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Tempismo: l’arte di cogliere le occasioni

La vita regala sempre opportunità, sta a noi coglierle al momento giusto: ecco una breve guida per imparare a farlo…subito! Il segreto? La consapevolezza.

L’occasione da prendere al volo, il treno che non passa due volte, l’attimo che fugge, il ferro da battere finché è caldo. Il linguaggio è ricco di espressioni che fanno riferimento all’importanza dell’essere lucidi e decisi nei momenti che contano, quelli che possono cambiare le cose e spingere verso la riuscita o il fallimento, la f elicità o l’infelicità, l’integrazione o la solitudine. La coscienza collettiva, insomma, sa da sempre che il tempo non è tutto uguale: ogni tanto si aprono delle “porte”, cioè si creano condizioni particolari ma transitorie, nelle quali, agendo subito e nel modo giusto, è possibile far andare le cose nella direzione desiderata o aprire nuove possibilità. Ma, proprio perché transitorie, richiedono una qualità particolare di attenzione: il tempismo. Una qualità non comune, che qualcuno si ritrova come dono naturale e qualcun altro proprio non sa che cosa sia. O che alcuni posseggono in qualche ambito mentre in altri no. E la differenza si vede, perché quando il tempismo manca, tutto è più faticoso, scarso di risultati, verrebbe da dire: “più sfortunato”. Ma non mai è la fortuna che manca, bensì l’azione giusta nel momento giusto.

I tre lati della decisione giusta
Nel famosissimo fi m “Amici miei”, quando uno dei cinque amici coglie al volo un’occasione per inventare uno scherzo prodigioso, la voce fuori campo dice: “Che cos’è il genio? Colpo d’occhio, improvvisazione e velocità d’esecuzione”. Ebbene, se cambiamo la parola genio con tempismo (che pure sono “parenti”), e la trasferiamo su cose ben più importanti degli scherzi goliardici, vediamo che la definizione calza perfettamente. Colpo d’occhio significa essere desti e capaci di analizzare subito la situazione: capire che essa costituisce un momento unico, che forse non si ripresenterà, nel quale si può “piazzare il colpo” e cambiare lo scenario. Improvvisazione non significa, ovviamente, essere improvvidi, cioè impreparati, ma usare con prontezza la propria creatività: c’è qualcosa da fare che non ci si aspettava di fare, e perciò bisogna trovare soluzioni sul momento. Velocità d’esecuzione significa che, in quel momento, proprio non si può temporeggiare: serve un’azione decisa, penetrante, completa.

Il vero freno? L’idea di noi stessi.
Ma se il tempismo a volte si manifesta come un talento naturale, in molti casi può essere sviluppato. La mancanza di tempismo – o addirittura un tempismo negativo, cioè la strana abilità di fare le cose giuste nel momento sbagliato – dipende da due fattori che possono essere modificati.
Il primo è una concezione di se stessi alterata e parziale: ci si sente intimamente sfortunati, inadeguati , sfiduciati nelle proprie possibilità; non si concepisce neanche da lontano l’idea di poter azzeccare una serie di mosse vincenti, perché il personaggio che si è creato nella propria mente (e spesso in quella di chi c’è intorno) è quello di chi o non ce la fa oppure, se ce la fa, deve fare il decuplo della fatica. Il secondo fattore è un modo sbagliato di affrontare la realtà e di stare nel tempo: c’è chi delega ad altri, chi si aspetta che certe cose accadano da sole, chi analizza troppo, chi è pieno di dubbi, chi chiede troppi consigli, chi non comprende il momento. In ogni caso non è pronto.

Diventare più tempisti si può
Sviluppare tempismo significa rinnovare la propria personalità. Innanzitutto è necessario rinunciare a tutta la “chincaglieria psichica” fatta di lamenti, rimpianti, rimorsi e giustificazioni del perché le cose non vanno. Una tale rinuncia libera la mente e la fa essere più lucida, in grado di vedere le possibilità di cambiamento quando ci sono effettivamente, e non quando non ci sono o sono fasulle. Solo così si può lasciar spazio alla componente intuitiva indispensabile per capire che quell’attimo è quello buono. Ma è soprattutto sulla concezione di sé che si deve agire: per sfruttare le occasioni che passano bisogna comprendere che la nostra storia personale, per essere “nostra”, non può essere solo una risultante accidentale di quel che accade (qualcosa va bene, qualcosa va male) ma deve vederci protagonisti attivi, ben calati nell’ambiente in cui viviamo, come quegli animali predatori che sanno perfettamente che, se non colgono il momento giusto in cui scattare, quel giorno – e forse anche per quelli dopo – non mangeranno.

Smonta i soliti pregiudizi
Spesso non si colgono le occasioni perché non ci si accorge nemmeno che ci sono. Siamo “troppo dentro” le cose che viviamo e non vediamo il processo nel suo insieme. Vediamo l’albero e non la foresta. Cerchiamo invece di avere una visione ampia di quel che ci succede, provando ad esempio a chiederci ogni tanto, di fronte a una situazione: “Cosa ne penserebbe il mio miglior amico? E il mio professore preferito del liceo? E il mio eroe preferito dei fumetti?”. È un gioco semplice che aiuta a togliersi i paraocchi.

No al sentimentalismo
In fatto di pregiudizi, il nemico numero uno è il sentimentalismo, che non c’entra coi sentimenti o con le emozioni, ma è piuttosto un’idea della mente secondo cui “bisogna sempre essere buoni e ascoltare il cuore”. Peccato che se “devo” provare un’emozione significa che quell’emozione non èspontanea, quindi è falsa.
La falsa bontà è uno dei paraocchi più potenti, ci impedisce di cogliere le nostre emozioni più vere, le nasconde e ci impone di dare di noi un’immagine edulcorata e artificiale. La condizione ideale per perdere tutte le buone occasioni che ci capitano.

Più consapevolezza di te
Se manchi di prontezza e ti ritrovi sempre “fuori tempo”, fatti questa domanda: “C’è forse una parte di me che vuole boicottare le occasioni per non mettersi veramente in gioco? Forse non voglio assumermi le responsabilità di una riuscita o di un successo? Cosa ottengo perdendo le occasioni, quale parte di me è soddisfatta?”. Non serve giudicarsi e combattersi, occorre piuttosto aumentare la consapevolezza di sé per capire quel che si vuole e se lo si vuole davvero.
Chiara

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