Dilagano esponenzialmente i casi di violenza soprattutto nei confronti delle donne ma anche nei confronti dei ragazzi e dei bambini.
Da un’indagine emerge che i giovani sembrano avere un rapporto alquanto discutibile con questo problema. Mentre l’80% considera le forme di violenza verbali o di coercizione come comportamenti frequenti e quasi inevitabili, il 40% se ne sente vittima ma non la considera violenza vera e propria e almeno il 30% di studenti maschi conosce vittime di rapporti sessuali non consenzienti. Questi esempi sono la prova che la percezione della violenza non è così scontata come si potrebbe credere e quella delle molestie, fatta da scritte sui muri, barzellette e telefonate oscene, non è neanche riconosciuta come tale. Infine, ancor peggio, la gelosia per i giovani, in linea tra l’altro con molti altri, giustificherebbe maltrattamenti.
Insomma i giovani, rispettano in tutto e per tutto lo stereotipo che ci viene offerto giornalmente dalla tv spazzatura e dai comportamenti di troppi adulti”. Mentre ciò che serve ai giovani sono proprio modelli di coerenza e forme di educazione relazionale emotiva che soprattutto le famiglie, insieme alla scuola, possono e devono dare.
La scuola non può far finta di niente e non può ignorare questo terribile strumento che domina le case e con la sua ricchezza comunicativa ha occupato quasi il posto del capofamiglia.
La scuola può fare molto per fronteggiare il dilagare dei falsi eroi che l’attuale società ci trasmette. Quelli furbi, quelli duri, che in un giovane gruppo malato d’ignorante solitudine diventano coloro che incendiano un cassonetto o rubano a scuola ai compagni, che imbrattano muri con scritte oscene o con ingiustificate frasi d’amore o peggio con simboli nazisti senza conoscerne il vero significato. Eroi che vanno allo stadio per scatenare piccole guerre, che distruggono cose solo per il piacere di farlo o eroine che buttano via il loro corpo facendo abuso di alcool o prostituendosi senza saperlo. La scuola non può e non deve arrendersi e continuare a perseguire un fine sempre più importante.
Quello di insegnare che eroe è chi dà un senso alla propria esistenza con i suoi progetti, le sue passioni, il suo impegno e la sua etica.
Chi, nella sua apparente normalità, costruisce la sua identità, con personalità, con coerenza e principi difesi, quelli sì, con eroismo che, soprattutto nell’essere giovane, non ammettono compromessi e ingiustizie. Ecco perché adulti e soprattutto docenti devono essere un esempio con i loro comportamenti, la loro etica e i loro principi.
La comunità di facebook, in realtà, non ci connette come dice di fare perché siamo noi a decidere quando collegarci con gli altri e quando staccarci e decidiamo di avere finito. Quindi la connessione e la disconnessione avviene senza interagire realmente e simultaneamente con l’altro, senza sentirci responsabili gli uni con gli altri.
Invece ci vuole ben altro. Come dice un proverbio africano “Ci vuole un villaggio per crescere un bambino!” e i nostri giovani, oggi più che mai hanno bisogno di noi.
Gianluca Boffetti