L’aspetto storico, sociale, culturale e artistico credo possa esercitare in ugual misura un tale fascino da non oscurare mai i veri intenti che smuovono un autore
“Il Medioevo in giallo nella narrativa di Ellis Petters”, così si intitola il nuovo saggio della brava e accorta Chiara Albertini. Un vero omaggio a una grande scrittrice e un viaggio all’interno di un periodo storico molto ma molto affascinante.
Chiara, come è avvenuto il tuo primo incontro con il genere giallo e in particolare con Ellis Peters?
Con questo specifico genere, sempre in ambito storico-religioso, lessi all’epoca Il Nome della Rosa di Umberto Eco, opera che mi colpì piacevolmente e profondamente.
Anni dopo, devo ringraziare unicamente la mia relatrice all’università di Bologna, Alessandra Di Luzio, se per la stesura della tesi di laurea mi sono avventurata nel meraviglioso mondo di Ellis Peters e, nello specifico, dell’indimenticabile monaco benedettino Fratello Cadfael.
Lei si è dedicata a quello storico che anche oggi va molto forte sia in Italia che all’Estero, eppure pare che il Medioevo sia sempre un po’ troppo bistrattato da molti autori che non vogliono mostrarci anche le sue ricchezze culturali e artistiche. Come mai secondo te? Forse perché il buio, per così dire, attrae di più?
Che il Medioevo abbia tanto da rivelarci e insegnarci, molte cose da lasciarci è fuori discussione. E credo che siano stati in molti, e in modi differenti, ad accostarsi a quest’epoca e a delinearcela come meglio credevano e potevano. L’aspetto storico, sociale, culturale e artistico credo possa esercitare in ugual misura un tale fascino da non oscurare mai i veri intenti che smuovono un autore.
Nel tuo saggio parli della Peters anche di come una scrittrice di romanzi sociali, citando un contributo di Eileen Tyler apparso sul Critical Survey of Mystery and Detective Fiction. Possiamo dunque dire che lei sia sempre stata animata da un grande senso di dovere civico e da una sana curiositas che non ha niente a che vedere con il mero pettegolezzo?
Hai centrato il punto, sì. Sicuramente è stata una scrittrice “ricercatrice”, che si è avvalsa di differenti studi e ricerche, che ha saputo indagare nel profondo la Storia, la società e l’animo umano sotto ogni aspetto e sfaccettatura possibile, affidandosi anche oltre alle sue preziose esperienze di vita.
Di certo un uomo curioso era il suo celebre monaco detective… Vuoi presentarlo a chi non ha ancora capito di chi stiamo parlando?
Sincero, leale, arguto, tenace, paziente e compassionevole. Fratello Cadfael è stato, e tuttora lo è, una figura emblematica e affascinante che ha saputo incarnare un equilibrio perfetto tra il sacro e il profano. Senza dubbio, un protagonista unico, tutto da scoprire e amare.
Indubbiamente, tornando alla nostra Ellis, lei era una donna che amava leggere e studiare, eppure, non si è mai laureata nel vero senso del termine ma ha ottenuto una laurea honoris causa. Possiamo dunque dire che sia una donna che a livello professionale si è formata da sola?
Condivido il tuo pensiero. L’essersi distinta in modo unico, peculiare ha legittimato sicuramente il conferimento di questo prezioso riconoscimento.
Lei è stata vista come una sorta di eremita e come una donna che amava scrivere per l’appunto in solitudine. Possiamo dunque definirla, sotto sotto, una personalità romantica nel senso più primordiale e originario del termine?
Non saprei se vederla in un’accezione prettamente romantica. Comunque sia, credo che se la solitudine sa diventare una tua preziosa alleata, in grado di mostrarti chi sei veramente, di colmarti di qualcosa, e non di privartene, allora significa che mente, cuore e azione sapranno parlare sempre la stessa lingua…
E con quale altro aggettivo ti sentiresti di definirla e perché?
Onesta. Una scrittrice spinta da sincerità e spirito di verità.
Laura Gorini