Il neuroma di Morton (anche neurinoma di Morton, nevralgia di Morton, sindrome di Morton, metatarsalgia di Morton o di Civinini-Morton, neuropatia di Civinini-Durlacher, neuroma intermetatarsale) è una patologia degenerativa di uno o più nervi plantari. È generalmente localizzato nello spazio fra il terzo e il quarto metatarso, ma anche nello spazio tra il secondo e il terzo, tra il quarto e quinto e, molto raramente tra il primo e il secondo. Questa patologia è stata descritta per la prima volta nel 1835 da un medico italiano, il pistoiese Filippo Civinini (1805-1844); in sua “lettera anatomica” datata 28 settembre 1835, rinvenuta in modo fortuito durante dei lavori di ristrutturazione dell’Ospedale del Ceppo di Pistoia, il medico toscano descrive dettagliatamente “un nervoso rigonfiamento alla pianta del piede”. La patologia venne in seguito descritta dal chirurgo inglese Lewis Durlacher (1792-1864) nel 1845 per poi essere definita ancor più dettagliatamente dal chirurgo americano Thomas George Morton (1835-1903). Le cause – L’eziologia del neuroma di Morton è multifattoriale; tra le cause più frequenti ricordiamo: uso di calzature non adeguate (per esempio, nelle donne, l’indossare per molto tempo scarpe con tacchi a spillo o le punte eccessivamente strette) scompensi di tipo posturale disturbi a livello neurologico alluce rigido alluce valgo ipercarico avampodalico alterazioni morfologiche del piede (piede cavo e piede piatto) lassità dei legamenti artrite reumatoide microtraumi al piede, leggeri, ma ripetuti allenamenti su superfici non idonee (soprattutto negli atleti praticanti il fondo). I sintomi – La sintomatologia del neuroma di Morton è abbastanza caratteristica. Il dolore, di tipo nevralgico, è di notevole intensità; si avverte bruciore, la sensazione di scossa elettrica e l’impellenza di togliere la calzatura. Le sensazioni dolorose sono più frequenti durante la deambulazione, ma possono essere avvertite anche a riposo. In molti casi si hanno parestesie, intorpidimento e un calo della sensibilità. La diagnosi – All’esame clinico, il piede non presenta generalmente particolari alterazioni di tipo morfologico; talvolta può esserci la presenza di tumefazione. Molto spesso, alla palpazione della zona interessata è avvertibile un caratteristico “clic” (segno di Mulder). Gli esami strumentali (radiografia, risonanza magnetica ed ecografia) non sono particolarmente affidabili nel caso del neuroma di Morton a causa dell’alto numero di falsi positivi o negativi e vengono effettuati soprattutto per escludere la presenza di altre patologie che possono interessare l’avampiede (artrite, borsite, capsulite, distrofia simpatica riflessa, fratture, ischemia, necrosi avascolare, neoplasie, noduli reumatoidi, sinovite, sindrome del tunnel tarsale, tendinite ecc.). Il trattamento – Ai fini del trattamento è molto importante la precocità della diagnosi; se la sintomatologia è presente da meno di sei mesi è possibile tentare interventi di tipo conservativo attraverso terapie farmacologiche a base di antinfiammatori, infiltrazioni locali di cortisone, terapie di tipo fisico. Generalmente l’uso di plantari non sortisce alcun effetto importante. Nel caso invece che la sintomatologia duri da più tempo è quasi sempre necessario l’intervento chirurgico che consiste essenzialmente nell’asportazione del nervo interessato (neurectomia); l’asportazione non provoca problematiche a livello di movimento delle dita dal momento che il nervo in questione ha esclusive caratteristiche di tipo sensitivo; può permanere invece una leggera diminuzione della sensibilità cutanea nella zona interessata. L’operazione chirurgica è piuttosto semplice e viene eseguita in anestesia locale; la deambulazione susseguente all’intervento è generalmente buona e tutti i disturbi scompaiono di norma nel giro di pochi mesi. Il paziente viene dotato, nelle prime tre settimane, di apposita calzatura. Le complicanze sono rare, ma le recidive non sono infrequenti. Un’alternativa all’intervento chirurgico è rappresentata da una procedura di radiologia interventistica denominata sclero-alcolizzazione. Durante questa procedura il paziente è in posizione supina, il ginocchio è flesso a 45°. Dietro guida ecografica, viene posizionato un ago nello spazio metatarsale interessato e si inietta una miscela costituita da alcol e anestetico. Si tratta sostanzialmente di una neurolisi di tipo chimico; l’alcol infatti induce disidratazione, necrosi e precipitazione cellulare. La procedura non presenta particolari complicanze e può, se ce n’è la necessità, essere ripetuta a intervalli di 15 giorni fino alla scomparsa del dolore.