Recentemente ho riletto un libro che mi piace molto e che credo possa essere ancora di grande attualità. Sto parlando di “Uno, nessuno, centomila” di Luigi Pirandello.
Proprio in questo romanzo esprime compiutamente “la teoria delle maschere”: l’uomo per colpa della società (famiglia,amici,lavoro,…) si nasconde continuamente dietro delle maschere per proteggere il “suo vero Io” da eventuali minacce, tanto che poi la maschera medesima finisce per diventare parte integrante del suo modo di essere. E’ un puro e semplice meccanismo di sopravvivenza.
Mi spiego meglio: nella vita sociale ognuno di noi appare diverso (con una “maschera”) a seconda dei contesti, delle norme di comportamento che dobbiamo rispettare e così facendo finiamo per crearci delle “trappole” che imprigionano la nostra vera e propria identità.
A questa si sovrappone l’identità “collettiva” ossia quella che ci appiccicano addosso gli altri; essa è molteplice, ossia cambia a seconda delle diverse persone con cui abbiamo a che fare.
“La cosa” che ci porta ad oscurare il nostro vero essere è, per l’appunto, la maschera che mettiamo o, per meglio dire, che ci fanno indossare.
E questa standardizzazione combacia, ahimè, con la mia però, credo anche con la vostra esistenza. Provo a chiarire meglio perché sono ben consapevole che questa non sia una lezione di letteratura italiana. Dunque..
Sovente capita che ci adeguiamo alle situazioni che ci succedono e magari non lo facciamo per cattiveria, ma semplicemente “per conformarci” come i camaleonti che cambiano colore della pelle per adattarsi, quindi per sopravvivere…
Come mai ci comportiamo in questo modo?
Per proteggerci da determinate circostanze oppure per non far vedere a chi ci sta intorno la nostra vera natura! Per non far intendere, ad esempio, che abbiamo paura oppure che qualcosa non ci piace. Fin da piccoli capiamo bene che non possiamo sempre fare come vogliamo e allora, per essere ben voluti dalle persone che ci stanno intorno, ci conformiamo al volere altrui. E, difatti, pensiamo al momento in cui conosciamo una persona e per farci accettare o ben volere da lei ci mostriamo più accondiscendenti o pazienti di quanto in realtà non siamo normalmente. Se proseguiamo questa analisi ci possiamo accorgere che “le maschere” sono infinite e molteplici. Troviamo, tra le tante, quella del simpaticone che deve per forza essere sempre e comunque simpatico oppure l’indifferente che nasconde il proprio dolore restando sempre impassibile e mi fermo qui, però, ovviamente, la lista potrebbe proseguire ancora…

Ma come mai ci ostiniamo ad indossare queste “maschere”?
I motivi credo che siano tantissimi, però, forse, i più banali sono: la paura, perché temiamo che sia sbagliato far vedere un nostro punto debole oppure per essere integrati nel gruppo in quanto vogliamo essere uguali alla massa (se tutti fanno un determinato gesto dobbiamo farlo pure noi altrimenti siamo “fuori dal mondo”).
E allora cosa fare per evitare di avere delle maschere che, a lungo andare, non riusciremo più a levarci?
Cerchiamo di capire chi siamo e cosa vogliamo.
Mettiamo da parte gli altri per un attimo (cosa vogliono e come ci vogliono) e incominciamo a voler bene a noi stessi (pacchetto completo, perciò anche con i nostri punti deboli) e solo dopo potremo sperare che pure gli altri ci vogliano bene per come siamo e quindi anche con i nostri difetti. Perché, ricordiamoci, nessuno è perfetto. E quando, finalmente, lo capiremo potremo, credo, vivere meglio e con meno condizionamenti.
Monica Palazzi
