Negli ultimi 60/70 anni la nebbia, tipica delle nostre campagne, nelle aree di pianura coltivate, è calata fino al 50%. La diminuzione dell’uso di combustibili fossili contenenti zolfo e carbone e l’urbanizzazione hanno ridotto la superficie esposta al raffreddamento rapido, nonché un aumento delle temperature. In effetti qualche decennio fa a inizio novembre c’erano già giorni di nebbia così fitta che si diceva: ”Sa pöl tajala col cortèl” (si può tagliarla col coltello). Ricordo per esempio che il giorno della commemorazione dei morti ci si recava al cimitero indossando cappotto, sciarpa, guanti e le temperature erano già invernali. Grigiore, freddo, umidità, ricordo dei propri cari defunti, creavano un’atmosfera triste, rallegrata un po’ solo dai profumi delle bancarelle di dolci all’inizio del viale di cipressi del cimitero. In quegli anni era davvero difficile e pericoloso muoversi nella nebbia, soprattutto sulle strade extraurbane, senza riga bianca in mezzo né ai lati per orientarsi, magari anche senza case, per cui sembrava di essere proprio in mezzo al nulla, senza nessun riferimento. Chi ai tempi era ragazzo ricorda che pur di uscire, la sera, il passeggero a lato del guidatore teneva la testa fuori dal finestrino per indicare il percorso. In motorino a parecchi capitava di finire in un fosso con acqua gelida, o per i più fortunati in un fosso asciutto. Era impressionante quel muro grigio che copriva proprio tutto! Speriamo che la nebbia continui a essere più lieve, soprattutto per tutte le persone che ogni giorno devono per forza spostarsi per lavoro.
Ornella Olfi