Siamo scolpiti dalla vita: non è facile accettare l’opera che compie con noi: spesso ci aggrappiamo a ciò che ci viene sfilato, lentamente o violentemente, resistendo fino all’impossibile.
Non ci arrendiamo, anche quando dovremmo.
La vita va di scalpello, leva materia, smussa… Piega i nostri desideri, le nostre aspettative, i progetti. Non penso certo che faccia ciò con una qualche forma di volontà o fine. Semplicemente accade. Il resto del lavoro è nostro: far sì che quei tagli, quelle ferite si compongano in una forma, la nostra.
Ascolto questa donna che non vuole mollare, ostinata, ciò che -di fatto- le causa più dolore che benessere. Paga un prezzo molto alto per questo, interessi esorbitanti per un capitale minimo.
Spesso facciamo investimenti sbagliati: mettiamo energie dove dovremmo toglierle, e non ne mettiamo là dove avrebbe più senso metterne.
Come recita la preghiera di Tommaso Moro: “Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare e la saggezza per cogliere la differenza.” Mica facile capire quando arrendersi.
Eppure, a volte, è l’unica strada possibile e costruttiva. Accettare che la vita ti sta portando su strade che non avevi nessuna intenzione di percorrere, ma che non puoi evitare. Arrendersi significa camminare su quella strada non desiderata ma obbligata, e da lì fare il possibile.
Arrendersi vuol dire smettere di pestare i piedi per terra, arrabbiati o tristi che si sia.
Arrendersi è un accadimento interiore, un dir di sì alla vita per come è e non per come vorremmo che fosse. Da lì parte il cammino.
sguardiepercorsi
