Quando si avvicina l’8 giugno, mi tornano alla mente ricordi che hanno scolpito nella mia memoria questa data. Premetto che mia moglie è cresciuta a Verolanuova con i nonni prima e con gli zii dopo, perciò ama i suoi cugini come fossero fratelli, in particolar modo è legata a Federica che non solo considera sorella, ma una cara amica e confidente, una spalla su cui poggiarsi nei momenti di difficoltà ed affidare i suo pensieri positivi o negativi essi siano.
Quando Federica ha confidato a mia moglie di essere in dolce attesa, tutti noi eravamo felicissimi, sapendo quanto ci tenesse a diventare mamma. Unica nota stonata (almeno da parte mia), è stato quando ci ha confidato di voler partorire all’ospedale di Brescia; ho detto a mia moglie: “ma porcocane, ha Manerbio a due passi non può andare là a sfornare la piccolina? Te l’immagini quando andremo a trovarla? Dove cacchio parcheggeremo l’auto? “.
Dovete sapere che 17 anni fa (l’8 giugno la figlioletta di Federica compie questa età), presso l’ospedale di Brescia, non era ancora attivo il bellissimo parcheggio sotterraneo attuale e trovare un posto dove mettere l’auto, era come cercare l’acqua nel Sahara.
Naturalmente mia moglie e la mia figlioletta mi hanno subito sbranato: “immaginarsi se lui non deve andare a cercare il pelo nell’uovo, sei pesante”, (una volta ero magro, pesante lo sono adesso).
La mattina dell’8 giugno arriva la telefonata di Gianbattista: “sono diventato papà, è nata Elisabetta”, la gioia del marito di Federica, era stratosferica. Mia moglie è corsa in stalla a comunicarmelo lanciando un tale urlo che le vacche poverine, hanno prodotto 2 quintali di latte in meno.
Nel pomeriggio siamo partiti (io, moglie e figlioletta, che all’epoca aveva 12 anni, ma già dotata di una notevole lingua a scatto), per andare agli Spedali Civili di Brescia; e qui apro una parentesi: perché si chiamano Spedali e non Ospedali? Come mai hanno voluto risparmiare su una vocale? È un mistero.
Come da tradizione, ci siamo fermati ad acquistare una scatola di cioccolatini ed un mazzo di fiori da offrire alla neomamma.

Arrivati davanti agli Spedali il problema del parcheggio si è subito evidenziato; dopo 4 giri attorno alla grande struttura ospedaliera senza trovare un posticino ho cominciato a bestemmiare in aramaico (un modo per non far capire alla mia figlioletta il senso delle parole), finché ho visto un giovanotto che prendeva le chiavi e impilava le auto a rastrelliera, mi sono fermato e gli ho chiesto: “sei tu il parcheggiatore?”, “Se mi dai 3 euro e le chiavi te la sistemo io la macchina”.
Pronti, ho tirato fuori 5 euro e consegnato le chiavi del mio diablo rosso (una Fiesta), e via senza nemmeno aspettare il resto. Mentre entravamo in ospedale le mie due donne hanno cominciato a tormentarmi: “ma sei matto? Come minimo quel ragazzo ci frega la macchina !”.Sentite ragazze, non tritatemi i bassi penduli, se aspettavamo di trovare un posto la bimba di Federica faceva in tempo a ricevere la prima Comunione”.
Dopo aver letto che la maternità si trovava al 5° e 6° piano, siamo saliti in ascensore, arrivati in loco abbiamo ispezionato attentamente ogni singola camera del 5° piano, ma della cugina di mia moglie e la nascitura nessuna traccia; saliamo al 6° piano, stesso esito; allora prendo il telefonino e chiamo Gianbattista (il neo papà): “E’ da mezz’ora che perlustriamo la maternità ma non vi troviamo”, -”A che piano siete?”, – “Al quarto”, “E ci credo, noi siamo al sesto”.
Ma porcocane, allora scendiamo al 4° e cominciamo nuovamente ad ispezionare tutto il reparto, sul lato di sinistra uomini, sul lato di destra donne; la cui età media si aggirava attorno ai settant’anni, ho detto a mia moglie: “Queste qua non diventano madri neanche se bevono 3 litri al giorno di acqua di Lourdes”. – Allora ho ripreso il telefono: “Gianby, en do cazzo siete?”, “Esco in corridoio così mi vedete”. Avanti e indietro ma di lui nessuna traccia; lo richiamo un’altra volta: “O hai il dono della trasparenza o qua c’è qualcosa che non quadra”, “Senti un po’ Giordano, ma voi in quale ospedale vi trovate?” – “Spedali Civili di Brescia, senza la O davanti”, “Ma noi siamo all’Ospedale Città di Brescia, ecco perché non ci trovate, venite qua al 4° piano, vi aspettiamo”.
Ho guardato mia moglie e con nonchalance gli ho detto che forse era meglio se si informava più dettagliatamente dove avrebbe partorito sua cugina. E così giù di corsa a riprendere l’auto che il giovane posteggiatore aveva sistemato con cura; nel vano oggetti vicino al cambio era ancora presente l’euro che noi usiamo per il carrello della spesa, a testimonianza che vi sono ancora persone brave ed oneste a questo mondo (ed io quella moneta l’ho sventolata in faccia alle mie malfidenti Signore).
Fortunatamente tra le due strutture sanitarie vi è si è no solo un chilometro; parcheggio ed infilo nel tachimetro 3 euro (ed in totale fanno 8), saliamo di corsa al 4° piano, ma la caposala ci avvisa che l’orario delle visite era terminato, ma quando ha osservato i nostri sconvolti e delusi visi, il mazzo di fiori con le corolle ormai chine, la scatola di cioccolatini assortiti che ormai si erano fusi in un unico gusto; mossa da indicibile pietà, ci ha fatto entrare in reparto, e lì finalmente abbiamo avuto modo di congratularci con i nostri parenti e di ammirare Elisabetta, la nuova arrivata.
Ormai questa bambina l’8 giugno compirà 17 anni, ma il suo primo giorno di vita è stato per noi talmente rocambolesco che mai potremo scordarlo.
Giordano
