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“Quando comandano i giusti, il popolo viva felice, quando imperano i tristi (i malvagi), il popolo geme” – Proverbi 29,2

È un dovere andare a votare e chi non vota è colpito da anatemi, i quali vanno dal semplice “manchi di senso civico” al “sei un asociale” o giù di lì, dimentichi del fatto che la libertà riconosciuta a chi vota quando appone una ics sulla scheda elettorale, andrebbe di pari passo riconosciuta pure a chi non esprime in modo palese il proprio parere (ma lo esprime palesemente in altro modo). Certamente sarebbe opportuno che il 100% degli elettori esprimesse il proprio voto, il proprio parere, e perciò sia di appoggio in modo esplicito al sistema ‘politico’ in corso. Ma il dovere del votato di attuare le promesse elettorali, il programma che si vuole sostenere, il suo essere eletto da una parte e non dall’altra, come lo nominiamo? Che epiteti vergognosi possiamo rivolgere a questi galantuomini che non attuano ciò che promisero e che cambiano schieramento ‘politico’ a seconda del proprio tornaconto ‘politico’?
Lo fanno per dovere civico! – È vero che nella Costituzione è scritto pure l’articolo 67 “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione (quale?) ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato (che capolavoro ‘politico’)”- , ma dopo 70 anni è intollerabile che il voto sia palesemente disatteso da certi ‘signori’ e ‘signore’. Per non parlare del successivo articolo 69 “I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge” (e chi fa la legge? Il membro senza vincolo di mandato e … di pudore, stanti emolumenti e accessori).
Cenno storico: l’articolo 50 dello Statuto Albertino del 4-3-1848, recitava “Le funzioni di Senatore e di Deputato non danno luogo ad alcun emolumento o indennità”. I tempi mutano ma il latrocinio di certi “diritti acquisiti” come sostiene il signor Mario Capanna, sono un insulto, anche perché solo certi diritti sono acquisiti. Dopo tutto, una volta eletto se lo schieramento, di cui sottoscrisse il programma, non lo soddisfa più, perché non se ne va? Anzi dovrebbe andarsene e lasciare il posto a chi porta avanti il patto sottoscritto con i cittadini elettori. Sono loro che andrebbero serviti e non il proprio ego o altro. Rispetto chiede rispetto, altrimenti c’è il disprezzo reciproco. Che può investire pure il Quirinale se accondiscende a certi atteggiamenti poco civili, non è egli il primo servitore dello Stato? E che servizio rende a esso se permette che si disprezzi chi vota?
È un uomo o è solo una funzione o funzione d’uomo? Dal voto si vorrebbe pure che scaturisse una maggioranza precostituita per avvantaggiare gli esecutori del programma, ma anche qui viene da porsi una semplice domanda: che fine fa esso finito lo spoglio delle schede elettorali? Perché non lo si attua, perché si ricorre agli emendamenti, che il più delle volte snaturano lo spirito del programma e a volte peggiorano il contenuto e perciò stesso disattendono il volere degli elettori? Forse vale il fatto che una volta eletti si fa e si disfa, a suon di leggi, decreti, postille … , a proprio piacere e per il proprio tornaconto e non per il vantaggio dello Stato e dei suoi abitanti tutti. Un tempo le maggioranze sorgevano dall’Assemblea su provvedimenti specifici. Si poteva appartenere alla maggioranza su una deliberazione e al punto successivo essere all’opposizione, perché contrari al provvedimento in discussione. Questo accadeva perché si metteva mano al proprio denaro e se si era di leva ed era stabilita la guerra, anche la propria vita. Solo demonizzare l’altro non fa progredire le persone, gli elettori, coinvolte. Prospettare delle opportunità, delle alternative e attuarle sì, con coerenza e nel rispetto reciproco. A volte ho udito dei ‘signori’ analizzare l’astensionismo, ormai crescente, ma è un’analisi superficiale e intrisa di disprezzo. Soprattutto non si apportano i correttivi atti a far sì che chi non vota si ricreda. La correzione è molto semplice: meno privilegi, prebende … e più rispetto della parola data, il programma delle cose che ci si è impegnati ad attuare a vantaggio dei propri concittadini, perché anche l’eletto è un uomo e non un dio infallibile. E per ciò che attiene all’essere di destra o di sinistra trovo che questa classificazione fittizia, per il popolo e non per chi detiene il potere, sia qualcosa di abominevole. Quando ho sete ha importanza che sia una mano destra o una mano sinistra che mi porga un bicchiere d’acqua? E se ho fame mi porga un pane? Ideologia e pregiudizio sono ostacoli che accecano chi ne è vittima. Non è dunque per indifferenza che non voto da decenni, al contrario, perché vedo lo sforzo giornaliero di milioni di persone che nonostante tutto e malgrado certi governanti remino contro la loro azione che edifica veramente lo Stato, si danno da fare per sé e per gli altri cittadini di questa Italia, che più che uno stato è un qualcosa di continuo spolpata e svenduta, per il tornaconto di pochi. E se non c’è una possibile alternativa a questo andazzo perché “son tutti uguali”, allora di questi distruttori e aguzzini non so che farmene, non li appoggio e ne subisco l’azione riprovevole. Non sono un don Chisciotte, non mi va di sbattere la testa contro il muro o lottare contro i mulini a vento. Contro ciò che reputo ingiusto, dissanguare la Patria e i suoi cittadini, mi oppongo, questo posso fare e faccio, se poi soccombo perché debole nei riguardi del violento non ci posso fare altro, ma almeno posso guardarmi allo specchio e non essere oggetto del mio stesso disprezzo. Se le elezioni fossero l’espressione della volontà del popolo sarei favorevole a esse. Ma se persino il volere del popolo espresso da certi referendum è stato stravolto, e questo con l’assenso della suprema Corte e del Palazzo, che cosa mi posso aspettare? D’altra parte la credibilità che vorrebbero che a loro, i gentiluomini e le gentildonne eletti, fosse riconosciuta non la si trova sugli scaffali dei negozi, essa scaturisce dalle azioni congrue alla parola data. L’articolo 1176 del codice civile sostiene “… la diligenza del buon padre di famiglia” e che ne è negli affari di Stato della prudenza, diligenza richiesta da esso? Detto articolo vale solo per l’operaio, il muratore, il sottoposto … ? ma stranamente non vale per il legislatore e il governante. “Il re con la giustizia fa prosperare lo Stato, ma il principe che impone troppi tributi lo manda in rovina ”Proverbi 29,4 (che preveggenza profetica). Questa considerazione ha più di duemila anni.
Armando Tomasi. Torre Boldone
16-1-2016

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