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L’ULTIMA LISTA DELLA SPESA PRIMA DELL’ASSEDIO

Acqua, scatolame, fucili, fiammiferi e un manuale per la vita selvaggia: migliaia di “survivalisti” si preparano a resistere a tutto. Anche agli zombie.

Andiamo a fare la spesa, cara. Hai preparato la lista? Ricordato tutto l’indispensabile? Dunque, vediamo.
Due fucili automatici AR10 con munizioni per cento colpi ciascuno, uno per me, uno per te, come i lavandini nei bagni di lusso. Scatolame, gallette e contenitori d’acqua per almeno cento giorni.
Radio alimentare a manovella, candele antivento – con fiammiferi, mi raccomando – e petrolio per lumi. Compresse per rendere potabile l’acqua e kit di pronto soccorso, ma senza medicinali, perché i medicinali scadono. Coltelli da caccia, per scuoiare gli animali, e non dimenticare quell’enciclopedia illustrata con le foto delle bacche, delle piante, delle erbe, dei funghi commestibili. Inutile buttare soldi in aggeggi elettronici perché non ci saranno né corrente elettrica né reti. Preso tutto? Preso tutto. Possiamo tornare a casa e aspettare tranquilli la fine del mondo. Non proprio la fine fine, l’Apocalisse o l’esplosione del sole, perché in quel caso non basterebbero ettolitri d’acqua né montagne di fagioli in scatola. E’ la fine del mondo come lo conosciamo, quello nel quale si esce per andare a scuola o al lavoro, si accende la luce e si fa una corsa al supermercato se è finito il latte. La catastrofe è quella dell’organizzazione sociale contemporanea, il collasso finale di una nazione stroncata dal debito pubblico, dal crimine, dall’anarchia, dalle orde di immigrati violenti, dallo scontro fra razze per strapparsi gli ultimi brandelli di prosperità.
Si chiamano preppers, abbreviazione di “preparati” o, nei casi più estremi, survivalist, decisi a sopravvivere a tutto. Sono persone, famiglie, uomini, donne non violenti, non organizzati in movimenti o milizie, anche se in questa fase della vita civile americana simpatizzano con Donald Trump.
Sono individualisti, convinti che la salvezza debba essere impugnata, letteralmente, da loro stessi, di
fronte al fallimento dello stato. Vengono spesso dai corpi di polizia, dove hanno combattuto per anni la guerra invincibile contro il crimine o dalle forze armate, reduci da quei fronti dove l’America manda i propri figli a morire o a uccidere senza speranze di vittoria o di conclusione. Se ne contano ormai a decine di migliaia, disperse nel ventre del Grande Nulla americano, in Stati come il Wyoming, i due Dakota, l’Idaho o il preferito, il Montana dove un milione di persone vivono in un territorio più grande dell’Italia e Svizzera messe assieme. “Non siamo pazzi o paranoici”, raccontava Don Bradway reduce della US Army, che a 68 anni ha convinto la moglie Jonna a
lasciare Los Angeles e rifugiarsi in Wyoming.
“Siamo gente che sa leggere le scritte sui muri.”
I Bradway hanno venduto tutte le loro proprietà e liquidato i risparmi per cambiarli in monete d’oro e d’argento nella certezza che i dollari, come tutte le valute di carta, presto non varranno più nulla. E si sono rifugiati in una baracca in tronchi d’albero, aspettando. Una nuova economia è nata per soddisfare le loro domande da pionieri di ritorno alla Frontiera. Si vendono attrezzature da 3mila dollari per liofilizzare gli alimenti, lavatrici ad energia solare, perché almeno su quello la signora Jonna s’è impuntata.
Per i più pessimisti, certi che in ogni momento possano piovere testate nucleari lanciate dai russi, cinesi, nordcoreani o terroristi assortiti, si offrono rifugi antiatomici per un minimo di 150 mila dollari. Abbondano i siti in Internet con le istruzioni per sopravvivere a tutto, zombie esclusi, e una stazione radio per survivalist nello Utah ha già 350mila ascoltatori. Nessuno, naturalmente, spiega mai che cosa accadrà a quelle famiglie quando le munizioni saranno finite, quando la fauna, sterminata da cacciatori famelici, sarà scomparsa. Né che mondo troveranno quando dovranno uscire dai bunker in giardino. “Ci ritroveremo nell’America del ‘700 e la ricostruiremo daccapo e migliore”, spiega uno dei loro testi sacri. Sperando di non trovarsi di fronte, all’uscita dai fortini, quelle nazioni di Lakota, Apache,
Seminole, Cheyenne.
Che questa volta non si lascerebbero fregare.
Mi sono imbattuta nella storia dei preppers e nella (a dir poco) surreale intervista ai Bradway sul canale 56 del digitale terrestre, Focus per intenderci, mentre cenavo. Da lì mi sono decisa ad approfondire l’argomento e ho scoperto che persino in Italia stanno crescendo di numero. Si sentono parte di un gruppo e siccome le interazioni virtuali cominciano a non bastare più hanno scelto di cominciare a contarsi per sapere dove sono tutti.
Hanno un loro sito internet (www.prepper.it) dove è possibile iscriversi, un proprio Statuto e un Regolamento, una sezione dedicata ai propri eventi, un ampio capitolo dedicato allo Stile di Vita, alle Scorte, alla Sicurezza, al Fitness ed altri paragrafi, un forum a cui solo gli iscritti possono accedervi ed hanno persino realizzato una cartina con i puntatori dei diversi membri del sito che ne hanno fatto richiesta. Alcuni pensano possa essere utile in caso di emergenze e problemi, ma tutti sono convinti che sarà ancora più utile per organizzare eventi e raduni, per vedersi da vicino, per scambiarsi consigli e pacche sulle spalle e soprattutto per divertirsi assieme.
E così ho scoperto che Tiziano fa il fabbro e costruisce kit e strumenti di sopravvivenza.
Quel che teme di più sono i terremoti e una contaminazione nucleare. Claudio è disoccupato, ha paura delle tempeste solari perché potrebbero mettere fuori uso tutti i dispositivi elettrici del pianeta e teme anche la possibilità della propagazione di un virus mortale.
Marie Thérèse è laureata in scienze naturali e in filosofia e ha trascorso molti anni in convento.
Adesso vive in solitudine dedicandosi alla preghiera e alle tecniche di sopravvivenza. La cosa che teme di più è la possibilità di una grave carestia.
Alla fine di questa ricerca, dopo essermi lette decine di articoli, devo comunque dirvi che mi sento un pochino inquieta. Una domanda ha preso forma nella mia mente: e se avessero ragione loro?
Alla prossima!

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