interno e dietro quelle finestre. 50 metri per raggiungere il muretto di riparo zizzagando basso ma se davvero ci fosse stato un nemico Wit era un bersaglio facile, significava morte certa. Giunse veloce a 20 metri dal muretto ma sapeva di essere ancora esposto. A dieci metri il muretto di riparo era vicino ma la testa era visibile da una di quelle finestre.
Allora capì… o non vi era nessuno oppure quel cecchino stava aspettando fino all’ultimo.

Se così fosse stato era di un cinismo unico, significava illudere Wit di essere a un passo dal riparo e poi sparagli dritto in testa. L’elmetto non sarebbe servito a nulla in caso mirasse tra gli occhi e capì davvero che le cose sarebbero andate in questo modo. Wit ebbe davvero paura, avrebbe voluto essere a casa, nella sua piccola casa di Baltimora, nel suo amato Maryland.

Le gambe gli tremavano come fosse un bambino. Dimenticò il suo coraggio, i suoi compagni, la guerra, le bombe, come un bimbo sentiva i brividi di paura, sentì i pantaloni bagnati; se l’era fatta nei pantaloni, aspettava solo di sentire lo sparo, il fuoco partire dalla finestra. Poi una frazione di secondo in cui guardò in terra: sabbia, ciottoli, vetri e il foglio strappato di una rivista. Vi era fotografata una splendida ragazza bionda sdraiata su un barcone; si chinò a raccoglierla in un lampo.

In quel momento il cecchino aprì il fuoco ma ormai era al riparo rannicchiato contro il muro. Si tolse l’elmetto con una mano, era stato colpito di striscio. Con l’altra mano teneva tra le dita l’immagine di quella ragazza. Non l’avrebbe più lasciata per tutta la vita. Avrebbe in seguito conosciuto donne ma nessuna come lei. Una donna che non conobbe mai, della quale non avrebbe mai sentito la voce ma che avrebbe amato per sempre. Una donna a cui avrebbe dato la vita; la vita che lei gli aveva salvato.
Enrico Savoldi

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