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LE VACANZE STANNO FINENDO

Mi sono riposata, molto. Rilassata, pure. Impigrita, abbastanza. Sono arrivata ad alzarmi persino alle 9 la mattina (come dire mezzogiorno)! Ho letto sdraiata sul divano senza pensare ad altri impegni. Ho cucinato per gli amici.
La pacchia sta finendo, e mercoledì rientrerò al lavoro. Mi fa effetto, perché non ho mai lavorato ad agosto. Il rientro al lavoro ha sempre portato con sé la fine dell’estate, la ripresa generale delle attività, l’inizio vero dell’anno, i buoni propositi tipo dieta e attività fisica/iscrizione a qualche palestra. Di nuovo tutti a casa, al lavoro, a scuola, in coda la mattina. Di nuovo lo stress del trovare parcheggio la sera.
Invece ora rientrerò e saluterò molti colleghi in partenza. Troverò meno traffico e il parcheggio sotto casa, mi riterrò ancora parzialmente esonerata dai pensieri salutisti. Intorno a me c’è aria vacanziera, non di ripresa.
Mi fa strano tutto ciò: la forza dell’abitudine gioca la sua parte. Altri pensieri e stati d’animo da fine vacanza, invece, si ripresentano puntuali e ricorrenti: un po’ di malinconia, di tristezza, un po’ di dispiacere per non essere riuscita a leggere tutto quel che avevo in attesa, per non aver fatto cose che avevo desiderio di fare.

Io tendo a riempire il tempo vacanziero di troppe aspettative, e so bene che alcune andranno deluse. In più -per me- l’abbondanza di tempo non va di pari passo con l’efficacia.
Più ne ho e peggio lo impiego, mentre quando ne ho poco riesco a fare molte più cose, con maggior soddisfazione.
In qualche modo, l’abbondanza per me non è foriera di benessere, e la questione non è limitata al tempo. Forse nell’abbondanza si danno le cose per scontate, ci si rilassa, non si incontrano limiti stretti a far da sprone.
Nel Prologo del Faust, il Signore dice a Mefistofele: “L’attività dell’uomo s’affloscia troppo facilmente ed egli si adagerebbe con piacere in un assoluto riposo. Perciò gli metto volentieri accanto un compagno che lo sproni, ed agisca e si comporti come diavolo.”
I limiti hanno la loro funzione necessaria.
Il problema è sempre la misura: troppo larghi, si sbrodola, troppo stretti, son fonte di fatiche e dolori. Ma questo è.
Questioni filosofiche a parte, dopodomani tornerò alla sveglia la mattina, agli orari, al tempo che pressa. Passata la fatica del cambiamento di stato, superata l’inerzia, so che poi tornerò a camminare prendendo il passo e il ritmo, e ne avrò piacere… Gli sprint non sono il mio forte, e nemmeno le partenze; ma una volta avviata, le camminate lente e costanti, quelle sì, sono nella mia natura.
sguardiepercorsi

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