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QUANDO IL MONDO NON MI VUOL PIU’…

Un uomo che lavorava al cotonificio era sull’orlo della pensione e una sera è andato in chiesa per ascoltare l’omelia in occasione del triduo dei morti. Ed è rimasto impressionato dalle parole del predicatore: “Cosa vale la conquista di tutto l’oro del mondo se poi perdi l’anima? Se sarai dannato per sempre? L’eternità non finirà mai! E la nostra vita, per quanto lunga, è come un soffio al confronto con l’eternità!”. Queste parole gli rintronavano nel cervello: di giorno un incubo, di notte un tormento. Così ha preso la decisione di ritirarsi in un posto nascosto a fare l’eremita, l’anacoreta. Abbandonare cioè la vita attiva e vivere in solitudine a pregare e far penitenza per salvare l’anima come facevano una volta i Padri del deserto.”Dovrei essere un pazzo a mettere a repentaglioun’eternità dannata con un soffio di vita insignificante a lavorare al cotonificio e litigare con la moglie!” Ha voluto confidarsi con un amico che ha cercato di fargli cambiare idea. “ciò che ti preoccupa non è la tempesta ma il mal di mare, la solitudine. Sei scontento di tutto e passi da un desiderio all’altro portandoti da qui dove sei nato alla solitudine del deserto, passando dalla vita attiva a quella contemplativa. Ma ricordati che la solitudine porta a desiderare la folla, la folla a desiderare la solitudine. Siamo infelici su questa terra. Cambiamo luoghi ma il nostro cruccio non ci abbandona. Non sono infatti i luoghi e le cose che fuggiamo e la fuga è sempre senza risultato perché dovunque andiamo ci portiamo sempre con noi il nostro malessere. “Sostieni che la tua è una decisione saggia perché così facendo ti garantirai una eternità felice. Ma il saggio secondo me non esiste. Lo si cerca da secoli. E in Paradiso ci potrai andare anche se vivrai una vita normale, onesta e laboriosa. E’ già tutto scritto nel grande libro del destino”. Ma ormai il dado era tratto ed il nostro uomo, testardo come un mulo, ha trovato un posto impervio a mezza montagna circondato da dirupi che veniva chiamato: “la tana della volpe”. E lì è andato a vivere. Campava mangiando radici, lumache e cicorie e dopo qualche tempo si era ridotto a pelle e ossa. Ma era felice se a causa dei disagi il “soffio” si accorciava perché sarebbe giunto prima in Paradiso. Si è presto sparsa la notizia che c’era un’eremita alla tana della volpe e tante persone lo andavano a visitare un po’ per curiosità o per i numeri da giocare al lotto, un po’ per domandargli consigli circa la soluzione dei propri problemi qualche volta anche intimi e scabrosi. Aveva in poco tempo assunto un carisma tale che arrivava gente anche da paesi lontani e personaggi in alto della politica e dell’economia. Lo chiamavano:”il saggio dalla barba bianca”. Un mattino di buonora ha sentito un forte odore di zolfo e il rombo d’un motore. Credeva bruciasse il bosco ed invece era un distinto signore ch’era riuscito ad arrivare fin lassù col suo SUV fuoristrada. “Come ha fatto ad arrivare fin qui con la macchina?” – “Sono stato mandato da Autorità superiori per sapere come stai e per intervistarti”. Il forestiero parlava un italiano perfetto ma con la erre moscia. Ben vestito, un paio di scarpe rosse e le calze a strisce rosse e nere. Forse era tifoso del Milan. Fumava sigarette col bocchino d’oro. “Bene! Sono pronto!”. “Dunque: tu sei venuto qui per salvare l’anima. Oppure, arrivato ad una certa età hai fatto come quelli che dicono: “Quando il mondo non mi vuol più mi rivolgo al buon Gesù! E’ così?”. Per questo le Autorità che mi mandano non vogliono che altri seguano il tuo esempio. Temono che tu faccia proseliti”. -“Ma tu guarda un po’! Ho forse fatto qualcosa di male?!”. – “ E qui sta il punto! Non facendo il bene è già male, dovresti saperlo! Troppo comodo ritirarsi qui a far vita contemplativa per guadagnarsi il Paradiso! Vieni giù nel suburbio a vedere quanta gente soffre nella battaglia per la sopravvivenza!”. “Ma che bravi! Perché non vengono anche loro qui. C’è posto per tutti!”. -“E andate e moltiplicate? E l’aiuto ai poveri? Il tuo è puro egoismo. Tu non vuoi partecipare alla costruzione di una società moderna, nuova e più giusta. Il Medioevo è finito da un pezzo! Ma c’è un’altra cosa molto importante: sai che si fa più festa in Cielo per un peccatore pentito che non per cento giusti? Di sicuro tu con i sacrifici che fai andrai in Paradiso, ma sarai uno dei cento giusti. Niente festa! Messo là in un angolo con gli altri novantanove. Che bello!”. L’eremita non sapeva più cosa rispondere. E pensava: chissà da dove arriva questo rompi…scatole! Questo parla male ma ha ragione! Mille ragioni! E di rincalzo il forestiero, senza dargli tempo di riflettere: “Dunque, molto meglio per te se sarai un peccatore con gravi colpe di cui pentirti. Più gravi saranno i tuoi peccati e più merito avrà il tuo pentimento. Ci sono esempi clamorosi come San Paolo e Sant’Agostino: erano peccatori nella prima parte della loro vita. Poi si sono pentiti. Eccoti questo libro sulla vita dei Santi, leggilo e ti convincerai!”. Poi ha acceso un’altra sigaretta col bocchino d’oro e salito sul fuoristrada è sparito in una nuvola di polvere e odore di zolfo. Il nostro anacoreta era sconvolto! “Ma allora, stando così le cose, io ho sbagliato tutto!”. E nella sua semplicità e onestà non sapeva come fare a macchiarsi di peccati gravi. Senza soldi e con la lunga e bianca barba era difficile. Anche la gioventù l’aveva vissuta sempre con il santo timor di Dio. Non sapeva ballare. Si è poi ricordato che la cosa più odiosa al mondo era quella di seminare zizzania tra la gente, e lui adesso conosceva tanti segreti sulla vita intima di tante famiglie. Quasi tutte avevano uno scheletro nell’armadio: gelosie, invidia, interessi, eredità, tradimenti. Per cui avrebbe potuto mettere nei guai tante persone anche famose e insospettabili. Ed ha usato il sistema ancora più odioso: la lettera anonima. Con questa era sicuro di fare peccato.Peccato mortale! Dopo si sarebbe pentito e avrebbe guadagnato uno dei primi posti in Paradiso fra Cherubini e Serafini! Ha messo il subbuglio dappertutto! La gente non riusciva a capire chi era quello sciagurato che scriveva lettere anonime, nemmeno gli 007 più qualificati! Finchè alla moglie del farmacista è venuto il sospetto che poteva essere nientemeno che l’eremita perché gli aveva confidato certe cose personali e intime che nessun altro poteva sapere. Sono andati subito i gendarmi dal saggio alla “buca della volpe” e con una scusa gli hanno fatto scrivere un biglietto d’auguri. Poi hanno confrontato la scrittura con le lettere anonime. Era la stessa, non c’erano dubbi. Per questo reato la legge condannava i colpevoli al rogo nella piazza principale del paese. E quando hanno acceso il falò l’eremita ha visto in mezzo alla gente quel signore ben vestito, con le scarpe rosse e le calze a strisce rosso-nere. Sorrideva contento quel demonio perché era riuscito a mandare un’altra anima all’inferno. Ma il popolo era con l’eremita perché aveva messo al pubblico ludibrio tanti altarini anche di persone al disopra di ogni sospetto. E siccome voce di popolo, voce di Dio, il Signore nella Sua infinita misericordia ha detto a San Pietro: “Simone, sta attento che arriverà un eremita, un sempliciotto, lascialo passare”. “E’ già qui con un sacco di pretese! Ma risulta dal mio computer che ne ha combinato di tutti i colori!”. “Sì, ma è pentito. E quello che più conta è che è sempre stato in buona fede ed ha sempre agito a fin di bene”. Come d’incanto Cherubini e Serafini, con le loro trombe d’argento, hanno intonato la marcia trionfale dell’Aida ed un arcangelo ha preso per un braccio l’eremita per accompagnarlo ad una porta tutta d’oro. Quest’arcangelo sembrava sua moglie. E difatti era proprio lei che lo svegliava: “Com’è che stamattina non ti decidi ad alzarti?”. Giuseppe Paganessi

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