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SALTÀ I FÒSS PER ÈL LONCH

Il Vaso Reale che attraversa Montichiari è comunemente chiamato “èl fòss”. Da anni la sua acqua non viene più usata, anzi, spesso non ne scorre proprio e nel suo letto vuoto si scorgono rifiuti di vario genere buttati senza alcun rispetto da incivili. Una volta l’acqua del fosso, essendo pulita, veniva utilizzata per irrigare i campi che attraversava, ma non solo: ai lavatoi, sia in borgo sopra che in borgo sotto, era preziosa per lavare la biancheria dalle donne che, inginocchiate nella cassetta di legno, faticavano molto per risciacquare anche lenzuola e coperte pesanti, aiutandosi spesso in coppia per strizzarle un po’( centrifuga a mano) prima di riporle nei secchi o in grandi bacinelle e tornare a casa per stenderle in cortile, al filo di ferro appeso tra due muri esterni, con una pertica di legno ad alzarlo in mezzo, per non far toccare in terra ciò che di più lungo era steso. D’estate nel fosso i più piccoli, mentre la mamma lavava appunto la biancheria, ma i più grandi anche da soli, facevano il bagno, per rinfrescarsi e per giocare in compagnia…altro che lago o mare! Per chi abitava vicino al Chiese o poteva spostarsi in bicicletta, ecco che il fiume sembrava già un lusso: più acqua, più divertimento e fantasia immaginando di essere in villeggiatura, immersi nella natura! Molti i detti simpatici a riguardo: “St’istà vó a Chiesenatico” (quest’estate vado al Chiese e immagino sia Cesenatico, giocando col suo nome), ”èl Cés l’è ‘l mar dei puorècc” (il fiume Chiese è il mare dei poveri), dove appunto fare il bagno, prendere il sole stesi sulle sue molte spiaggette, ma anche pescare, arrampicarsi sugli alberi per raccogliere frutta o tagliare rami per costruire fionde (le sfrunzine). Il più simpatico e ancor oggi ripetuto dagli uomini è il detto ”Mé ala tò età saltàe i fòss per èl lonch” (io alla tua età saltavo i fossi per il lungo), un modo impossibile quanto fantasioso di descrivere l’agilità che i ragazzi di una volta imparavano presto ad avere, dovendosi arrangiare con le poche comodità e mezzi di cui disponevano, nonché un modo di vantarsi davanti alle ragazze, oppure, invecchiando, per far capire a figli e nipoti quanto loro erano atletici da giovani. Per molti ragazzi di una volta infatti lo sport era la vita di tutti i giorni: lavoro manuale pesante, sia per aiutare nei lavori di casa o in campagna e passatempi a volte un po’ spericolati all’aria aperta. Sul fosso gelato in inverno, per esempio, facevano “le biöscarine” (scivolate) spesso con la cartella di scuola sotto il sedere! Divertimenti decisamente più ingenui, sani e divertenti (tranne poche eccezioni) di certe bravate, oltre il limite dell’accettabile, di cui si sente parlare troppo spesso oggi nelle notizie di cronaca.
Ornella Olfi

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