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Tensione evolutiva

Inizio subito con una
PAUSA PUBBLICITARIA

A modo tuo, Elisa.
Per mio nipote e per tutti i bambini del mondo.
Impossibile non commuoversi
ascoltando questa canzone.
Video da guardare e testo da sentire col cuore.

Quando andavo alle elementari, quindi torniamo a vent’anni fa, la madre di una bambina che frequentava la mia stessa scuola raccontò alla mia mamma un suo piccolo dolore che ancora ricordo. La maestra aveva assegnato il classico temino: descrivi i tuoi genitori. E la bambina aveva scritto più o meno così: “Io ho solo la mamma, perchè il papà l’ha lasciata e se n’è andato. Sono molto triste perchè non so più con chi andare in bicicletta”. In effetti, la percentuale di genitori divorziati che si possono contare in una classe di 20-22 alunni è ormai sempre più alta, e a parlare di genitori come ai tempi nostri, mamma e papà che vivono insieme, si rischia facilmente di passare per indelicati. A leggere bene quel temino, poi, si capiva anche, senza essere psicologi, che per la bambina la madre era la certezza quotidiana, ma il padre la spensieratezza e il gioco, e quindi quella separazione, come quasi tutte peraltro, sarebbe costata cara allo sviluppo emozionale della mini scrittrice. Mamma ti voglio bene, ma mi serve anche papà.
Mi è tornato alla mente questo episodio leggendo una recente sentenza della Corte d’Appello di Torino, che ha fatto discutere mezza Italia. E interrogare chi, come me, difende i diritti degli omosessuali tutti, però quando ci sono di mezzo bambini da crescere vengono dubbi di difficile soluzione e da maneggiare con grande cura. La storia è quella di due donne, una italiana e una spagnola, che si sono sposate a Barcellona e, con la fecondazione eterologa, cioè rivolgendosi a un donatore, hanno messo al mondo un figlio. In Spagna, dove il matrimonio tra persone dello stesso sesso è legale, il bambino fu quindi registrato all’anagrafe come figlio di “madre A” e di “madre B”. Ma poiché le storie d’amore si assomigliano tutte, anche alle due donne è capitato di lasciarsi e di ottenere il divorzio. La vicenda diventa così più complicata perchè le due, prima dell’addio, avevano stretto un accordo legale sulle “responsabilità genitoriali condivise”, vale a dire che del figlio si sarebbe sempre occupate entrambe, andasse come andasse. E’ andata a rotoli, come abbiamo visto, e la madre che ha messo al mondo il figlio è tornata in Italia, nel suo Paese.
Dove la legge non prevede né fecondazione eterologa, né matrimoni tra gay, né di conseguenza riconoscimenti di figli di gay. Sì, è evidente che non ci distinguiamo per liberalità, e così il caso è finito in tribunale. In primo grado i giudici hanno rifiutato la richiesta di trascrivere l’atto di nascita del bambino con due madri. Ma in Appello, a Torino, la sentenza si è rovesciata ed è stato così disposto che il bambino, anche per l’Italia, risulti figlio di due mamme senza padre, “perchè in tal modo si tutelano gli interessi del minore”, prima di qualunque altra discussione giuridica o moraleggiante che sia. Io dico: che confusione, signori giudici, anzi signore giudici perchè di gentil sesso si trattava in questa Corte, e care mamme anche.
Siamo in Italia, che se ve ne foste dimenticati fa parte dell’Europa, e non abbiamo ancora leggi che regolamentino in maniera comunitaria argomenti così delicati. E c’è ancora di più: la sentenza che fa discutere e divide i pensieri non è stata subito applicata, perchè nonostante venga da un’autorevole Corte, il Comune di Torino ne
avrebbe inviato copia alla Prefettura, per avere un parere dal ministero degli Interni.
Ma allora i giudici possono giudicare, appunto, o devono prima consultarsi con il ministro Alfano? Al pasticcio si aggiunge pasticcio.
Ritengo, come già altre volte ho scritto altrove, sia il Parlamento a dover legiferare, non i giudici a doversi prendere responsabilità più grandi di loro, né Alfano a controllare che le abbiano prese bene. Non so se sia giusto che quel ragazzino abbia due madri “per legge” e nessun padre: mi permetto di dire di no. Ma vorrei che non restasse al mio personale giudizio un argomento così complicato. In questa storia c’è una madre di troppo.
Non nel cuore, certo, ma sulla carta per me sì.

La Jù.
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