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IL TUO CUORE UNA CAPANNA

Era una famiglia modello. Il padre: sessant’anni, impiegato al cotonificio, segretario e cassiere del numeroso gruppo di reduci del glorioso V° Alpini, più cura dell’orto lo tenevano impegnato per tutto il suo tempo libero. La moglie: bravissima, appena sopra la cinquantina, casalinga. Erano felicemente sposati da 28 anni ed avevano un figlio di 26 anni, ragioniere, impiegato in banca. Una figlia: diciotto anni, autentica bellezza dai lineamenti perfetti, un corpo armonioso dove la natura non aveva sbagliato nulla. Capelli neri e occhi d’un azzurro oltremare bellissimi. Aveva un fidanzato che non era ben visto dal suocero in erba perché disoccupato e perché aveva una fretta tremenda di portarla all’altare. “Ma ha solo diciotto anni, che furia c’è?!” Gli disse un giorno. “Cercati un lavoro decente e non solo il disk-jokei in discoteca!”. Non si riusciva a capire se della figlia era più geloso il padre o il fidanzato. Già il genitore, in quanto a bellezza, sosteneva che la figlia aveva preso tutto da lui e portava orgogliosamente avanti questo esempio: se in un campo si semina frumento, non è che poi cresce il granoturco. Ma il bello arriva adesso. Un giorno mentre la moglie era fuori casa per la spesa, ha obbligato il marito a cercarsi un fazzoletto nei cassetti del comò. E trova una lettera color celeste, tutta profumata di lavanda, che cominciava così: “Mia adorata!”. Si è subito incuriosito e insospettito ed è andato di corsa nell’orto a leggerla. Era tutto in ansia ed il foglio gli tremava tra le mani. “Mia adorata! Ti scrivo sull’orlo della disperazione! Io ti amo alla follia ma vedo con grande rammarico che tu non sei più come ai primi tempi del nostro grande amore! Se ti parlo non rispondi, sei distratta e pensi ad altro! Così facendo mi farai morire! E questo è sicuramente colpa di tuo padre che mi odia cordialmente. Io ho intenzioni serie e tu lo sai! E allora ho pensato di venirti a rapire e portarti lontano lontano verso i mari del sud! Noi due soli! Per me basti tu: una capanna ed il tuo cuore! Sei d’accordo? Tuo padre dopo qualche tempo capirà. Ora lui è ormai vecchio, poverino, e certi slanci amorosi non li può capire. Rimango in trepida attesa. Fammi sapere il giorno e l’ora. Ti amo tanto, tanto! Bacio il tuo piedino! 15 giugno 1948. Tuo per l’eternità”. Apriti cielo! “E questo è quell’idiota che vorrebbe diventare mio genere?! Gliela darò io la capanna e i mari del sud!”. E mentre aspettava il ritorno della moglie pensava alla sua vita passata. Era stato anche lui un po’ libertino e proprio lui quand’era in bisboccia con gli amici Alpini e qualche bicchiere di troppo sosteneva: “Non è vero che l’amore è il suono melodioso di cento violini ma è l’esaltante cigolìo di una molla del materasso!”. Ora però che vedeva la realtà da un’altra angolazione e lo toccava da vicino, le sue convinzioni erano un po’ cambiate. Ed aveva sempre sperato, come ogni genitore, che la figlia incontrasse il principe azzurro e non un tanghero che “bacia il tuo piedino”. E arriva finalmente la moglie. “Senti un po’ cosa c’è scritto qui”. E legge la lettera… E senza darle il tempo di rispondere: “farò vedere io a quell’imbecille!” “Vengo a rapirti!”. “Oramai è vecchio, poverino!”. “Ma come si permette?! C’è un limite anche all’imbecillità!. Oltre quel limite arrivano gli infermieri del neuro! Ma si può essere così sfortunati? Si può dare in sposa nostra figlia ad un uomo simile?! Questa lettera è un capolavoro di una persona che capisce meno di niente! “Bacio il tuo piedino”. Ma non farmi ridere!… Io l’ho sempre detto dal primo giorno che ho avuto la sfortuna di conoscerlo. E tu lo sai che non sbaglio quando giudico le persone! “E quando arriva l’inverno e piove nella capanna?! E quando… E finalmente la moglie: “Ma vuoi lasciarmi parlare una volta benedetta? Guarda bene la data: 15 giugno 1948. Noi ci siamo sposati esattamente un anno dopo e cioè il 15 giugno del 1949. Questa lettera l’hai scritta proprio tu ed io ero la destinataria. E mi fa piacere sapere che vai a frugare nei miei cassetti dimostrando così una grande fiducia! E adesso viene proprio da ridere anche a me…”. Giuseppe Paganessi

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