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In bilico su un sottile steccato

Uno si mette a scrivere: perchè non ha detto a sua madre quanto l’amava e la detestava, 

perchè non ha nè arte nè parte,

perchè con i numeri non ci sa fare,

perchè (non) vuole fare il medico nè l’avvocato,

 

perchè è incazzato,

perchè odia la gente e vuole insultarla.

Uno si mette a scrivere

perchè una ragazza (carina) gli ha detto che le piacevano gli scrittori,

perchè ha bisogno di un alibi per non lavorare,

perchè lo fa sentire superiore,

perchè non ha voce, 

perchè non ha senso del ritmo, perchè pensa di avere qualcosa da dire.

Uno si mette a scrivere 

perchè non ha fegato, 

perchè ha i denti storti e non può sorridere come vorrebbe, perchè scrivere lo fa sentire importante, perchè ha paura di andare alla deriva senza far nulla, 

perchè non può bere ogni sera, perchè non ci sono emozioni ma insulti.

Uno si mette a scrivere 

perchè ama una donna e lei è la fidanzata del gallo del quartiere, perchè non è niente di niente, perchè non vale un cazzo, perchè se esce di casa lo fanno a pezzi, perchè sua madre urla tutto il tempo, perchè non ci sono illusioni nè luce alla fine del tunnel, perchè non ha il coraggio di saltare, perchè non ha padre,

perchè rimane impantanato tra un intenzione e l’altra, 

perchè c’era una volta l’amore ma ho dovuro ammazzarlo.

Il bello è che scrivere non serve a nulla di ciò che uno vuole. Scrivere è un limite, un dolore, un difetto in più. Il bello è che dopo averlo fatto stai malissimo. Niente è cambiato, tutto rimane al suo posto. 

Il bello è che scrivi e continui a sognare la moglie del vicino.

Il brutto è che desideri (ancora) un amore indimenticabile.

Il brutto è che scrivere serve a tutto quello che tu non vuoi.

[Tratto da “C’era una volta l’amore ma ho dovuto ammazzarlo”, Efraim Medina Reyes]

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