3 ottobre 1996.
Aria di festa aleggiava tutt’ attorno. Frenesia. Aspettative. Pensieri muti rullavano vorticosi la mente inzuppando di paure tremule, sottili, infinitesime.
La madre, agghindata, affaccendata riponeva gli ultimi addobbi, controllava che i tavoli fossero ben guarniti e che gli ospiti fossero accolti e trovassero ghiottonerie da gustare. Immagine di giovine donne nello specchio riflessa rimandava bagliori color del mare. Abito lungo la vestiva, fasciando la linea sottile e flessuosa.
Fuori il cielo era chiaro, pochi nubi all’ orizzonte, sparute, si rincorrevano. A breve la vita avrebbe preso svolte diverse, altri cammini, pensieri, condivisioni, equilibri avrebbero tessuto notti e giorni.
Scocco festoso di campane il passo affrettava, incamminava verso la piccola piazza dove il parroco Don Pasquale impaziente attendeva l’arrivo degli sposi. Il padre della sposa schivo rifuggiava, intimidito, emozionato, con fare deciso prese il braccio della figlia per accompagnarla all’altare.
Emozione e fremito nello scorgere la figura dello sposo andare avanti ed indietro, contando passi immaginari. Suono di pianoforte accolse gli invitati.
Ero io quella donna, con me mia madre, mio padre, l’affetto di parenti ed amici.
Con me la premura di Bruna, attenta e vigile toccava il vestito, lo sistemava, sorrideva felice.
Accanto a me Giorgio, lo sposo.
A distanza di 26 anni tante le anime involate in cielo, mille i percorsi intrapresi, azzardati. Infinite le sofferenze per la malattia di Vittoria, notti insonni scorse in ospedale in attesa che la febbre si abbassasse, che il vomito di Vittoria cessasse, che le crisi le dessero tregua. Altrettante le gioie, conquiste, amore fondo e profondo per questa creatura ricevuta come dono prezioso, bene inestimabile.
Bivi ad ogni angolo: scelte e rinunce, conquiste urlate alla luna e gioie condivise.
Oggi, in una sera di sublime bellezza, il Buon Dio ringrazio per quanto ricevuto umilmente chiedendo vita, forza e coraggio per accudire, gestire, tutelare Vittoria per tanti e tanti anni ancora.
Non mi ha tolto nulla Vittoria, mi ha dato la vita, insegnato ad esser donna e madre con tutti i difetti e pregi dell’esser umano. Poi l’arrivo di Celeste, dediderato, voluto atteso seppure la paura fosse tanta.Paura di non riuscire a gestire con le dovute attenzioni due vite tanto particolari, preziose, importanti.
Oggi la mia Celeste ha 13 anni, una bella signorinella desiderosa di esplorare il mondo, di farlo proprio.
Si dice che infelice sia colui che non abbia appreso da giovane a sperare, ad amare e ad aver fede nella vita. Credo nella vita, ho imparato ad afferrare ed assaporare ogni sfumatura, spiraglio di luce, accenno di speranza. In ogni giorno, in ogni istante si è chiamati a cogliere dal giardino fiori diversi: un giorno quello della pazienza, poi del silenzio, poi della condivione, poi del perdono e della sincerità.
Così facendo la vita si vive fra stanchezze e tribolazioni col cuore zuppo d’amore per la vita e fiducia nella speranza. A mio marito grazie per quello che mi ha donato ed insegnato, per esser stato sempre presente, nella gioia e nel dolore, nel pianto e nel sorriso. Al Dio della vita, grazie.
Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste