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Il tempo che verrà

“E tu, Jù, cosa ti auguri per il 2015?”, chiede circospetto il mio migliore amico. Intuisco dal tono
volutamente neutro il timore dell’ennesima risposta lamentosa. Non sono tempi smaglianti per nessuno. Eppure… Devi sapere, R2, che io ogni anno sto un po’ meglio del precedente. E’ la fortuna di avere avuto un carattere attorcigliato e una adolescenza inquieta: si può solo migliorare, il peggio probabilmente è passato. L’età rende più saggi e pazienti, meno assolutisti, meno perfezionisti. Si impara a prendere le cose come vengono, non fare progetti a lungo termine, non aspettarsi troppo, non indulgere in
pensieri ed emozioni negative. Soprattutto, si impara ad essere se stessi, e al diavolo quel che
pensano gli altri. Le donne, in particolare, imparano col tempo ad essere meno doveristiche, a non anteporre sempre il dovere al piacere. Ho voglia di leggere, anzi divorare, i dieci volumi della raccolta di poesie su Alda Merini tutti di seguito? Lo faccio, a costo di leggere persino a letto appena sveglia, trasgressione che non mi sono mai concessa. Ho voglia di andare al cinema da sola alle tre di pomeriggio a vedere Interstellar? Lo faccio, anche se dovrei scrivere, andare a fare la spesa, rispondere alle mail e andare a fare benzina. Non ho voglia di sentire nessuno? Non fa niente, e pazienza se passo come l’amica stronza che non si fa mai sentire. Ho passato ventisette anni a chiedermi “Cosa devo fare oggi?”, invece di “Cosa voglio fare oggi?” Essere se stessi vuol dire ascoltarsi, darsi fiducia: io ho cominciato a farlo solo quando ho rotto il tabù della scrittura. Scrivo da quando ho dodici anni (mi sa che ve l’ho già raccontato: sono diventata trombona? Pazienza) ma per quasi dieci anni mi sono negata di provarci seriamente, per motivi diversi ( la letteratura è una faccenda troppo alta, io non comprerei il romanzo di chi conosco, etc. etc.). Quando ho cominciato non ho più smesso, e ora, dopo più di dieci anni, mi sento più me stessa che mai.
Anche fisicamente mi somiglio di più: a vent’anni avevo un’anima dark e un viso da Biancaneve,
oggi i segni del tempo mi danno l’aspetto stropicciato che mi sento. Ho cominciato a vestirmi come mi pare, cioè a caso: jeans e camicetta d’estate, jeans slavati e maglione d’inverno. Chi ha detto che non ci si può vestire sempre allo stesso modo? Ne ho un armadio pieno, di camicetta d’estate, di ogni peso, mica metto sempre le stesse. Ho portato per anni i capelli corti sparati in alto, sentendomi come una ribelle anche quando non lo ero per davvero, ma tutti dicevano che con i capelli corti stavo davvero bene: ora che ho cambiato taglio credo che la femminilità non passi attraverso una chioma e comunque quando mi stuferò di avere la chioma di capelli lunghi in mezzo e i capelli rasati ai lati li raserò tutti a zero, che mi sono sempre piaciuti. Sto bene coi matti, i detenuti, gli anziani? Trovo il modo di passarci del tempo. E sono loro che aiutano me, mica il contrario.
Mi piace correre? Corro appena posso. Mi sento a disagio con certe persone? Smetto di incontrarle. Ecco, R2, cosa mi auguro per il 2015: continuare ad essere me stessa. La conquista della propria identità non è una faccenda da adolescenti: ci si dà fiducia solo si è passati attraverso molte prove, si ha costruito e distrutto, lavorato e faticato, si è stati esaltati e delusi, si ha vinto e si ha perso. Serve una vita per diventare se stessi, anno dopo anno.
La Jù.

LA LISTA DEL MESE
VISTO:
• L’amore bugiardo- Gone Girl di David Fincher
• Takes & outtakes di Francesco De Gregori
LETTO:
• L’acustica perfetta di Daria Bignardi
• La quinta costellazione del cuore di Monika Peetz
ASCOLTATO:
• La valigia dell’attore, Francesco De Gregori
• Native, One Republic
• D’amore di morte ed altre schiocchezze,
Francesco Guccini

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