I pazienti, ovviamente, non sono tutti uguali: ce ne sono alcuni che finisci con l’amare più di altri. V. è uno di questi. Ultimamente è più spesso triste, di una tristezza dolce e malinconica, riservata. Seduto sulla sua sedia a rotelle, sta spesso in fondo al corridoio del reparto, davanti a una grande finestra, e guarda fuori.
Anche oggi lo trovo lì. Mi siedo sul gradino accanto a lui. Mi sorride, col suo sorriso triste. Parliamo un po’ e alla fine lui mi dice che fra un mese il figlio si laureerà.
“Che bello, sarà orgoglioso!” Abbassa lo sguardo. “Sì, ma non pensavo di andarci così. Non pensavo che potesse andare così la mia vita…”
Già. Non lo pensiamo mai. E il percorso di adattamento è sempre tutto in salita.
Lascio V. davanti alla sua finestra e torno sui miei passi, ma è difficile lasciar lì il suo sguardo. Ogni tanto torna a far capolino durante la giornata, mi accompagna, in rappresentanza di tanti altri sguardi suoi compagni di viaggio.
In auto, tornando a casa, mi lascio avvolgere dalla bellezza delle note dell’Estro Armonico di Vivaldi, dalla bellezza dei rami spogli che disegnano forme nel cielo, altra forma di armonia.Mi tengo in equilibrio, grata.
Vi porto con me, sguardi. Con voi guardo la vita, cercando bellezza e armonia.
E stasera, anche un po’ di leggerezza.
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