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IL NEMICO DI KINGA SORENSEN

Kinga era una ragazzina bellissima, poco più di una bambina; molto esile ma non gracile, avrebbe voluto diventare una ballerina classica. Di carattere mite, socievole, sapeva farsi voler bene da tutti. Di famiglia molto modesta, aveva comunque un buon rapporto con i suoi giovani genitori.

Vivevano insieme in un quartiere molto povero dell’Irlanda del sud. Ora quattordicenne era uscita dalla junior school e per lei si aprivano le possibilità di una scuola superiore che le consentisse di continuare il suo amore per la danza.

Non vedeva impedimento alcuno, conosceva la sua tenacia ma si era sempre imbattuta in un duro quanto ostinato e insolito impedimento; il freddo, il gelo, il ghiaccio. Eppure il suo non era un freddo dell’anima e nemmeno si manifestava sulla sua pelle; era un freddo che sentiva dentro il sangue e se ne vergognava, proprio a lei nelle cui vene scorreva sangue danese. I suoi avi avrebbero potuto essere anche lontani vikinghi e questo la indispettiva ancor maggiormente.

Non si era mai mossa dal suo villaggio, poi d’improvviso si trovò a camminare nei pressi di una pineta sabbiosa. Doveva essere estate inoltrata, non ricordava esattamente come vi era arrivata; tutto intorno a lei pareva assumere colori vivi; gli alberi, la sabbia calda sotto i piedi, le nubi che si muovevano sopra di lei.

Era confusa, la sua lucidità svanita; le pareva di sentirsi in uno stato febbrile, di dissolvenza, poi il blu del mare in lontananza. Il sole e il blu; camminò a lungo, le parve ma non finì su una spiaggia bagnata dalle onde. Era su una scogliera a strapiombo sul mare; cos’era, uno scherzo? Lei non avrebbe mai saltato nemmeno dal bordo di una piscina. Indossava un costume e una camicetta, si sporse sullo strapiombo; l’acqua sottostante pareva chiamarla…


Tre passi indietro e si lanciò in un arco perfetto, quasi rallentato e l’impatto con l’acqua fu ciò che di più dolce avesse mai provato. Scese a fondo in un’acqua calda, benefica, dolce, con il sole che la colorava di rosso. Stava nuotando in quella dimensione dalla quale non avrebbe mai voluto uscire. Prese una corrente ascensionale, e guizzando come un pesce riemerse.

Vide una piccola insenatura di sabbia e la raggiunse da consumata nuotatrice. Si adagiò sotto il sole e chiuse gli occhi… Poi d’improvviso un rumore metallico la fece trasalire.

Kinga era rimboccata sotto le spesse coperte di lana nel letto della sua cameretta; balzò in piedi scalza in un pigiamino rosso e si diresse alla sua finestra; un camion aveva interrotto i suo sogni ma lo squallore che solitamente le offriva la vista della sua finestra si era tramutato in una favola. Stava nevicando da ore, un paesaggio bianco ammantava tutto.

La casa era gelida, la stufa spenta da ore. Kinga era ormai in contemplazione alla finestra. Le gambe nude, i piedi sulle piastrelle ghiacciate…. Era passata dal tiepido sogno ai fiocchi di neve che scendevano rallentati come in un film.

Non sapeva quale dei due fosse più incantevole ma sapeva di certo una cosa; il grande freddo se ne era andato, se ne era andato per sempre… Kinga era finalmente libera.
Enrico Savoldi

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