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MANCANO LE PERSONE, MANCA LA VITA

A Montecchio Emilia, nel reggiano, i terremoti di maggio li abbiamo sentiti fin troppo bene. Tuttavia, quei 60 km circa che ci separano dalla zona degli epicentri, ci hanno concesso la grazia di non subire nessun danno, almeno fisico. Ma abbiamo la consapevolezza che nemmeno per noi le cose saranno esattamente come prima. Perché tante di quelle persone colpite sono tuoi amici, conoscenti, parenti o semplicemente persone che vedi ogni domenica mattina alle corse podistiche in calendario nelle provincie di Reggio e Modena. Gente meravigliosa, come quelle due ragazze di Finale Emilia, che con grande coraggio e fierezza erano presenti alla corsa del 2 giugno a Reggio. La televisione ha ampiamente documentato quanto accaduto a Finale Emilia, Bondeno, Mirandola, Cavezzo e pochi altri comuni. Almeno per il primo mese successivo agli eventi. Poi più nulla.

Ma nessuno ci ha detto che i comuni colpiti sono molti più di quei 4 o 5 citati in continuazione; sono almeno una trentina, ripartiti tra le provincie di Modena, Ferrara, Reggio nell’Emilia, Bologna, Cremona e Mantova. Reggiolo è stato il comune più colpito della provincia di Reggio, ma non avevo idea della dimensione dei danni subiti, fino a quando non ci sono passata per prendere l’autostrada del Brennero. La prima cosa che si nota passando per la strada che ti porta all’autostrada, è la tendopoli allestita per gli sfollati. Una distesa di ordinate tende blu, che fortunatamente ad inizio luglio sono state dotate di condizionatore, per poter resistere alle ondate di caldo africano degli ultimi due mesi. Entrando in paese, si nota la mancanza di qualcosa… mancano le persone, manca la vita all’ interno delle case, mancano le finestre aperte ed i fiori alle finestre. Ne deduco che siano ancora poche le case abitate, escludendo qualcuno più fortunato che si è potuto permettere di andare in vacanza, gli altri avranno ancora troppa paura per rientrare a casa. Qui infatti, qualche scossa di assestamento si avverte ancora e si sobbalza ad ogni minimo movimento. In alcuni quartieri è completamente vietato l’accesso dalle transenne e quello che si vede al di la, sono strade impolverate e calcinacci ovunque.

Complice il caldo, anche per le strade la gente è davvero poca. Ogni tanto passa qualcuno in bici o in macchina, ed un paio di signore rientrano a casa con la spesa. Poi si arriva in Piazza Martiri, la piazza centrale. Qui il bar è aperto e qualcuno è seduto a chiacchierare. Nella piazza è stato allestito un campo base dove sono state gestite le emergenze delle prime ore successive al terremoto; di fronte ai container però, non mancano un palco per gli spettacoli e qualche sedia, segno che il paese cerca in ogni modo di mantenere la sua dignità, di non morire lento ed inesorabile nonostante il semi abbandono forzato. Gli edifici storici sono tutti danneggiati ed inagibili, primo fra tutti palazzo Sartoretti, sede del Comune.

La Rocca, costruita nel 1242 su volontà del comune di Reggio, per dare agli abitanti la possibilità di difendersi dai continui attacchi dei mantovani, è oggi completamente transennata ed inaccessibile. Si trova nella stessa situazione anche il Teatro Comunale, esempio neoclassico, sorto nel ‘600 su un vecchio teatro e ristrutturato nel 1838. Anche le tre chiese del paese sono ad oggi inagibili. Lascio Reggiolo con un grosso senso di vuoto e con il rammarico di non essere mai stata, prima del terremoto, in questo tipico centro emiliano, ricco di storia e di cultura e popolato da gente solare, accogliente ed estremamente laboriosa quali siamo noi emiliani. Mi auguro che la ricostruzione possa avere inizio al più presto, che queste persone possano riavere il loro paese così come era, per poter tornare a vivere come facevano prima di quel maledetto 20 maggio 2012.

Federica Davoli – Montecchio Emilia (RE)

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