Carlo Gnocchi (San Colombano al Lambro, 25 ottobre 1902 – Milano, 28 febbraio 1956) è stato un presbitero, educatore, attivista e scrittore italiano. È stato beatificato da papa Benedetto XVI nel 2009. Fu cappellano militare degli alpini durante la Seconda guerra mondiale e, a seguito della tragica esperienza della guerra, si adoperò ad alleviare le piaghe di sofferenza e di miseria create da quest’ultima.
Biografia
«Un volto, uno sguardo che viene da lontano: l’amore per i giovani, la passione educativa, lo slancio di un lungo e mai finito cammino, tra i sentieri della guerra, nei silenzi smarriti della terra russa, l’affetto tenero ed appassionato per i suoi mutilatini»
(Carlo Maria Martini, prefazione agli Scritti di don Carlo Gnocchi)
«Due miei figli li hai già presi, Signore.
Il terzo te l’offro io, perché tu lo benedica e lo conservi sempre al tuo servizio»
(Clementina Pasta, madre di don Gnocchi)
Il Beato Carlo Gnocchi nacque da Enrico e Clementina Pasta, sarta. Ultimo di tre fratelli, perse il padre nel 1907, all’età di 5 anni, a causa della silicosi, malattia causatagli dal lavoro insalubre di marmista.Trasferitosi a Milano con la famiglia, perse in pochi anni i due fratelli, Mario, nel 1908, ed Andrea, nel 1915, a causa della tubercolosi. Carlo crebbe in un ambiente molto devoto e fervente, e l’assidua frequentazione alle funzioni, nel paese di Montesiro, frazione di Besana in Brianza, dove spesso si trasferì da parenti a causa della salute cagionevole, lo avvicinò a don Luigi Ghezzi, coadiutore, che lo affiancò nella scelta di entrare in seminario.
Venne ordinato sacerdote nel 1925, dall’Arcivescovo di Milano, Eugenio Tosi, e lo stesso anno celebrò la sua prima messa a Montesiro.
«Com’è bella li giocare con la neve
quando è pulita e bianca.
Anche Gesù gioca volentieri
con le anime dei bimbi
quando sono bianche e pulite;
ma se diventano sporche
a Gesù non piacciono più…»
(Carlo Gnocchi)
La passione primaria di Carlo Gnocchi, fin dai primi anni di sacerdozio, fu la crescita e l’educazione dei giovani avvicinatisi alla chiesa e all’oratorio. Affidato prima alla parrocchia di Cernusco sul Naviglio e, nel 1926, alla popolosa San Pietro in Sala di Milano, protrasse per anni la sua vocazione, creando un profondo legame con i suoi parrocchiani. La fama di educatore giunse al cardinale arcivescovo di Milano, Alfredo Ildefonso Schuster che, nel 1936, lo nominò direttore spirituale del prestigioso Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane.
La guerra
«In quei giorni fatali posso dire di aver visto finalmente l’uomo. L’uomo nudo; completamente spogliato, per la violenza degli eventi troppo più grandi di lui, da ogni ritegno e convenzione, in totale balìa degli istinti più elementari emersi dalle profondità dell’essere.»
(Carlo Gnocchi, “Cristo con gli Alpini”)
Nel 1939 morì la madre, a cui era molto legato.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, don Gnocchi partì volontario nel Battaglione alpini “Val Tagliamento”, destinato al fronte greco/albanese. Terminata la campagna dei Balcani nel 1941, nel 1942 Carlo Gnocchi, con il grado di tenente, ripartì per il fronte russo, a seguito della Divisione alpina “Tridentina”, dove partecipò in veste di cappellano alla Battaglia di Nikolaevka. Sopravvissuto al conflitto, raccolse dai feriti e dai malati le loro ultime volontà, che lo porteranno, al rientro in patria, ad un viaggio per la penisola, messaggero tra le famiglie degli scomparsi. Andò tra le valli alpine a trovare i parenti dei commilitoni caduti. Entrato a far parte dell’O.S.C.A.R., aiutò ebrei e prigionieri alleati scappati in Svizzera. Scrisse articoli sulla rivista clandestina Il Ribelle e sul quotidiano diocesano L’Italia. Fu rinchiuso più di una volta nel carcere di San Vittore, ma ottenne la liberazione grazie all’intervento dell’arcivescovo di Milano, Ildefonso Schuster. In quegli anni nacque l’idea di creare un centro caritatevole che potesse seguire le vittime di questa guerra, che si sviluppò in futuro con la nascita della Pro Juventute.
Il dopoguerra
“Sogno, dopo la guerra, di potermi dedicare a un’opera di Carità, quale che sia, o meglio quale Dio me la vorrà indicare”.
La drammatica esperienza della ritirata di Russia, vissuta come cappellano militare sempre presente sul fronte, maturò in don Gnocchi l’idea ed il fulcro della sua missione di carità: assistere le vittime della guerra, nella ricerca del riscatto del loro “dolore innocente”.
Nel 1945 don Gnocchi venne nominato direttore dell’”Istituto Grandi Invalidi” di Arosio, accogliendo così i primi orfani e mutilati di guerra. Nel 1948 fondò la “Fondazione Pro Infanzia Mutilata”, riconosciuta l’anno seguente con decreto del Presidente della Repubblica Italiana. Lo stesso anno il Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, nominò don Gnocchi consulente alla Presidenza del Consiglio per i mutilatini di guerra. Nel 1951 la Fondazione venne sciolta, ed ogni bene e struttura vennero donati alla neonata “Fondazione Pro Juventute”
«Grazie di tutto…»
(Ultime parole di Carlo Gnocchi)
«… Altri potrà servirli meglio ch’io non abbia saputo e potuto fare; nessun altro, forse, amarli più ch’io non abbia fatto.»
(Tratto dal Testamento di Don Carlo Gnocchi)
Morì il 28 febbraio 1956, dopo alcune crisi, verso le 18:45 con un crocifisso fra le mani, donatogli dalla madre anni prima e voluto fortemente da don Gnocchi in quelle ultime ore. La metastasi del tumore che l’aveva colpito aveva raggiunto lo scheletro e l’apparato respiratorio.
Morendo fece dono delle sue cornee a due giovani ciechi, ospiti della sua fondazione, Silvio Colagrande e Amabile Battistello. La donazione, allora non ancora normata, venne eseguita da Cesare Galeazzi. Lo scalpore che suscitò nell’opinione pubblica accelerò il dibattito in materia, con la promulgazione a breve del D.L. n. 235 del 3 aprile 1957. Il suo esecutore testamentario sarà il suo amico don Giovanni Barbareschi.
Dopo circa trent’anni di permanenza nel Cimitero Monumentale di Milano, oggi la salma di Don Gnocchi è esposta sotto l’altare dell’omonimo Santuario, nel quartiere di San Siro di Milano.
Fonte: Wikipedia