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UN’AMICA DI NOME ANNA FRANK

dicembre 1937


Caro diario,
la mia vita continua ad andare abbastanza bene ma purtroppo per alcune persone sta diventando sempre più difficile. Tra queste persone c’è anche la mia amica Anna della quale ho scoperto da poco che è ebrea, ma questo non cambia la nostra amicizia perché io le voglio bene ugualmente e la sua “razza” non è diversa dalla mia, quindi perché non potremmo essere amiche?
La mia amicizia con Anna è fantastica, siamo praticamente migliori amiche, le voglio un mondo di bene e non vorrei mai che le succedesse qualcosa di brutto. Non ricordo se ti ho mai raccontato come ci siamo incontrate la prima volta, in caso non lo avessi fatto te lo racconto ora: era il primo giorno di scuola, pioveva e il cielo era scuro a causa delle nuvole che lo ricoprivano, stavo per entrare nell’edificio quando per sbaglio mi sono scontrata con un’altra ragazza facendo cadere sia i suoi che i miei libri, che tenevamo tra le braccia, a terra. Subito ci scusammo e recuperammo i libri, le chiesi il suo nome perché non l’avevo mai notata prima e mi sembrava simpatica e volevo conoscerla. Mi disse, quasi in un sussurro, che si chiamava Anna, allora io le sorrisi d’incoraggiamento e le dissi il mio nome e lei mi sorrise debolmente. Scoprii subito dopo che stava nella mia stessa classe e che era da poco arrivata in quella città, subito pensai che fosse per quello che non l’avevo mai vista prima.
Ero l’unica che conosceva un poco e quindi iniziammo a fare compiti, ricerche insieme e ogni tanto la invitavo a casa mia. E da quel giorno siamo diventate inseparabili, siamo diventate la classica coppia di migliori amiche che non possono vivere un giorno senza vedersi. Questo è successo circa 3 mesi fa ed ora siamo più unite che mai ma sento che sta succedendo qualcosa, qualcosa di brutto al “popolo” di Anna e ad Anna stessa, ho paura di quello che le possa succedere, ho paura che non potrò rivederla più.

Marzo 1938


Caro diario,
ho da poco festeggiato il mio compleanno con una piccola festa a casa con la mia famiglia ma questo non è importante ora, la cosa importante è questa: la vita di Anna è in pericolo come tutte quelle della sua “razza”. Come ti ho scritto in questi ultimi giorni, la situazione per gli ebrei sta peggiorando notevolmente ed ho molta paura di quello che possa succedergli. Io ed Anna stavamo insieme per la maggior parte del tempo ma questo purtroppo non accadde più: ci vedevamo pochissimo alle lezioni e i suoi sguardi erano quasi sempre senza espressione, senza emozione invece i miei erano abbastanza felici per il fatto che vedevo la mia migliore amica ma avevano anche un velo di preoccupazione e tristezza. Quelle poche volte che la incontravo tra i corridoi e provavo a parlarle lei si inventava la scusa di dover andare in bagno oppure che doveva scappare a casa e molte volte non la vedevo proprio a scuola.
Quel “molte volte” si trasformò in “non viene più a scuola”, non la vedo più, sembra scomparsa e questo mi preoccupa moltissimo. Ho provato decine di volte a bussare a casa sua ma ricevevo solo parole scombussolate che dicevano che non potevo stare qui perché era pericoloso… – pericoloso? Perché mai? La risposta a queste domande arrivò quando tornai a casa dopo una lunga giornata a scuola e mia mamma mi disse che erano state emanate le cosiddette “leggi razziali” che diedero vita a persecuzioni e discriminazioni contro la “razza” degli ebrei. Ebrei… Anna è ebrea, pensai. Da lì tutto fu più chiaro: mi stava “evitando” perché voleva proteggermi, perché non voleva che quello che potrebbe succedere a lei succedesse a me. Ma a me non interessa che rischi potrei correre, voglio aiutarla. Cosi andai a casa sua e non ascoltai le voci che mi dicevano di andarmene e mi fiondai in casa verso la camera di Anna trovando la lì, seduta in terra con le gambe contro il petto circondate dalle braccia e la testa poggiata sopra di esse, stava piangendo. Andai da lei e cercai di consolarla e le dissi che andrà tutto bene e a questa affermazione scoppiò a piangere ancora di più perché sapeva che fine avrebbe fatto. Quando, dopo un po’ di minuti, si asciugò l’ultima lacrima si sedette sul letto seguita da me e iniziammo a parlare. Mi disse che non poteva uscire di casa perché se l’avessero riconosciuta avrebbero portato lei e la sua famiglia in “posti bruttissimi”, definiti da lei così. Io la rassicurai e le dissi che su di me poteva contare, che poteva venire da me quando voleva ma lei non sembrava d’accordo perché disse subito che se l’avesse fatto avrebbe messo me e la mia famiglia in pericolo. Annuii piano a quella sua affermazione anche se io volevo aiutarla a tutti i costi. Si fece sera, dovevo tornare a casa, io e Anna ci abbracciammo cosi forte da farci uscire delle lacrime per la commozione sapendo che quello potrebbe essere il nostro ultimo abbraccio. Ci salutammo e ci dicemmo quanto ci volevamo bene e con le lacrime agli occhi me ne andai. Arrivata a casa abbracciai forte i miei genitori che mi guardarono con aria triste perché anche loro sapevano tutto, mi rinchiusi in camera e iniziai a piangere.

Sei anni dopo… Settembre 1944/45


Caro diario, come già sai, l’ultima volta che ho visto Anna è stata in camera sua, quando ci siamo scambiate l’ultimo saluto. Da poco ho scoperto che, 2 mesi fa, Anna e la sua famiglia vennero portati via da dei soldati nazisti che fecero irruzione in casa sua. Non ho più avuto sue notizie: non so dove sia, non so se stia bene, non so se è ancora viva, non so nulla e ho paura, ho paura che le stiano succedendo cose bruttissime.

Caro diario, è passato quasi un anno dall’ultima volta che ti ho scritto, non ho avuto le forze dopo aver saputo che Anna fosse stata portata via. Beh, sono qui per scriverti che le persecuzioni sono terminate e che i soldati russi hanno liberato i campi di concentramento e tutte le persone ancora vive al loro interno. Tra loro c’è pure il papà di Anna e questo mi ha reso molto felice ma purtroppo tra loro non c’è Anna… Il padre di Anna venne da me per darmi una notizia devastante: Anna non ce l’aveva fatta, non era riuscita a superare le “prove” a cui erano sottoposti, Anna era morta. Non riuscivo a crederci e l’unica cosa che ho potuto fare è stato piangere tra le braccia di suo papà e poco dopo lui fece lo stesso ricordando l’immagine di sua figlia. Perdere la propria migliore amica è come perdere una parte di te, e se la perdi ti senti viva a metà ed è così che mi sento io ora, mi sento morta per metà. Ho perso la mia migliore amica, una delle persone più importanti della mia vita, il mio posto sicuro, la mia casa.


Ilaria Boffetti

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