Intervista alla voce storica dei Pooh 29/11/2011 Ponte San Pietro- Ospite d’onore: Roby Facchinetti, voce storica dei Pooh. Il CAG (centro di aggregazione giovanile) di Ponte San Pietro accoglie il celebre cantante presso la sua sede, denominata “Ufo”. La piccola sala è colma di gente, macchine fotografiche e sguardi curiosi ed impazienti. Giovani ed adulti. I primi, carichi di aspettative e speranze future, esplodono dal desiderio di emergere, “fare carriera”. Musicisti fiduciosi che attendono le parole di colui che, il successo l’ha già conosciuto. Il via è alle diciassette e trenta.Una commissione schierata formata da otto persone in cui al centro siede lui, l’ospite. Alla sua destra il sindaco del paese, Valerio Baraldi a cui si affiancano rappresentanti comunali e gestori dell’Atelier di Ponte San Pietro. Davanti a loro la platea, gli spettatori, la folla. A rompere il ghiaccio è una domanda di Cinzia, che apre l’intervista. Seguono una decina di quesiti a cui si alternano le articolate risposte del cantante e i rumorosi applausi di consensi ed emozioni con cui il pubblico riscalda l’atmosfera. Il tutto incorniciato da immagini e video di concerti che scorrono continue sulla parete bianca. Gli viene chiesto come è riuscito a trasformare del primordiale talento in successo universale. Come si fa? Quali sono le strategie? La musica deve essere accompagnata da interesse, volontà. ”Se siete al cinema e non vedete l’ora di tornare a casa per suonare il vostro strumento, per riascoltare il vostro pezzo.. questa si che è passione, se no lasciate perdere!”; sono queste le parole con cui Facchinetti risponde. Il pubblico necessita di sapere, apprendere quali sono i mezzi, gli ingredienti per “diventare qualcuno”. Un fine piuttosto aspirato nell’attuale società. Ci si interroga sui metodi per comporre una buona canzone, ma la risposta è complessa. ”Certe canzoni decidono loro quando e come nascere”, afferma il membro dei Pooh. Una concezione simile a quella dell’autore della cappella Sistina, il quale riteneva che l’opera d’arte fosse già nel marmo: spetta all’artista togliere il superfluo e far emergere la figura. Così come Michelangelo crede nell’arte, Roberto Facchinetti esalta la musica. La musica ci permette di ascoltare, e questo è un bene nella società di oggi in cui siamo frastornati dal rumore. Ci rimbombano le orecchie.Ci scoppia la testa. L’intervista pian piano si distacca dalle domande, prendendo forma nelle parole dell’ospite come un discorso più ampio e generalizzato. Prescrizioni morali in cui i giovani vengono invitati ad “aggiustare”il mondo che i grandi hanno e stanno rovinando.Considerazioni sociali in cui viene ammonito l’aspetto virtuale, non reale. Secondo Facchinetti i ragazzi passano troppo tempo davanti a un monitor. Manca l’amichevole “pacca sulla spalla”. Quel contatto fisico, affettuoso e rassicurante, di cui tutti abbiamo bisogno. Al termine delle domande, un secondo momento. Due video di giovani aspiranti musicisti vengono proiettati. Facchinetti segue le clip musicali e giudica positivamente l’entusiasmo e il prodotto di questi gruppi di artisti, con cui parla cordialmente. Il momento finale non poteva non chiudersi con le parole del cantante. ”La musica non morirà mai, è vita, migliora la vita.La musica è un dono. Chi fa musica prega due volte.” Un piccolo regalo all’ospite, i ringraziamenti e tutto si dissolve in un lungo ed instancabile applauso. Alice Bolis