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LIBRI

Non riesco a smettere di accumulare libri e… desideri. Per ogni romanzo, scelgo sempre una frase. Ho scoperto l’ironia di Lorenzo Marone. Ho conosciuto Andrea fra le pagine di “Tutto sarà perfetto” e il vecchio Cesare ne “La tentazione di essere felici”. Quell’ironia che insegna a non prenderci troppo sul serio e a sdrammatizzare anche nei momenti più critici. “Come fai a essere sempre così freddo e spiritoso anche in un simile momento?” chiede Sveva. “A volte vorrei somigliarti di più. Invece ho preso solo i tuoi difetti…” “Beh, bisogna invecchiare per arrivare a ridere della vita. Alla mia età sarai simpaticissima!” Ho scoperto la grande sensibilità di Daniele Mencarelli ne “La casa degli sguardi”, un toccante romanzo autobiografico.
“Si parli, semmai di fragilità, di essere nati con la pelle più sottile, un bassissimo numero di anticorpi a ogni bene e male del mondo, dal dolore alla tenerezza, malinconie e amori compresi. Persone che le inchiodi con poco, basta un fiore per bucargli la pelle.”

La stessa sensibilità che ho ritrovato nel suo ultimo romanzo, “Fame d’aria”. La storia di Pietro e del figlio Jacopo, un ragazzo autistico a basso funzionamento. “Anche un’altra volta, in un centro commerciale, uguale, la stessa cosa. Ci guardavano male tutti. […] Se ne vanno sottobraccio. A guardarli così, di spalle controluce sembrano due vecchi amici che hanno fatto baldoria. Due sbronzi che si reggono a vicenda”.
Ho scoperto il coraggio nelle pagine di Fabiano Massimi, nel suo romanzo “Se esiste un perdono”. Fra storia e finzione Massimi racconta l’impresa di Nicholas Winton (definito lo Schindler britannico), un inglese di origine ebraiche, che mise in salvo centinaia di bambini allestendo treni diretti verso il Regno Unito. Una storia che certamente meritava di essere raccontata.


“Guardali quanti sono. Solo per portare via questi occorrerebbero otto voli. Ma in treno…” disse guardando a turno lei, Trevor e me. “In treno, basterebbe un viaggio per salvarli tutti” […] “pensiamoci” concluse aprendo la portiera. E da quel momento non pensammo ad altro”. (Praga, 1938). Ho pianto con Rosella Postorino, in “Mi limitavo ad amare te”. Le vite di Omar e di suo fratello Sen si intrecciano a quella di Nada e Danilo, fra Sarajevo e l’Italia. “Corri!” Il bambino girò di scatto la testa: era la voce di sua madre, ma da dove veniva? “Mamma”. La cercò nella calca. Una schiera sfocata di soldati, una ressa confusa di persone, sagome annaspanti, bruciore negli occhi. Non la vide” (Sarajevo, 1993) Oggi sono completamente immersa nella natura e nella delicatezza nel romanzo di Melissa Da Costa, “I quaderni botanici di Madame Lucie”.
“E’ tutto buio. Intravedo a malapena i boschi di abeti che la circondano. Allora mi concentro sugli odori. La terra, la pioggia, la resina e gli aghi di pino”. La stessa autrice mi ha permesso di conoscere Émile e Joanne in “Tutto il blu del cielo”, un meraviglioso viaggio che insegna ad avere nuovi occhi e ad “essere lì e non altrove, distaccandosi dalle preoccupazioni del futuro e dai rimpianti del passato”.
Ho scoperto la bellezza delle montagne di Paolo Cognetti ne “Le otto montagne”. Il padre di Pietro ha la passione per la montagna, mentre la madre … “si godeva la sua parte di libertà sedendosi in poltrona o sul letto, e immergendosi in qualche romanzo: per un’ora o due ci scompariva dentro ed era come se fosse da un’altra parte”.

Quanto la capisco, sua madre.
Barbara

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