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Paulette

“Come faccio a vivere con una pensione di 600 euro al mese?”. Interrogativo, vista la congiuntura economica in cui ci troviamo, che sicuramente ci saremo sentiti porre da varie persone di nostra conoscenza.
Davanti ad un dato di fatto così plateale, le alternative non sono poi infinite. C’è chi deve ricorrere all’aiuto di qualche parente, al soccorso di qualche organizzazione benefica, a contenere le spese, tagliando (dove possibile) sul bilancio familiare, ad arrotondare con qualche lavoretto extra. Ma c’è anche chi, come l’arzilla vecchietta chiamata Paulette, che decide di reagire alla crisi in una maniera del tutto originale. Sicuramente poco lecita (o meglio: illecita), ma decisamente inedita.
Paulette è una donna distrutta dalla vita, dall’amore incondizionato per il defunto marito, ma che conserva una grande forza vitale. A causa delle sventure che le sono capitate (era proprietaria di un ristorante che, poi, ha dovuto vendere ad un gruppo di cinesi), è schiava dell’odio verso gli altri; arrogante con la sua famiglia, sleale con le amiche, maleducata con tutti quelli che incontra. Ma l’orgoglio è molto forte; l’energia e la vitalità altrettanto promettenti. Ragioni per cui, nonostante la precaria situazione economica, preferisce rovistare tra i rifiuti piuttosto che andare alla mensa dei poveri. Finché una sera, guardando fuori dalla finestra di casa sua, nota un movimento strano di persone. Un andirivieni tra giovani e meno giovani. Uno scambio di soldi con qualcosa che viene messo furtivamente in tasca. L’arzilla “Nonna Spinello” (come verrà soprannominata tra gli addetti ai lavori), che anni addietro è stata anche provetta cuoca e pasticcera, comincerà a mercanteggiare dolci fatti in casa e dagli ingredienti un po’… inusuali. A portare sullo schermo questa commedia graffiante ed irriverente sul tema della terza età, sulla precarietà e sulla solitudine dei nostri anziani, affrontandone il tema in maniera politicamente scorretta, è il giovane regista francese Jérôme Enrico (messosi in luce col suo lungometraggio precedente, L’origine du monde con Angela Molina, “una tragedia antica girata con dei mezzi artigianali”).
Strizzando l’occhio alla commedia sociale italiana del dopoguerra, (“Ken Loach in un certo senso è l’erede britannico ed il mio modello”) e richiamandoci alla mente l’analoga pellicola del 2000 (L’erba di Grace), il film, targato Moviemax, è una girandola di situazioni comiche e ricco di estremo buon umore, il cui successo (in patria è uscito lo scorso gennaio e ha portato in sala più di un milione di spettatori) è merito indiscusso del supporto dato dal grande gruppo ben assortito di attori e della sceneggiatura spassosa. A cominciare dalla scoppiettante verve della stessa Paulette (Bernadette Lafont) che tiene le redini dell’intera vicenda, passando per l’altro asso nella manica che il regista mette in scena (la Carmen Maura, nota soprattutto per le sue apparizioni nei film di Pedro Almodovar), qui nel ruolo di Maria, capobanda che conduce il gruppo e crea i legami sociali; l’amica anziana (soprannominata Alzheimer) che sta perdendo la sua lucidità; quella un po’ più repressa; la comicità di Walter (André Penvern) da tempo innamorato di Paulette. Ispirata ad un reale fatto di cronaca, la commedia, dotata di un perfetto equilibrio tra ironia e sociale nonché sondando zone inedite per la comicità, si trasforma così in novanta minuti di relax e sano divertimento (molte le scene comiche tra cui la confessione di Paulette in chiesa dal prete e le partite a carte con le amiche). Insicurezza e disperazione, relazioni con gli altri, razzismo, rapporto con il denaro, sensazione di inutilità e di abbandono conseguente all’avanzare degli anni, decadimento di certi sobborghi urbani, assenza delle istituzioni.
Tante le incognite, molti i problemi e innumerevoli i desideri personali (se pur calati in un contesto poco educativo).
Però… quando si dice: “saper ridere sui problemi che ci circondano”. E questo film ci riesce alla grande. Complimenti!
Piergiorgio Ravasio

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