O pagliaccio, che mimi le tristezze della vita facendole sembrare un buffo gioco, tu che disegni il sorriso sulla faccia per nascondere la tristezza più nera, tu che dipingi gli occhi perché non si vedano scendere le lacrime durante l’esibizione. Non conti più i tuoi fallimenti, sei l’espressione più dura della tristezza, vestito di stracci ti immergi nella folla, nelle sue pretese solo perché ti lancino qualche moneta, perché gli aiuti a calmare le loro tempeste, per tirare in su un po’ quelle bocche, per scordare per un momento le fragilità dell’esistenza.
Quando fa notte ti ritiri sulla panchina della ferrovia, non hai altro al mondo, nessuno che ti accolga, ti faccia sentire il tepore del caminetto, il tepore della famiglia, di una casa, di una mano che ti consoli l’anima. Da troppo tempo rammendi le toppe della tua vita, in una Parigi d’inizio secolo, in cui ancora tutto deve essere giocato, in un limbo di incertezza, in cui le differenze sociali sono più marcate. Rivolgi una preghiera a Dio prima che sopraggiunga il sonno, sempre tormentato da incubi di ciò che hai perduto, chiedendo di non farti più risvegliare oppure che il giorno dopo sia migliore, di ritrovarti non più nella piazza come un pagliaccio triste, ma in una casa tutta tua con una moglie e dei figli che ti amino, con un lavoro dignitoso, con qualche soldo in più e certamente qualche sicurezza nel cuore.
Ma il sole ormai sorge, la gente s’appresta lungo i binari per portare i loro pesi oltre l’oceano e oltre le montagne, tu ti dirigi ancora verso quella piazza, ma stavolta non celebri l’opera bensì il dramma, il cuore è troppo povero, i sensi sono storditi, l’inverno ti abbraccia col suo mantello caldo, quel caldo che ti fu sempre negato su quella panchina, la famiglia che non hai più ti ricompare davanti per assistere alla tragedia, per giocare l’ultima partita, che ti vedrà per la prima volta vincente, con sorella morte, per portarti via finalmente, e un bambino si avvicina, gustando il tuo sorriso che non sarà mai più, dicendo: finalmente, ridi pagliaccio!
Laura Casarini – aygitana.blogspot.com