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IL SOGNO DI ARENA

La parte centrale del breve racconto che segue, l’ho scritta molti mesi fa, sempre tenuta nella memoria del tablet, con l’intenzione un giorno di terminarla. La recente scomparsa (27 settembre 2022), di Bruno Arena, famoso comico del duo i Fichi D’India, ha fatto sì che concludessi questa biografia, un modo per rendere onore ad una persona che ho avuto il piacere di incontrare e conoscere prima del successo col grande pubblico. Ho già avuto l’occasione di scrivere su queste pagine, quanto sia stato importante per me il militare. Mi ha fatto uscire dalla ristretta cerchia delle mie conoscenze aprendomi scenari nuovi, sia per quanto riguarda siti meravigliosi (paesi e città), sia per quanto riguarda persone straordinarie che hanno influito molto sulla formazione del mio carattere e personalità.
Quando sono arrivato per la prima volta a Fano (30-07-1982, città dove per l’appunto ho svolto il servizio militare ), ho chiesto informazioni su dove fosse la caserma, mi sono avviato di buona lena verso di essa. Appena fuori la stazione, mi sono sentito chiamare: – senti giovanotto, anche tu militare? – Mi sono girato, indovinate un po’ chi era? Bruno Arena, per intenderci, il più “brutto” del duo comico: I FICHI D’INDIA. All’epoca non era ancora famoso ed suo aspetto non era ancora stato modificato dal gravissimo incidente stradale che ebbe in seguito nel 1984, cominciammo a chiacchierare, mi disse che proveniva dalla provincia di Varese, era insegnante di educazione fisica e proprio per questo aveva più volte rimandato il militare (infatti Bruno Arena aveva 6 anni più di me). Tra una ciancia e l’altra arrivammo davanti la Caserma Paolini, suonammo, la guardia ci aprì, nell’atrio interno c’erano già parecchi giovanotti del Settimo Scaglione 82, ci prese in consegna il caporale istruttore e appena arrivate tutte le leve, il caporale ci accompagnò in camerata.

Io e Bruno, siamo usciti parecchie volte insieme, ma sinceramente non avevamo legato molto, lui era molto più maturo di me, parlava molto di sport (soprattutto della sua amata Inter), sognava un giorno di fare il cabarettista, aveva dei progetti piuttosto chiari, era una persona molto decisa, la sua cultura gli permetteva di affrontare qualsiasi argomento, gli piaceva tenersi informato sui fatti del giorno; io invece stavo ancora cercando una mia identità, non avevo ancora messo a fuoco i miei sogni. Verso la fine del periodo di addestramento, dove insegnano principalmente a marciare ed a usare le armi (la Caserma Paolini, era un Centro di Addestramento Reclute – CAR ), che durava circa un mese e mezzo, ci furono affidati gli incarichi e le destinazioni. Bruno essendo insegnante di educazione fisica, ebbe il compito di Caporale Istruttore, io invece, essendo un esperto manovratore di macchine agricole, mi diedero l’incarico di Autista Camionista: con nostra meraviglia, entrambi fummo destinati a rimanere a Fano. Naturalmente per svolgere i nostri compiti specifici, avevamo bisogno di uno speciale addestramento (della durata di 2 mesi), così dopo il giuramento, lui partì per Pesaro, con l’intento di diventare un super, inflessibile Caporale di ferro, io invece per Bologna, dove sarei diventato un esperto camionista. Ci salutammo alla stazione, sapendo che il nostro non era un addio. Destino volle che 60 giorni dopo ci ritrovammo proprio alla stazione di Fano, lui e gli altri 4 Caporali Istruttori, io e gli altri 2 autisti eravamo arrivati col diretto da Bologna, facevamo tutti parte del 7° Scaglione 82, la stazione distava poco più di un km dalla caserma Paolini, ma avendo un notevole carico di bagagli, preferimmo telefonare in caserma e farci venire a prendere con un camion.
Durante il tragitto ebbe modo di raccontarmi del durissimo addestramento ricevuto in Caserma a Pesaro, ore ed ore di marcia, smontare e rimontare le armi in pochi minuti, il corretto uso di esplosivi e tutto quel che era inerente a trasformare un semplice soldato ad un integerrimo Istruttore Militare. Dopo pochi giorni, a Bruno gli furono assegnati i gradi di caporale ed una squadra di reclute da addestrare, a me invece affidarono un camion del 1940, un residuato bellico che aveva avuto l’onore (o forse il dispiacere ), di aver partecipato alla seconda guerra mondiale, anche se in realtà guidavo qualsiasi mezzo del parco macchine, ambulanza compresa. A proposito di ambulanza, mi viene in mente un episodio: – un paio di reclute una mattina hanno cominciato a litigare mentre erano sulle scale, si sono spintonati ed uno è ruzzolato giù per i gradini battendo violentemente la testa, perdeva sangue dalle orecchie, 2 medici militari mi hanno chiamato d’urgenza.

Dopo averlo caricato su l’autolettiga, sono partito a tutta velocità verso l’ospedale, avevo i lampeggianti e la sirena accesi, uno dei due medici continuava ad urlare: “non fermarti al semaforo, passa col rosso, passa col rosso”, ed io così feci, un paio di macchine che provenivano una da destra e l’altra da sinistra, hanno fatto una impressionante frenata, si è sentito l’urlo dei pneumatici, nel mettersi di traverso si erano leggermente toccate, schivando per fortuna l’ambulanza, e lì mi ero veramente imbestialito: — medici del cazzo, sapete che non bisogna parlare al conducente? Avevo capito benissimo che bisognava arrivare al più presto all’ospedale, ma in questo modo finiamo tutti al cimitero !! — Per la cronaca, il ragazzo nonostante avesse un grave trauma cranico, si salvò. Nella grande camerata del Quadro Permanente (e cioè i militari destinati a svolgere l’intero anno alla caserma Paolini), ci eravamo sistemati per scaglione e per compiti; gli autisti in fondo a sinistra, poi i caporali istruttori, poi i cuochi ecc ecc. Bruno Arena distava da me 3 brande, era un tipo che parlava parecchio, ma mai a vanvera, conosceva molte barzellette, si esibiva in sketc esilaranti che ci tenevano alto il morale, ma quando si parlava di argomenti importanti, era di una serietà esemplare, con lui si poteva discutere di qualsiasi argomento: attualità, politica, sport, ed una sera si parlò della famiglia.
Secondo il punto di vista di Bruno, una coppia che si ama profondamente, con reciproco rispetto, che lascia corna e stronzate similari fuori dalla porta (altrimenti fanno a meno di sposarsi), formano un nucleo in cui i figli crescono bene, rigogliosi, e rivolgendosi a me: “è come quando Giordano prepara bene il terreno prima della semina, le piantine crescono sane, poi le irriga senza annegarle e vanno felicemente verso il sole”.
Questa specie di parabola mi restò impressa, e mi fece comprendere la grande serietà di Bruno che albergava dietro la facciata di comico.
Nonostante la sua bassa statura, Bruno possedeva un insospettabile fisico da palestrato, una volta su scommessa riuscì a fare 20 flessioni tenendo un braccio dietro la schiena (sia col destro che col sinistro) lasciando tutti di stucco, era un grande ginnasta e sapeva giocare a calcio da professionista.

Quando ci congedammo (15 luglio 1983, il colonnello ci regalò dieci giorni di licenza e terminammo un po’ prima della data prevista), nel pomeriggio gli ufficiali e sottufficiali erano già in spiaggia (Fano ha uno splendido lungomare), e così Bruno essendo caporale, si prese la briga di ricevere e registrare i nostri abiti e divise militari; io fui l’ultimo a consegnarli, non avevo nessuna fretta di tornare al mio cascinale e di ricominciare ad alzarmi prima delle 04.00 a mungere le mie bestiole, e così dati i vestiti rimanemmo un po’ a chiacchierare: — adel chi el Giordano, ti ricordi quando ci siamo incontrati un anno fa? Allora ti sei schiarito le idee sul tuo futuro? Ho letto da qualche parte: chi ha casa e podere può tremare ma non cadere; se hai una attività famigliare, io ci penserei due volte a mollare tutto, d’altronde in tutti i mestieri ci vuole impegno e dedizione, sei un ragazzo intelligente, so che troverai la tua strada — Tu Bruno invece ritornerai dai tuoi studenti? Tornerai ad essere un inflessibile insegnate di ginnastica? I tuoi alunni sono fortunati, hanno una gran persona come insegnante, sono sicuro che non si annoiano mai, però dovresti dedicare più tempo al tuo sogno, magari cominciando a fare delle serate. Sei una sagoma, magari un giorno entrerai a far parte di una compagnia di comici. Ci scambiammo il numero di telefono e dopo una stretta di mano ci augurammo buona fortuna. ho urlato a mia mamma: “ma quello lì è Bruno, il mio compagno militare”, aveva meno capelli, il viso e la fronte un po’ schiacciati (ho saputo in seguito, a causa di un incidente d’auto), mi ricordo che imitò il delfino, la giraffa e altri animali che avevo già visto fare nella grande camerata della Caserma di Fano; ho provato una gioia indescrivibile, Bruno stava realizzando il suo sogno.
L’indomani mattina ho preso il telefono per chiamarlo e complimentarmi, ma poi ho rimesso giù la cornetta, ho pensato che sarei passato per l’amico che si faceva sentire solo perché l’altro aveva avuto successo, sono rimasto così un’amico a distanza, se si può dire, seguendo sempre in TV i suoi spettacoli, al cinema i suoi film; mi ricordo quando assieme a Max Cavallari aveva Interpretato il gatto e la volpe nel Pinocchio di Roberto Benigni. Quando il 27 settembre se né andato per le conseguenze di un’aneurisma cerebrale avuto qualche anno fa e da cui non si era mai ripreso completamente, ho provato una tristezza indicibile, mia figlia e diversi miei conoscenti, mi hanno addirittura chiamato per farmi le condoglianze, avevo parlato a loro talmente tanto di Bruno Arena che avevano compreso l’ammirazione e la stima che avevo nei suoi confronti.
Allo stesso tempo, sapere che Bruno aveva realizzato il suo grande sogno, mi ha dato in un certo qual modo, anche gioia. Certo, poteva vivere molto di più, ma la sua è stata una vita intensa, piena di soddisfazioni, un sogno in cui (anche se a distanza, indirettamente), mi sono sentito partecipe. Caro Bruno, gli Angeli sono veramente fortunati ad averti fra di loro, un abbraccio grandissimo dal tuo commilitone.
Giordano

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