Rimani sempre aggiornato! - Scarica l'App di New Entry!

Prima margheritina della vita di coppia

Sfoglieremo 13 margherite. Faccio tre premesse:
1.    Quello che vi dico dovete vederlo in prospettiva futura, perché alcune cose che vi dirò le avete viste nel fidanzamento, ma molte cose che vi dirò le vedrete soprattutto dopo nel matrimonio.
2.    Vi farò vedere che ogni margherita psicologica corrisponde ad una pagina del vangelo che dice la stessa cosa. Perché Vangelo e Psicologia non sono in contraddizione.
3.    Il fatto che non vediate le cose come le dico io non significa che non siano così, significa solo che voi non riuscite a vedere le cose come le vedo io.

Prima margheritina:
Ci sono due parole che non dovremmo mai pronunciare nella nostra vita di coppia. La prima parola che non dovremmo mai pronunciare, e che invece è la parola più usata dall’umanità da Adamo ed Eva in poi, è la parola “colpa”. Per cui ascoltando le coppie c’è sempre un momento in cui uno dice, “sarà anche colpa mia” (grande concessione quando succede così), “però è colpa sua”, si parla sempre di colpe. Quello che succede in una coppia non può essere considerato una colpa, sarebbe una colpa se uno lo facesse apposta. Cioè uno si sveglia la  mattina e dice aspetta un po’ che oggi faccio un po’ del male a mia moglie a mio marito, ma nessuno di noi apposta farebbe del male all’altro. Quindi non possiamo parlare di colpe.  Se seguite qualche processo vedrete che il codice penale prevede la riduzione della pena o addirittura la sospensione della pena, se la persona che ha commesso il reato l’ha commesso in piena coscienza. Noi nella coppia siamo nella stessa situazione, anche la Chiesa ci ricorda la stessa cosa, noi commettiamo tanti peccatucci ma una colpa grave è difficile da commettere. Perché ci sia una colpa grave, se vi ricordate qualcosa nel Catechismo, ci vogliono tre cose:
1.    Che si tratti di materia grave, non di una sciocchezza.
2.    Che ci sia la piena avvertenza, cioè la piena consapevolezza di quello che sto facendo.
3.    Che ci sia il deliberato consenso.
Bisogna proprio che uno si mette lì e dica io so benissimo che questo è male, ma decido coscientemente di farlo lo stesso. Vedete che siamo molto lontani da quello che succede nella vita di una coppia, quindi noi non possiamo parlare di colpe.
Però… c’è un ‘però’ e se capiamo questo ‘però’, credo che un buon 70 % di litigi di coppia se ne va. Perché quasi tutti i litigi sono basati sul fatto che ognuno dà sempre la colpa all’altro.
Qual è questo però? Che tutto quello che succede in una  coppia succede con il contributo di entrambi al 50%  di qualunque cosa si tratti. Faccio qualche esempio. Ci sono delle mogli che si lamentano e dicono “devo fare tutto io in questa casa, lui non fa mai niente”. Ma se fai tutto tu come può lui far qualche cosa? Fai tutto tu? Che poi sono le mogli che una sera il marito osa dire, aspetta che questa cosa te la faccio io, la moglie cosa dice? “Spostati che io faccio prima di te”. Allora fai tu? Se mio marito ha un difetto, io affermo che è lui che ha quel difetto li. Ma se ho capito la prima margherita, devo invece chiedermi, qual è il mio 50% che sostiene il difetto di mio marito? Perché può anche darsi che con un’altra moglie non avrebbe avuto quel difetto lì. Quasi tutte le mogli si lamentano perché i mariti non parlano, poi si arrabbiano perché vedono che il marito al bar con gli amici parla, ma a casa con la moglie non parla.  E la moglie cosa dice? E’ colpa sua io parlerei. Ma se ci badate bene è con te che non parla, con gli altri parla, ci sei dentro anche tu in qualche modo. Qual è il tuo 50% che sostieni il non parlare di tuo marito? Secondo le statistiche sono di più le mogli esaurite, depresse. Di fronte a una moglie esaurita, il marito cosa dice? “Dai vai dal dottore, vai a farti curare”; questa moglie difficilmente guarirà.  Il marito che ha capito la prima margherita può dire alla moglie depressa “deciframi la musica di questa malattia, io so benissimo che quella malattia sta urlando qualcosa a me, perché la malattia è sempre un modo di dire qualcosa all’altro, solo che io non riesco a capire di che cosa si tratta, dimmelo in un altro modo”.
Il marito potrebbe anche dire: “Sei ammalata tu ed è anche un problema mio”, meglio ancora se il marito dice “è un problema nostro, quindi andiamo tutte due a farci curare”. In terapia ci deve sempre andare la coppia, di qualunque problema si tratti. Voglio dire che non è la moglie ammalata, la moglie che soffre per l’esaurimento, ma è ammalata la comunicazione nella coppia. Infatti, se la coppia impara a comunicare bene l’esaurimento se ne va senza pillole. Perché se io riuscissi a dire chiaramente a mio marito “guarda c’è qualcosa che non va nella nostra coppia”, non avrei bisogno per dirlo a mio marito di ricorrere alla malattia che è una strada lunga di sofferenza, e tanto mio marito della malattia non capisce niente. Vale anche a dire che la moglie non è depressa, sono depressi entrambi, è depressa la coppia, solo che il marito ha ceduto alla moglie il suo 50% di depressione; infatti i mariti delle depresse sono tutti allegrotti, perché hanno ceduto la loro metà, e la moglie la esprime per tutte e due. Se io curo soltanto la moglie, cosa che cerco di non fare mai, fallisco. Invito sempre entrambi, non posso tagliare a metà una mela e curare solo metà mela, l’altra metà è fatta dalla stessa pasta. In ogni modo ammettiamo che io riesca a guarire la moglie, (cosa difficile perché il problema e di entrambi) io vi assicuro che dopo sei mesi, un anno, massimo due, che la moglie è guarita arriva il marito, stavolta il malato è lui di depressione o di crisi, perché la moglie guarendo ha rispedito al marito il suo 50% che adesso esprime lui. E c’è un altro esempio che vi farà arricciare il naso, (così incominciate a dire “io non la vedo come la dice lei”). Ascoltando le mogli tradite in consultorio, (vale anche per il marito… Io farò sempre l’esempio al femminile ma è sempre sottinteso e viceversa), c’è sempre il momento in cui la moglie tradita dice: “Ho perso la fiducia in mio marito”. E io chiedo sempre: “Ma che cosa centra la fiducia qua?” Se mio marito mi tradisce io posso fare soltanto una cosa. Dire a mio marito “siediti che io e te dobbiamo parlare”. Quello che noi due insieme abbiamo combinato, perché a letto con quella là c’ero anch’io, non fisicamente, ma se mio marito mi tradisce vuol dire che noi due insieme 50% ciascuno abbiamo costruito una situazione di coppia che ha permesso non al marito di  tradire  me, ma a noi due insieme di tradire la nostra coppia.
Il tradimento è la conseguenza di una separazione che c’era già: i due erano già separati e hanno lasciato spazio a una terza persona per entrare. Quindi se mio marito mi tradisce, (naturalmente non sto giustificando il tradimento, se no voi pensate è di entrambi possiamo darci da fare, non ho detto questo. Sto solo spiegando cosa c’è dietro), se mio marito mi tradisce io dovrò andare dal prete a confessare la mia metà, e finché non capiamo questa cosa qui, la coppia non esiste, l’uno di qua e l’altro di là, e tu hai fatto un torto a me. Finché non capiamo questo la coppia non esiste.
Essere coppia significa sentire profondamente che tutto quello che ci succede l’abbiamo costruito insieme, metà e metà di qualunque cosa si tratti. 
E  così il 70% dei litigi se ne va, perché di fronte a qualunque cosa, che non va bene nella nostra coppia, noi possiamo chiederci: qual è il mio 50%? Dimmelo tu perché tu lo vedi più chiaramente di me. Io dico a te qual è il tuo 50% perché io lo vedo più chiaramente di te, e naturalmente viene fuori un dialogo diverso.
Questa margheritina la troviamo nel Vangelo quando  Gesù dice che siamo tutti fratelli, se siamo tutti fratelli vuol dire che siamo tutti nella stessa barca, a maggior ragione una moglie o un marito che si fanno la guerra, non hanno ancora capito che sono entrambi sulla stessa barca.
E quando Gesù dice: Non giudicate, non perché non possiamo anche giudicare qualche volta ma perché Gesù ci ricorda che soltanto Dio dall’alto vede a 360° quello che c’è nell’animo umano.
E ci sono alcune espressioni nel Vangelo che facciamo un poco di fatica a digerire, tipo: “le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli”, e uno dice : non è giusto, io ho fatto la brava bambina tutta la vita, lei deve precedermi. Oppure quando Gesù racconta la parabola degli operai dell’ultima ora, che sono pagati con la stessa moneta di chi ha lavorato tutto il giorno sotto il sole, e diciamo “non è mica giusto questo”. Certo che è giusto, è proprio questa la vera giustizia. Se io sono qui stasera, e il mio lavoro lo faccio molto volentieri, e non sono sulla strada come una prostituta, vuol dire che io sono stata più fortunata di lei. Vuol dire che nella mia vita ho ricevuto più di lei altrimenti potrei essere sulla strada anch’io. E allora se io come mamma mi occupo di più di un figlio che ha un problema o una difficoltà, perché il Padre non deve fare la stessa cosa? Se ho capito qualcosa prima del Vangelo di un sano buon senso, dovrei essere io che dice a Dio, ascolta io sono stata al caldo tutta la vita posso aspettare un attimo, lei che è stata più sfortunata falla passare prima di me. Non è giusto così?
A proposito degli operai dell’ultima ora, voi adesso vi state per sposare, cosa direste se i vostri genitori avessero regalato un appartamento  al fratello che si è sposato tre anni fa? E a voi non lo danno? Giustamente direste sono figlio anch’io come quello là, e avreste ragione. Ma allora perché Dio che è Padre di tutti deve fare differenze con i suoi figli? Lui darà a ciascuno di noi la stessa moneta. Perché siamo tutti figli uguali per lui. Dio per fortuna nostra farà così, se cominciasse a fare dei distinguo non so chi di noi si salverebbe.
Belotti

Condividi