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IL RICORDO DEI SAPORI

Mamma, la nonna mi ha fatto una minestrina che è la fine del mondo.
Le polpette della zia sono più buone delle tue
Che buono il minestrone di nonna Luisa

E così, sempre, quando da ragazzi si mangiava fuori casa ospiti di qualcuno.
Si è sempre quasi disprezzato quello che quotidianamente ci ammanniva la mamma e perfettamente in linea con la vecchia frase e proverbio: l’erba del vicino è sempre più verde.
In realtà la minestrina era uguale, il finto riso della stessa marca, con un cucchiaino di Liebig e la stessa quantità d’acqua. Era diversa l’atmosfera ed era un’altra casa, queste le sole differenze.
Idem per gli altri piatti, le donne e mamme avevano imparato dalle loro madri e nonne dosi e ingredienti uguali.
Oggi ci sovviene il gusto ed i sapori della propria cucina e dimenticati quelli dei parenti d’allora. Ce li ricordiamo con piacere e letizia, si rifanno ancora gli stessi piatti, le stesse dosi e non troviamo più gli stessi gusti e profumi, abbiamo sempre in mente e nel palato quelli di allora. Eravamo a cavallo dell’ultima guerra, si aveva fame e c’era molto poco. Il ristorante non era nel nostro linguaggio, conoscevamo dall’esterno le poche trattorie e solo nei film entravamo all’interno.

L’acqua del rubinetto, il vino nel quartino di vetro trasparente col sigillo comunale alla sommità del collo, in alternativa un primo asciutto o brodoso, in alcuni giorni la possibilità di due pietanze (trippa con fagioli o spezzatino con patate), un unico contorno (insalata cruda o cotta), frutta niente e neppure il dolce se non alla domenica.
Il caffé, quello sempre ma nessun liquore o grappa. Il whisky arrivò con il martellamento dai film d’oltreoceano e così imparammo a conoscerlo ed a berlo come pure la promozione attraverso i film successivi nel consumare l’acqua minerale “San Pellegrino”. Oggi ne siamo quotidianamente dipendenti nelle nostre case, figuriamoci se non la ordinassimo quando mangiamo nei “mille e più locali” che oggi hanno invaso le strade, ci sentiremmo straccioni.
I locali: ristoranti, trattorie, pizzerie, da Rosy, da Alfredo, griglieria, cucina cinese e pizza, ecc. ecc. ecc., sono presenti più d’uno nella stessa via lunga duecento metri. Nella realtà oggi sono in pochi a saper cucinare con poco e di conseguenza non sanno neppur giudicare la qualità di quanto mangiano nei vari locali, menù lunghissimi e solo l’imbarazzo della scelta.

In realtà è tutto già fatto e solo quando ordinato viene riscaldato o messo nel microonde.
Riscaldare significa ricuocere i grassi, bruciarli e far “felici” stomaco e gli altri organi che devono selezionarli ed assimilarli. Una vera e propria Caporetto alla salute ed allo star bene. Scusate, mi sono quasi scordato della vera ragione per cui ho iniziato questa analisi del “ricordi e sapori”. Dei due sono sopravvissuti inevitabilmente solo i ricordi: “…ricordo il gusto del minestrone, degli spezzatini, il profumo della polenta e …”
Il ricordo fa parte della nostra storia e non è possibile cancellarlo, è come saper andare in bicicletta, saper nuotare, condurre un auto e conoscere il proprio dialetto o un’altra lingua.

 

Sempre riaffiorano e non sono cancellabili.
Il sapore invece non è recuperabile perché molte cose, o meglio tutte, sono cambiate.
Solo apparentemente sono rimasti uguali ma nel sapore sono radicalmente cambiati.
Radicalmente è il termine esatto perché proprio alla radice sono modificati.
Ogni ortaggio, anche se coltivati in proprio, hanno avuto nel seme una manipolazione, poi le piogge acide e l’inquinamento atmosferico e quotidiano annaffiamento che ne favorisce una veloce crescita forzata a danno del sapore. E le serre?
Ogni settimana, per tutto l’intero anno, zucchine, cetrioli, peperoni e ogni altro. Il bestiame è allevato con mangimi equilibrati e foraggi che anch’essi hanno la stessa crescita e sviluppo degli ortaggi. La frutta non ha più la sua stagione: arance, ciliegie, pesche, sottobosco, mele, meloni, pere, angurie e ogni varietà sono conservati in capannoni sottovuoto o provenienti da oltre oceano o dall’altro emisfero. Non c’è più l’attesa delle loro stagioni ed i ragazzi non ne conoscono le loro vere collocazioni stagionali.

Noi adulti abbiamo perso il valore dell’attesa, c’è tutto di tutto sempre e ci hanno fatto perdere il piacere di attendere la ciliegia, la pesca, il melone e anche la mela.
L’industria alimentare e conserviera che inevitabilmente interviene per il colore, durata e confezionamento. L’aria che respiriamo e le falde acquifere, anch’esse inquinate.
Ecco perché non è più possibile ritrovare i sapori antichi di solo cinquanta anni fa.
Dobbiamo inevitabilmente dimenticarli dal palato e vivere di soli ricordi. Avanzerei un’ipotesi catastrofica, dato l’uso odierno fin dalla gioventù di droghe d’ogni genere, fra cinquant’anni i posteri diranno: allora era un’altra casa, lo sballo era veramente uno sballo, non quello di oggi.
Giotti

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