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Un momento bianco

Accasciata sul mio letto padovano, osservo la pace attorno a me. I miei cuscini ai piedi del letto, i colori di cui mi sono circondata. Giallo, rosso, verde, azzurro. Colori vivi, scelti per aiutarmi a sorridere anche nei giorni in cui la nebbia impedisce di vedere al di là di qualche metro. L’unica musica è quella della strada che entra dalla porta finestra, la musica del rincorrersi di automobili, biciclette, pedoni ed esseri animati in genere oltre il palazzo vicino. Computer sulle ginocchia, un pomeriggio d’estate. Una di quelle giornate incredibilmente belle. Calde, serene, avvolgenti. Quelle in cui ti perdi a guardare il cielo e ad inseguire le scie lasciate dagli aerei che disegnano arabeschi bianchi sul celeste più perfetto che si possa immaginare. Mi fermo in questa bolla fatta di bianco e colori e respiro. Sospendo ogni pensiero, ogni impegno, ogni prospettiva e mi fermo qui. In questo frammento di presente in cui mi trovo e arraffo una manciata di equilibrio in un tempo che non può essere equilibrato. Non sono a “ieri” quando questa casa era casa mia, in cui ero una studentessa dell’Università degli studi di Padova, in cui la mia vita si snodava tra via del Santo, le aule studio, le piazze e il ghetto, il Verdi e il Pio X, la gelateria Romana e le passeggiate lungo gli argini. Non sono a “domani” quando casa sarà di nuovo, sebbene soltanto per qualche mese, un posto solo, in cui il mio rifugio tornerà ad essere la mia stanza con il soffitto color cielo, il mio risveglio le colline e le montagne in lontananza, la mia preoccupazione fare la gimcana tra le indicazioni ostinate dei miei genitori e la mia attitudine all’indipendenza. Sospesa tra la bellezza di una sfida ancora del tutto oscura da intraprendere e la malinconia di cui soltanto i congedi sono capaci. Non è quello che mancherà, non è quello che sarà. È adesso e il suo essere così un momento bianco. Un momento bianco in cui ancora tutto è da scrivere, ma che mi permette di esitare un momento prima di appoggiare la penna sul foglio. Ora fuori passerà qualcuno urlando, oppure la vicina di casa accenderà la televisione e tornerà tutto normale. Torneranno le incombenze, gli impegni ancora da rincorrere, le scadenze burocratiche da agguantare. Torneranno le ricerche, le uscite, i colloqui, perché in verità di cose da fare ce ne sono ancora parecchie, prima tra tutte una bella discussione. Quello che finisce è il mio tempo stabilmente qui. Quello che finisce è il mio tempo di chiamare casa questo piccolo angolo di mondo. Da mesi mi dico “non voglio, ma se capitasse..”. Ecco, appunto. È capitato. Dunque, facciamoci trovare pronti e appoggiamo la penna sul foglio per iniziare a scriverne il seguito. Pamela

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